Ciao Davide,
non ci conosciamo, però ti voglio scrivere questa lettera, come tu fossi stato un mio vecchio amico, un giorno, lassù, riuscirò a fartela leggere. Sono giovane, ma seguo il calcio da quando sono piccolissimo, ti ho visto crescere al Cagliari, giocarti le tue chance alla Roma e diventare uomo a Firenze, dove ti hanno riconosciuto qualità tali da farti capitano di una delle squadre più importanti d’Italia. Per me era un onore vederti rappresentare il mio Paese con la maglia azzurra, perché ogni volta che sentivo una tua intervista o delle tue dichiarazioni, percepivo e sentivo chiaramente la tua bontà d’animo, cosa che va di gran lunga al di là dei meri valori tecnici. In questa redazione siamo quasi tutti giovani. A 31 anni tu saresti potuto tranquillamente essere il nostro capitano, un nostro collega, un nostro fratello maggiore, a cui chiedere consiglio nei momenti di difficoltà, come facevano sempre i tuoi i compagni.
E di momenti di difficoltà nel nostro mestiere ce ne sono tanti. Come ieri, con la terrificante notizia via messaggio. Ero un semplice appassionato fino all’anno scorso, apprendevo i fatti dai giornali. Ora sono un addetto ai lavori, ricevere quella sconvolgente notizia che mai una persona vorrebbe dare, vedendo la calma piatta di una bella giornata di sole su tutti i maggiori giornali e sapendo che da lì a poco tutto sarebbe stato sconvolto è stato… surreale. Fino all’ultimo speravo fosse uno scherzo di pessimo gusto, ma era tutto vero. Te ne sei andato…
Ho sentito innumerevoli testimonianze dopo l’ufficialità della cosa, quella di “Bibi” Velluzzi mi ha toccato nel profondo. Un tuo amico, che ha mostrato ancora una volta quanto tu andassi al di là del semplice calciatore. Era Cagliari-Fiorentina, “dopo la partita offro a tutti i miei compagni di squadra un gelato” e puntualmente a fine partita tutti hanno trovato sulle proprie sedie in spogliatoio il tuo pensiero per loro. In un mondo del calcio dove i calciatori vengono spesso accusati di essere dei semplici mercenari, questo semplice gesto è la dimostrazione di come ci siano ancora persone, oltre che affaristi. Ci dimentichiamo con troppa facilità che oltre al calciatore in maglietta e pantaloncini ci sono anche persone con un lato umano. I tuoi compagni hanno perso un buon amico oltre che il proprio capitano. Le partite alla PlayStation con Sportiello, i rimproveri ai più giovani, le esultanze di gruppo al momento di un gol… tutto questo non ci sarà più.
Il primo pensiero va alla famiglia, alla moglie e alla piccola Vittoria di due anni. Anche loro hanno appreso la notizia telefonicamente e non posso nemmeno immaginare il dolore profondo e lacerante scoppiato al momento di una frase semplice, quanto potente: “Davide… non c’è più”. La bambina potrà vedere il padre e conoscerlo solo attraverso le registrazioni della TV. Non è abbastanza. Non sarà mai abbastanza. Però da lì capirà di aver avuto un padre dallo spessore umano straordinario. E potrà esserne fiera. Noi tutti in questo momento vorremmo essere lì a dirgli qualche bugia innocente, per far finta di niente. Ma l’amara realtà è che non si può far finta di niente. È stata una fatalità. È emersa un’umana paura della morte dopo quello che ti è successo, ma devi capirli. Hanno parlato di test, di controlli… l’amara realtà è che quando c’è una fatalità non c’è controllo che tenga. L’ineluttabile può succedere e quando succede è una stilettata al cuore, che sia uno sportivo o che sia un operaio. Tanti altri poi si sono persi in inutili discussioni sul fatto di giocare o meno la giornata di Serie A, un modo di scaricare energia dopo la terrificante notizia. L’unico che può dire se la decisione sia stata giusta sei proprio tu Davide, noi abbiamo semplicemente preso atto che la voglia di portare avanti lo spettacolo non c’era e proprio il giorno delle elezioni, a tuo modo tu sei stato l’unico che ha messo tutta l’Italia d’accordo, senza ripensamenti da parte di nessuno.
Davide, ti ricorderò sempre nel mio cuore, l’unico posto in cui possa conservarti, la tua faccia fiera a cantare l’inno d’Italia sarà un modo per ricordarmi che tutti noi possiamo farcela, più o meno fortunati che siano, bisogna solo volerlo. Un giorno ci incontreremo, con tutti quelli che come me hanno scritto di volerti incontrare lassù. Aspettaci, ti prego, tutti noi vogliamo darti un ultimo saluto, magari con una partita alla PlayStation e magari giocando con Sportiello, come facevi la sera prima delle partite. In premio voglio un tuo gelato.
Fisicamente ci hai lasciato, ma vivrai sempre nel cuore di tutti noi.
A presto,
Davide Marchiol
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