Specie se si tira in porta una volta a gara.
Già: Tudor l’aveva indovinata, intasando gli spazi e bloccando Ribery e Chiesa, costretti a girare al largo e incidere pochissimo.
Giocare la gara perfetta, però, è impossibile: graziati proprio da Chiesa dopo l’errore di Ekong (Musso al solito impeccabile), vengono condannati da una capocciata serba e soprattutto dalla nefandezza di chi lascia uscire a fondocampo una palla colpita da un bianconero, regalando il corner.
È vero che le squadre si costruiscono iniziando dalle fondamenta, intesa come una difesa solida: ma se in attacco (pur schierando contemporaneamente due punte e De Paul) si arriva in porta così di rado, segnare è quasi impossibile se si è anche poco fortunati, anzi precisi (Lasagna vede sì vanificato il tentativo dal portiere avversario, ma avrebbe potuto angolare ancora di più il tiro).
Mi chiedevo, una settimana fa, quale fosse l’Udinese: oggi non ha giocato male, di fronte ad una delle squadre più in forma del campionato. Ma la serie A chiede un passo in più a chi vuole elevarsi dalle pastoie del triste fondoclassifica, dove sguazzano oggi le due altrettanto poco felici genovesi in procinto di cambiare conduzione tecnica. Quasi in campo ci andassero loro. Chiede, la massima serie, di proporre oltre che distruggere. E lo chiediamo anche noi.
Igor Tudor ha avuto risposte, oggi, dai suoi: da Opoku che tiene botta, e bene, su un cliente difficile come Ribery; altrettanto da Samir che fatica un po’ di più dalla parte opposta. Da Ken Sema, aitante ed in crescita; meno da Stryger Larsen, spesso impreciso e poco determinante.
Non ha avuto risposta, e lo ha affermato rispondendo ad un collega fiorentino, da Rodrigo De Paul che ha fatto tanta fatica, oggi, quasi sentisse il peso di giocare contro una formazione per lui non indifferente. Se per noi il caso è chiuso da settimane, forse nella sua testa non è così: fossi in lui, darei un’occhiata a quanti minuti ha giocato, ad esempio oggi, il suo ‘sostituto’ Ghezzal. Fatto sta che oggi la squadra ha patito la sua poca vena, il suo ossessivo rallentare il gioco, in particolare l’imprecisione nel passaggio decisivo. Ha anche una buona palla in area, ma il suo diagonale fa il solletico al portiere avversario.
Questo porta inevitabilmente ad avere le due punte del tutto isolate, vista anche la giornata poco felice di Mandragora. E i poveri Okaka e Nesto, privi di rifornimenti, hanno fatto tantissima fatica a mettere in difficoltà la difesa avversaria, apparsa non invalicabile; Pezzella e Milenkovic hanno spesso accettato la parità numerica sulle poche folate friulane, rischiando la loro parte pur in presenza di un’avversaria con poco piglio offensivo. Sull’occasione avuta, ad esempio, Lasagna passa tra uno dei due centrali e il laterale sinistro che non stringe: contro avversarie di maggior levatura potrebbe non essere sempre domenica.
Adesso pausa, e non ci voleva. Poi arriva Mazzarri col suo Torino: squadra difficilissima da affrontare, formazione dallo spirito indomito e qualità superiore, anch’essa, a quella udinese. Ci vorrà un’edizione diversa da quella odierna. Squadra che deve affiancare una fase offensiva decente ad una difensiva che discreta lo è già.
Un paio di annotazioni: ho sentito i fiorentini lamentarsi del debuttante al fischietto per non avere concesso un vantaggio sul contropiede, ovviamente loro: non ha fatto disastri, ma si guadagnerà la mia stima quando sventolerà con piglio il cartellino rosso a Conte e agli altri allenatori ‘focosi’ anziché a quello dell’Udinese. Per dire, anche quello di casa oggi ha protestato spesso piede-sulla-linea, meritandosi nemmeno un buffetto. Nessun grosso problema, comunque.
L’ultima: di solito guardo le gare bianconere in trasferta su una rete americana, dato che qualcosina d’inglese mastico. Oggi mi sono avventurato sull’apposita rete italiana, mai aspettandomi di cascare su Violachannel.
Esigo rispetto: quello che si deve alle squadre che ai commentatori piacciono di meno. Quello che si deve a tutte le squadre, anche quelle che hanno giocatori meno forti. Perché?
Perché Franck Ribery piace a tutti noi, ma oggi non ha giocato da migliore in campo ma da sei di stima.
Perché su Sema il rigore non ci stava, ma il commentatore tecnico (figura del tutto inutile, anzi utile a riempire di parole inutili utilissimi silenzi) non può dire ‘Dalbert non lo vede, poi lo vede e va di spalla regolare’ quando tutti hanno visto che lo ha leggermente spinto.
Perché sentire ‘mi piacerebbe l’Udinese avanzasse il baricentro così darebbe più spazio a Chiesa e Ribery e vedremmo una gara più bella’.
Perché anche ce ne fosse uno, a Udine, che paga quel fottuto abbonamento (e non ve n’è solo uno) avrebbe diritto a sentire una, una!, parola sulla propria squadra.
Perché io seguo l’Udinese, formazione della mia città: e della Viola, con rispetto per Astori e Antognoni ma non per chi insulta i colleghi e sfotte i bianconeri perché ce l’hanno con quelli torinesi, a me interessa molto poco.
Sono parole al vento: è così facile prendere le parti di chi si giudica più ‘importante’, magari per la propria carriera: ma dire che l’arbitro sventola il rosso perché ‘quando non si ha l’autorità per farsi sentire si caccia via, così gli allenatori capiscono’ significa commettere tre errori: dare un pessimo servizio a chi ascolta; ammantare l’arbitro di incapacità (cosa che a me, oggi, il salentin-felsineo non pareva meritare); confondere autorità con autoritarismo.
Cambierà nulla. Specie se l’Udinese, dal venti ottobre in poi, non tirerà di più in porta. Perché oltre alle mie, si perderanno nel vento le parole di commentatori modesti e di ex-giocatori. Dei primi ci dimenticheremo. Dei secondi, purtroppo, pure.
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