L’Udinese perde l’ennesima partita della stagione. Non è una novità se non per il fatto che il match di ieri rappresentava il saluto della squadra al pubblico, forse l’ultimo saluto di tanti giocatori al Friuli.
Il prossimo anno in vari cambieranno casacca, come sempre è stato e come sempre sarà. Ma fra questi ci potrebbero essere Domizzi, Pinzi, Pasquale e Di Natale. L’ossatura che per anni ha supportato le fortune dell’Udinese. Le bandiere, coloro che sono rimasti contro le tentazioni di sirene & ingaggi. Domenica pomeriggio erano tutti seduti in panchina. Il solo Totò Di Natale è entrato nel secondo tempo confezionando l’ennesima perla da campione che solo un volenteroso (e fortunato) Cannavaro ha impedito che si trasformasse in un altro eurogol.
L’ultima volta che avvenne un fatto simile, sedeva in panchina De Canio. Paolino Poggi, autentico idolo della tifoseria, avrebbe giocato la sua ultima partita in maglia bianconera, ma si dovette sedere in panchina. Non venne fatto entrare ed il tecnico giustificò lo sgarbo con il motto “devo pensare prima di tutto alla squadra”. Ieri, l’importanza della partita non ammetteva giustificazioni.
Questa annata ha avuto pochi onori (il pareggio contro la Juventus è il principale), ma pare che nessuno si voglia prendere gli oneri. Stramaccioni ha giudicato sopra la sufficienza la stagione che si appresta a chiudere; fino all’anno scorso una stagione simile veniva considerata una sconfitta, per la squadra e la società. Forse l’obiettivo non è più vincere. Forse gli onori sono suoi, ovviamente gli oneri vanno suddivisi con la precedente gestione Guidolin e con lo stadio in costruzione. Questo è stato dichiarato, più o meno, poco tempo fa.
La frase su Guidolin e la sua gestione è stata una caduta di stile. Il tecnico di Castelfranco Veneto l’anno scorso arrivò in semifinale di Coppa Italia e in campionato fece gli stessi punti che farà l’Udinese se (se…) uscirà vittoriosa dallo stadio di Cagliari. Ma non aveva tre nazionali (Karnezis, Piris, Kone) e nemmeno un signor giocatore come Thereau. In particolare, Karnezis quest’anno ha salvato più volte il risultato, in diverse partite. La scusa dello stadio in costruzione non regge. L’Udinese ha perso a Parma contro l’ultima in classifica, a Cesena contro una squadra che non era attrezzata per la serie A. In entrambi i casi le mura in costruzione del nuovo Friuli non centrano.
Quello di tirare il tifo in causa, in maniera diretta o indiretta, è un errore in cui era incappato anche il suo predecessore. Guidolin elogiò il tifo genoano, molto più caldo di quello friulano (ma meno sportivo, dicono le cronache giudiziarie). Pochi giorni fa Stramaccioni ha indirettamente dato la responsabilità di determinate sconfitte al fatto di non avere uno stadio pieno. Ma la sconfitta contro il Genoa, contro la Sampdoria, contro il Verona e contro il Palermo non erano certo dovute ai pochi decibel. L’atmosfera che si respira è quella di un partito politico che perde le elezioni e festeggia vittoria. Nessuna autocritica da parte della società, ne da parte dei suoi dirigenti. Nemmeno da parte della guida tecnica. Intanto il Sassuolo, senza tifosi al seguito (il Friuli in costruzione danneggia anche gli avversari) è riuscito a vincere una partita nella quale gli mancano due rigori netti a favore e l’Udinese ha visto per l’ennesima partita il portiere come migliore in campo. Quello Scuffet che il prossimo anno potrebbe essere ceduto in prestito.
A meno che non si voglia attuare, finalmente, con tutta la moderazione e la saggezza gestionale che hanno contraddistinto la gestione Pozzo, una rifondazione basata su uno zoccolo duro di Italia i e una guida tecnica più "provinciale".
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