Complimenti ai supporter al seguito: cori, sciarpate e sostegno anche con quattro pere già sul groppone. Onore a loro.
Onore a chi ha tentato, in televisione, di spiegare le ragioni tattiche della sconfitta; di convincerci che se Gigi avesse adottato il 442 e non 4141 o 777 l’esito sarebbe stato diverso: non la bevo, mi spiace.
Un affettuoso e fraterno abbraccio a chi settimana scorsa spendeva qualche centesimo per inviare messaggi pieni di complimenti, e oggi manifesta la convinzione secondo cui i giocatori non tengono alla maglia. Gli stessi, undici giocatori più riserve. Non la bevo, mi spiace.
Altrettanto a chi avrebbe ipotizzato proprio oggi un impiego di Ewandro e Balic: bravi, li mettiamo dentro sullo 0-4 così ne affossiamo definitivamente l’autostima. O mi volete convincere che con la regìa del croatino anziché dell’ineffabile fotografo brabantino, ma con la contemporanea odierna prestazione del resto della truppa, le cose sarebbero cambiate? Mi spiace, non la bevo.
La verità è che l’Udinese è questa cosa qui: e a colui il quale, della cui competenza non discuto data la stima che nutro per lui, in settimana spiegava in maniera dettagliata i vantaggi dell’attuale gestione dirigenziale in luogo di eventuali subentri multinazionali (quelli brutti sporchi e cattivi che spacciano taurina (per intendersi), cambiano tutto e cancellano la storia) dico la stessa cosa: da quattro anni almeno, l’Udinese Calcio Essepià è questa cosa qui.
Settimana scorsa, e ne sono ancora certo, i bianconeri avevano svoltato. Oggi se ne sono convinti un pochino troppo, dando per scontata una superiorità basata sulle figurine Panini e non ancora guadagnata sul tavolo verde del Dall’Ara. Errore esiziale: il Bologna gioca piano, ma lascia sfogare l’Udinese (per trenta secondi) e la punisce con un contropiede che non si prende neanche in allenamento.
Lì la gara è finita: ed oggi un Sassuolo, un Torino qualsiasi avrebbero infierito anche di più. Invece era “solo” il Bologna, che gioca esattamente come contro la Roma (difesa in primis) ma con sette reti di differenza.
Non erano campioni sette giorni fa, né “pippe” oggi, i bianconeri: certe giornate capitano anche ai migliori, figuriamoci ad una squadra “media” come questa pallida edizione. Ricordo distintamente la scoppola al Ferraris, maggio 1997, con “la Corsara” di Zac che ne prese quattro dalla Samp di Montella. Vero: espulso Pierini dopo un tempo; vero, Gargo si rompe dopo due minuti, ma eran Poggi, Amoroso e Bierhoff, mica Matos, Théréau e Zapàta.
Niente drammi: solo la consapevolezza di avere a disposizione una rosa corta, qualitativamente povera e spesso incapace di girare le gare che si mettono male da subito. Piccolo inciso, infatti: Delneri decide di togliere i due giocatori più talentuosi del centrocampo, rei di non essersi allineati ai suoi dettami tattici, ed in seguito un (al solito, di questi tempi) impalpabile Théréau. Ma se con Perica quantomeno dal punto di vista dell’animosità e della voglia qualcosa la si può guadagnare, cosa potevano cambiare il brasiliano triste ed il suddetto cinereporter di Asse? Nulla. Infatti due a zero nel primo tempo, due a zero nel secondo e ciao al Concorde.
Quindi niente in contrario alla continuazione dell’ultratrentennale ciclo-Pozzo/Gesapar, ma siano consci (Bonato in testa) che a Lasagna ed al giovanissimo Barak va aggiunto ben altro. Ben altro: perché la serie A 2017-18 si risolverà più o meno come questa, con tre-quattro formazioni a lottare per non retrocedere, quindi la quinta media-Udinese di fila basterebbe (forse non avanzerebbe); ma se alla lungimiranza finanziaria e di bilancio si potesse aggiungere uno straccio di progetto sportivo (dello stadio, obiettivamente, da non-fruitore ne ne fotto: perdonate il francesismo), ne gioverebbe l’ambiente tutto. E, no: i costi non lieviterebbero poi in maniera drammatica.
