Sono lontane anni luce le stagioni nelle quali l'Udinese programmava la sua componente tecnica. Ora è una società che deve stare in piedi, che deve giustificare la serie A al fine del business. Sono sempre stato un estimatore del modo di fare calcio della famiglia Pozzo, perché, a mio umile avviso, creava il giusto connubio fra azienda e squadra. C'era un unico rammarico, non aver mai vinto la Coppa Italia, averci provato forse troppo timidamente. Ma negli ultimi anni, la gestione Gino Pozzo ha fatto diventare la prima squadra una riserva dentro al quale far mettere minuti nelle gambe a giocatori che poi avrebbero cambiato casacca alla prima occasione.
Il business sta nel mercato, così come era (ed è) per il Genoa di Preziosi. Presi i soldi dai diritti televisivi inglesi e presi anche quelli italiani, bisogna solo giustificare la permanenza nelle massime serie, vendere, mettere costi a bilancio e l'utile è assicurato. Ho come l'impressione che l'esplosione dei diritti televisivi abbia portato le società di calcio a spostare il business dalle vittorie alla quadratura di bilancio, e mi fermo qua. Non credo che sia un sospetto solo sulla nostra amata, e mi pare pure strano che certi giornali indaghino solo sull'impero Pozzo.
Fatto sta che è iniziato il ritiro al Friuli e la squadra è ancora in alto mare. Pradè si è presentato con l'ennesima trafila di parole scontate. Mica è una colpa: è la stessa cosa che farei anche io se non avessi “buone nuove” da dare. Le buone nuove dovrebbero essere una presa di coscienza degli errori da parte della società, l'allontanamento di figure che un tempo rendevano ed ora non più (qualche procuratore a caso) e la promozione di una nuova figura alla quale viene delegato ampio potere in tema di mercato rispettando un budget aziendale. Fossi stato presente, invece di chiedere a Pradè dell'Udinese dello scorso anno, gli avrei fatto la seguente domanda: qual è il suo mansionario nello specifico, senza giri di parole? Quanta autonomia avrà in fase di mercato e gestione del settore tecnico?
Invece il nuovo direttore tecnico sembra essere l'ennesima figura di passaggio, con un allenatore che probabilmente non ha scelto lui e una squadra che pare più intento a vendere che a costruire. Meret e Jankto che partono, Karnezis che si accoda, e poi? Che il ceco piaccia o meno come persona era uno dei punti forti di questa Udinese che avrebbe bisogno di vendere difensori e centrocampisti non all'altezza ed invece vende i pochi buoni giocatori in rosa. Si parla anche di De Paul e Barak...
Cosa vuole fare Pozzo (Gino, ormai si parla di lui...)? Una colonia argentina sull'esempio del Catania che fu? Potrebbe funzionare. Siamo sicuri che un allenatore spagnolo con poca esperienza e mediocri risultati possa ambientarsi nel campionato italiano? Avevamo bisogno di qualcuno che registrasse la difesa ed abbiamo preso un mister di spiccate convinzioni offensive.
Non ci resta che aspettare. Fa bene Scuffet a voler andarsene, qua lo hanno rovinato. Fa bene Meret a non voler giocare nell'Udinese, basta guardare a chi vengono date le colpe dei gol subiti. Con buona pace dell'ennesima intervista di un tesserato della società che prevedeva un rientro in Friuli del portiere gioiellino. Qua non si programma, qua si vive alla giornata, ormai pare evidente.
Il nostro mercato attuale parla dell'ennesimo portiere acquistato e di un Mandragora che ha fatto discretamente a Crotone (nulla di eccezionale) ed è stato valutato il doppio di Lasagna, il terzo bomber italiano. Pazzie di un calcio che è finanza e non industria, e dire che Parmalat e compagnia cantante dovrebbero aver insegnato.
Per il momento c'è solo una certezza: con una società assente e una squadra in smobilitazione, con pochi acquisti e senza senatori in rosa, l'Udinese si iscrive di diritto alle squadre che potrebbero finire in serie B. Non resta che aspettare, non resta che credere che Velasquez sia la prima buona scelta di Pozzo Jr. e che arriveranno altri buoni giocatori. Che non ci saranno esoneri, ritiri, interviste fuori luogo dei tesserati... Ma se a centrocampo non hai un regista e un incontrista di sicuro affidamento, e se non ricostruisci dalla base tutta la difesa, vai poco lontano.
Intanto inizierà la campagna abbonamenti, chissà cosa creerà il nostro marketing quest'anno. Chissà, soprattutto, se i tifosi rinnoveranno la fiducia nella società. Il calcio e l'economia sono come un western, lo ho sempre sostenuto. Gli stessi abbonamenti dell'anno scorso significherebbe che la società adotta una politica adeguata, che il pubblico pagante è felice e che il sottoscritto si sbaglia. I meriti non c'entrano, in queste storie.
Certo che se il buon giorno si vede dal mattino, questa stagione potrebbe grandinare, anche con lo stadio al coperto.
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