Alzi la mano chi avrebbe creduto che l’Udinese si sarebbe accaparrata i punti salvezza contro la Juventus: capolista, infinitamente più forte, in cerca della vittoria che avrebbe reso matematico lo scudetto.
Io avrei sperato in un pareggino, striminzito, contando sulla poca voglia degli ospiti; i bianconeri di casa, infatti, avevano dovuto scendere in campo con una formazione a dir poco improvvisata, con Ken Sema interno, Zeegelaar e ter Avest laterali, Stryger in panca e Lasagna in tribuna.
Sei titolari fuori, CR7 e Dybala in campo. Eppure…
Eppure nella ripresa, dopo la rete di De Ligt (casuale), l’Udinese domina la scena su una Juventus intimorita, disorientata, in pessimo stato fisico e mentale; Sarri violenta sé stesso, toglie Dybala a gara ormai al tramonto e viene punito, quattro minuti dopo, da una percussione di Fofana che corre sessanta metri, resiste a Lex Sandro, ridicolizza De Ligt e realizza la rete salvezza.
Già: come dice l’allenatore di Vinovo lo champagne è stato rimesso in frigo, dove rimarrà tre giorni appena; quel che preoccuperebbe me, fossi tifoso dei pluricampioni d’Italia, sono le sfide agostane in Champions; spero il loro preparatore atletico abbia semplicemente snobbato il campionato, cercando la miglior forma per la Final-8 portoghese.
Ascoltavo, a fine gara, le parole ringhiate dal presidente dei piccoli azionisti juventini, da una rete lombarda; affermava, il barbuto tifoso, ‘ma come si fa? L’Udinese? Non c’è un giocatore dei loro (sic) che giocherebbe… no, che con la Juve verrebbe in ritiro!’.
Potrebbe anche avere ragione, ma io guardo il campo: il centro del campo, in particolare. Oggi la Juventus non ha Fofana, soprattutto non possiede questo Rodrigo De Paul: fossi uno che dà pagelle, oggi gli schiafferei un 9 pieno e tondo. Lontano parente dall’equivoco tattico delle ultime due stagioni, la rete al Cagliari di un girone fa ci ha consegnato un giocatore che ricorda da vicino la promessa, mai veramente mantenuta, che giocava ad Avellaneda. Oggi ha raggiunto una maturità tecnica e tattica, una comunione di intenti con compagni ed allenatore, che solo noi ‘depauliani’ gli abbiamo sempre riconosciuto.
A inizio stagione scrissi un pezzo, in cui chiedevo a Rodrigo di parlare con De Paul; si mettessero d’accordo, si rendessero conto di quanto potevano fare, e si calassero finalmente nei panni del leader di questa squadra. Mi pare che qualche parola se la siano scambiata: bravo, Rodri.
E bravissimo Fofana: la spaccata con cui, dopo 92’ di battaglia, trascina con sé palla, avversari e paure è emblematica del fatto che Seko sia tornato il giocatore straordinario di prima della rottura del pèrone, avvenuta proprio contro la Juventus, qualche anno fa.
Non guardo in casa Juventus, non ne sono all’altezza: ma per rispondere, si fa per celiare!, all’azionista di cui sopra, forse a Udine gente come il Rabiot di oggi o Danilo farebbero panchina. Come detto, non sono cose che io possa criticare.
Posso però dire che nella ripresa Musso tocca la palla una o due volte, segno che gli ospiti in campo non ci sono proprio scesi. Ho quest’idea: per me hanno sottovalutato, alla grande, l’impegno. Fosse così, sarebbero doppiamente colpevoli: non si dovrebbe fare mai, vieppiù se l’avversaria ha battuto la Roma, pareggiato con la Lazio, fatto soffrire il Napoli per 96’ (meritando più vittoria che sconfitta).
L’Udinese, dal canto suo, ha sfruttato al meglio le proprie armi: fisicità, forma fisica invidiabile, attenzione difensiva e abnegazione. Oggi nessuno merita un voto men che positivo, inclusi i discussi Ekong, Nestorovski e Okaka. Tutti si sono mossi come meglio non avrebbero potuto, prova ne sia che i punteros ospiti sono rimasti all’asciutto. Solo stamane ascoltavo ad una radio a tema sportivo un commentatore chiedersi quante reti avrebbe annoverato il pallottoliere del campione lusitano stasera. Gli rispondo io: zero.
Zero, lui e Dybala, perché zero sono stati gli spazi concessi dall’Udinese. Zero i pericoli creati, al netto del timore che la pesante maglietta torinese provoca nelle avversarie.
Zero, come le possibilità, oggi, di retrocedere per l’Udinese ancorché in assenza della matematica certezza. Non aspetto nemmeno il punticino: sarà serie A anche il prossimo anno. Con buona pace di altra squadra, già salva, che per il secondo anno di fila regala una speranza ad una avversaria invischiata nella lotta per la salvezza. L’anno scorso fu l’Empoli: spero l’esito finale sia lo stesso, anche perché per la qualità che mette in campo il Lecce si meriterebbe un biennio in massima serie.
Ma a noi, stasera, interessano poco tutte queste storie: e solo in coda al pezzo faccio i complimenti a Gotti, che stasera ha portato a scuola quello che solo l’anno scorso era il suo maestro. Un episodio? Forse. Ma a noi, uomini considerati periferia dell’impero, basta poco per innamorarci.
Basta una finta ben portata del giocatore modestamente impostato; o Ken Sema messo laterale nella ripresa, in tempo per fare a fette la difesa avversaria e costringere Cuadrado a tornare ai livelli dell’arrabbiatura di Guidolin.
A Firenze aveva ballato in faccia ai bianconeri: oggi, in difesa, ha ballato e basta. Cose che capitano.
Bravo, Luca: eccellente, Gotti. Brava, Udinese.
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