Aggiunto, dicevamo? Già, ad iniziare dal busillis-allenatore. Qualcuno oggi mi scriveva del dominio di Donadoni su Delneri, e della conseguente necessità di cambiare l’Aquileiense magari proprio con l’ex ala bergamasca. Sono delneriano e me ne vanto: ma se una scelta va fatta, lo si faccia subito. Adesso. A meno che, ovviamente, ciò non sia già avvenuto e noi non ne si sappia nulla. Certo, se la scelta fosse un altro Colantuono, uno Iachini, un’estemporaneità tipo De Canio-III allora non sarebbe nemmeno sorprendente. Solo deludente.
Quota cinquanta? Non ne parlerò più. Se ci arrivano, bene. Altrimenti fa lo stesso: a chi di dovere la cena la pagherò ugualmente, anche non dovesse spettarmi. Perché io, come l’Udinese, sono questa roba qui.
Piccolo off-topic, come direbbero i duepuntozero: oggi Pedone e Micalich hanno annunciato la conferma di Rain Veideman, guardia estone della A.P.U. GSA, il cui arrivo ha cambiato (in meglio) gli equilibri della squadra trascinandola ad un buon nono posto. Solo per sottolineare che qualcuno, forse, oltre ai bilanci cerca di far sorridere anche i sostenitori. I quali, detto fra noi, se lo meritano. Specie se, come Rizzardo, Andrea, Francesco e mille altri, continuano a seguire l’Udinese in lungo ed in largo per la penisola. La dichiarazione di Collavino è tutto sommato un buon inizio, ma nulla di più: mi aspetto risposte sul campo. Ben altre risposte.Complimenti ai supporter al seguito: cori, sciarpate e sostegno anche con quattro pere già sul groppone. Onore a loro.
Onore a chi ha tentato, in televisione, di spiegare le ragioni tattiche della sconfitta; di convincerci che se Gigi avesse adottato il 442 e non 4141 o 777 l’esito sarebbe stato diverso: non la bevo, mi spiace.
Un affettuoso e fraterno abbraccio a chi settimana scorsa spendeva qualche centesimo per inviare messaggi pieni di complimenti, e oggi manifesta la convinzione secondo cui i giocatori non tengono alla maglia. Gli stessi, undici giocatori più riserve. Non la bevo, mi spiace.
Altrettanto a chi avrebbe ipotizzato proprio oggi un impiego di Ewandro e Balic: bravi, li mettiamo dentro sullo 0-4 così ne affossiamo definitivamente l’autostima. O mi volete convincere che con la regìa del croatino anziché dell’ineffabile fotografo brabantino, ma con la contemporanea odierna prestazione del resto della truppa, le cose sarebbero cambiate? Mi spiace, non la bevo.
La verità è che l’Udinese è questa cosa qui: e a colui il quale, della cui competenza non discuto data la stima che nutro per lui, in settimana spiegava in maniera dettagliata i vantaggi dell’attuale gestione dirigenziale in luogo di eventuali subentri multinazionali (quelli brutti sporchi e cattivi che spacciano taurina (per intendersi), cambiano tutto e cancellano la storia, dico la stessa cosa: da quattro anni almeno, l’Udinese Calcio Essepià è questa cosa qui.
Settimana scorsa, e ne sono ancora certo, i bianconeri avevano svoltato. Oggi se ne sono convinti un pochino troppo, dando per scontata una superiorità basata sulle figurine Panini e non ancora guadagnata sul tavolo verde del Dall’Ara. Errore esiziale: il Bologna gioca piano, ma lascia sfogare l’Udinese (per trenta secondi) e la punisce con un contropiede che non si prende neanche in allenamento.
