La fine del girone di andata è passato quasi inosservato. Del resto tutti i tifosi erano alle prese con le palpitazioni delle cinque vittorie consecutive dell’Udinese. Una squadra partita con determinate ambizioni e ritrovatasi troppo presto nella palude degli errori individuali, delle caterve di gol presi in superiorità numerica, delle sconfitte di misura ma continue, si stava finalmente risollevando. Ovvio, le ultime sei partite sono state, nell’insieme, al di sopra delle nostre possibilità. Non capiterà ancora, credo, di ottenere uno score tale nel proseguo del campionato, ma posso finalmente affermare che ora l’Udinese ricopre la posizione di classifica che gli compete. Se riuscirà a migliorarla bisognerà dare merito a Oddo (che già sta facendo tanto...).
Chiudiamo il girone invernale con uno score di 27 punti contro i 25 dell’anno passato e i 24 di quello precedente ancora, con una partita in meno che verrà recuperata a breve, in quel di Roma sponda Lazio. Mai temporale fu più benevolo. Era difficile allora immaginarsi che un cambio in panchina avrebbe sortito un così piacevole effetto. Di diverso dall’anno scorso c’è però l’assoluta mancanza di pareggi. Credo che nemmeno lo Zeman dei tempi d’oro avrebbe potuto fare un girone senza impattare almeno una partita. E credo, non ho controllato ma penso sia scontato, che mai in tutta la sua storia l’Udinese ha chiuso un girone intero senza pareggiate una partita. Anche se, ammesso e non concesso, si dovesse pareggiare il recupero, sarebbe comunque una partita giocata temporalmente al di fuori del trend d’andata.
C’è da dire che questo anno la società ha effettuato un buon mercato. Nonostante le critiche piovute per la cessione (tardiva a mio avviso) di Monsieur T., tanti mezzi e poca costanza, il settore avanzato è stato costruito bene. Ok, mi direte che Bajic è tuttora un oggetto misterioso; ma se ben pensate ci sta che qualche colpo vada a male. Per un attaccante che ha reso al di sotto delle aspettative, abbiamo un Lasagna esploso, un De Paul finalmente affermato, un Maxi Lopez che ha permesso ai suoi compagni di inserirsi e uno Jankto che, libero dalla presenza di Thereau, ha mostrato tutte le sue potenzialità. Forse, ma parlare col senno di poi è troppo facile, sarebbe servito un mediano in più: Berhami è troppo poco da solo, ma l’anno scorso Hallfredsson aveva dato molte garanzie come frangiflutti davanti alla difesa.
Chi ha deluso è stato l’allenatore (e mi piange il cuore a scriverlo) e la difesa. Scuffet ha pagato sicuramente anche colpe non sue, ma necessita di una crescita di carattere “in campo” che può avere solo e soltanto giocando con continuità. Tenerlo in panchina non serve e vista la lieta sorpresa di Bizzarri, forse sarebbe meglio cederlo in prestito. Riguardo ai difensori abbiamo avuto una lista infinita di errori: Danilo e Samir su tutti, poi anche Nuytinck e Angella. Una menzione di merito invece per Larsen che pare essersi ambientato fin troppo in fretta, anche in ruoli non suoi. Medaglia al valore invece, tutte le nostre più sentite e umili scuse al nuovo idolo Ali Adnan, che finalmente ha imparato come si difende in Italia e che è stato l’artefice di una seconda parte del girone di andata eccellente.
Fatto sta, però, che l’Udinese di Delneri era bipolare, permettetemi il termine nella sua accezione puramente medica e non offensiva. Dottor Jekyll e Mister Hyde, bellissima contro Sampdoria e bruttissima contro Chievo e Spal; quadrata contro Sassuolo, Atalanta e Genoa, disunita al limite dell’indecenza contro la Juventus. All’inizio dell’anno avevo scritto che gli alibi stavano a zero, che questo doveva essere l’anno della continuità e mai come quest’anno è stata la discontinuità di risultati a connotare gli score bianconeri. Fino all’arrivo di mister Oddo, un bravissimo allenatore di serie B che in A aveva fallito (certo, le colpe maggiori le aveva la società del Pescara per la maniera scellerata di gestire il mercato) e che proprio a Udine pare non solo prendersi una rivincita personale sul fato e i giudizi passati, ma che dimostra un’adattabilità alla rosa che pochi tecnici moderni hanno.
Se l’Udinese, con Oddo, ha superato la prova del nove andando a vincere in quel di Bologna (più che meritatamente, al di là della modestia del tecnico) ed anzi ha poi pareggiato (male, e qua possiamo apprezzare la sincerità del mister), chi ancora non ha superato la prova di maturità è la società. Troppo distaccata e “distante”, nel vero senso della parola, dall’Udinese. E’ questo gennaio che determinerà se anche in società c’è una nuova maturità, ma lo vedremo solo a fine campionato, in base a quanto saprà stare vicino a Oddo, alle sue scelte e, nel limite di una politica che mira comunque e giustamente alle plusvalenze, alle sue esigenze tecniche.
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