Lì la gara è finita: ed oggi un Sassuolo, un Torino qualsiasi avrebbero infierito anche di più. Invece era “solo” il Bologna, che gioca esattamente come contro la Roma (difesa in primis) ma con sette reti di differenza.
Non erano campioni sette giorni fa, né “pippe” oggi, i bianconeri: certe giornate capitano anche ai migliori, figuriamoci ad una squadra “media” come questa pallida edizione. Ricordo distintamente la scoppola al Ferraris, maggio 1997, con “la Corsara” di Zac che ne prese quattro dalla Samp di Montella. Vero: espulso Pierini dopo un tempo; vero, Gargo si rompe dopo due minuti, ma eran Poggi, Amoroso e Bierhoff, mica Matos, Théréau e Zapàta.
Niente drammi: solo la consapevolezza di avere a disposizione una rosa corta, qualitativamente povera e spesso incapace di girare le gare che si mettono male da subito. Piccolo inciso, infatti: Delneri decide di togliere i due giocatori più talentuosi del centrocampo, rei di non essersi allineati ai suoi dettami tattici, ed in seguito un (al solito, di questi tempi) impalpabile Théréau. Ma se per Perica quantomeno dal punto di vista dell’animosità e della voglia qualcosa la si può guadagnare, cosa potevano cambiare il brasiliano triste ed il suddetto cinereporter di Asse? Nulla. Infatti due a zero nel primo tempo, due a zero nel secondo e ciao al Concorde.
Quindi niente in contrario alla continuazione dell’ultratrentennale ciclo-Pozzo/Gesapar, ma siano consci (Bonato in testa) che a Lasagna ed al giovanissimo Barak va aggiunto ben altro. Ben altro: perché la serie A 2017-18 si risolverà più o meno come questa, con tre-quattro formazioni a lottare per non retrocedere, quindi la quinta media-Udinese di fila basterebbe (forse non avanzerebbe); ma se alla lungimiranza finanziaria e di bilancio si potesse aggiungere uno straccio di progetto sportivo (dello stadio, obiettivamente, da non-fruitore ne ne fotto: perdonate il francesismo), ne gioverebbe l’ambiente tutto. E, no: i costi non lieviterebbero poi in maniera drammatica.
Aggiunto, dicevamo? Già, ad iniziare dal busillis-allenatore. Qualcuno oggi mi scriveva del dominio di Donadoni su Delneri, e della conseguente necessità di cambiare l’Aquileiense magari proprio con l’ex ala bergamasca. Sono delneriano e me ne vanto: ma se una scelta va fatta, lo si faccia subito. Adesso. A meno che, ovviamente, ciò non sia già avvenuto e noi non ne si sappia nulla. Certo, se la scelta fosse un altro Colantuono, uno Iachini, un’estemporaneità tipo De Canio-III allora non sarebbe nemmeno sorprendente. Solo deludente.
Quota cinquanta? Non ne parlerò più. Se ci arrivano, bene. Altrimenti fa lo stesso: a chi di dovere la cena la pagherò ugualmente, anche non dovesse spettarmi. Perché io, come l’Udinese, sono questa roba qui.
Piccolo off-topic, come direbbero i duepuntozero: oggi Pedone e Micalich hanno annunciato la conferma di Rain Veideman, guardia estone della A.P.U. GSA, il cui arrivo ha cambiato (in meglio) gli equilibri della squadra trascinandola ad un buon nono posto. Solo per sottolineare che qualcuno, forse, oltre ai bilanci cerca di far sorridere anche i sostenitori. I quali, detto fra noi, se lo meritano. Specie se, come Rizzardo, Andrea, Francesco e mille altri, continuano a seguire l’Udinese in lungo ed in largo per la penisola. La dichiarazione di Collavino è tutto sommato un buon inizio, ma nulla di più: mi aspetto risposte sul campo. Ben altre risposte.
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