L'Udinese è in ritiro. Personalmente penso che serva a poco. Ma non sono qua, oggi, per fare della polemica. Vorrei invece partire da punti fermi. L'Udinese ha segnato gli stessi gol della Sampdoria, ma con una partita in più. Otto gol in sei partite equivale a 51 gol a fine anno; l'anno scorso furono 47. Non a caso siamo la squadra che fa più cross in serie A e settima come tiri in porta. L'attacco non mi preoccupa. Un altro punto fermo sono i 13 gol subiti. Un'ecatombe per una squadra che pareva aver quadrato il cerchio l'anno scorso. Ancora, il Paron ha detto che tutto è nelle mani del figlio, e questo conta più di una statistica negativa. Tante volte ho ribadito che nel calcio non si possono gestire due squadre da sole. E' un po' come l'Impero Romano quando divenne troppo vasto. Non sono aziende dove la gente lavora altrimenti non porta il pane a casa, ergo l'autodisciplina non esiste.
Ma il punto ferma di cui voglio brevemente parlare oggi sono gli errori da cui sono nati i gol subiti, quei 13 maledetti gol. Parto dall'alto: in ogni squadra che si rispetti ci devono essere almeno tre leader, lo disse anche Zaccheroni in una bellissima intervista. I tre erano, se non ricordo male, Calori, Helveg e Bierhoff, giocatori poco considerati prima del tecnico romagnolo, giocatori che hanno deciso due scudetti (uno per il Milan, un 'altro tolto alla Juventus) dopo. Sotto questi “senatori” devono esserci giovani con voglia di correre e mettersi in mostra. Così il gioiellino Udinese funziona. Ripeto, sto parlando solo di squadra e non di società, per il momento.
Se l'anno scorso i più grandi recuperatori di palla erano Hallfredsson Felipe e Danilo, quest'anno i giocatori più esperti sono quelli che hanno deluso di più. Alla voce palloni recuperati il primo in classifica è un difensore (ovviamente), Nuitynck. Quello che fa specie è che il primo centrocampista è, però, Rodrigo De Paul. Non Hallfredsson, non Jankto, non Behrami, ma De Paul. Un giocatore che dovrebbe attaccare. E questo, oltre a significare che l'argentino si sacrifica spesso per la squadra, significa che c'è un vuoto là in mezzo. La squadra è stata costruita con i giusti ricambi, le coppie Barak-Balic e Hallfredsson-Behrami in un 442 devono fare e disfare il gioco, proprio dei primi e avversario i secondi.
Invece vediamo che sui 13 gol subiti abbiamo avuto come colpevoli di errori gravi: Danilo contro Spal (2) e Milan (1), Hallfredsson contro Spal (1) e Torino (1), Behrami contro Roma (2). Ovvio che vi sia stata sempre una compartecipazione all'errore, ma se da un Larsen giovane ed appena arrivato posso aspettarmi vaneggiamenti, e lo stesso vale per Samir, Pezzella e Scuffet, non posso attendermi errori da Serie C da chi deve trainate (to lead, in inglese) il gruppo. L'errore di un senatore è maggiormente colpevole, 7 azioni passive dai quali sono scaturiti altrettanti gol sono dipesi dai senatori, dai giocatori più anziani, più esperti, che maggiormente rispetto agli altri dovrebbero seguire i dettami dell'allenatore e ovviare agli errori dei giovani. Invece, spesso e (mal) volentieri, prima Scuffet e poi Bizzarri, si sono trovati sul groppone l'onore fin troppo grande di dover riparare ai malaugurati tentativi delle loro chiocce. A Udine c'è un paradosso, dove i “grandi” sbagliano e così facendo rendono la vita più difficile ai “piccoli”.
Perché? Forse c'è una mancanza di condizione atletica. Forse l'anno in più si fa sentire. Forse, dico forse, non sono interessati più di tanto al ruolo che gli compete. Forse, ancora, non remato tutti dalla stessa parte dell'allenatore. Cosa succede dentro lo spogliatoio non lo sapremo mai, anche perché “lo spogliatoio” è anche un luogo mentale dove determinati giocatori fanno e sentono, agiscono o meno, secondo una propria percezione soggettiva.
Quando se ne è andato Thereau, ho pensato che nel giro di un mese doveva vedersi la vera Udinese. Gli errori dietro stanno coprendo quello che di buono si crea davanti. Prendere gol sempre nella prima mezzora, e molto spesso per errori di quelli che dovrebbero tenere ben saldi i nervi del gruppo, provoca una sorta di auto-delegittimazione generale. Io ho le mie simpatie, ma fra un capitano che sbaglia per sufficienza (che ne sia conscio o meno) e uno che sbaglia perché cerca di dare il massimo che può, preferisco il secondo. Il problema è che chi dovrebbe dare l'esempio in campo, di attenzione, di lungimiranza, non lo dà.
Vi faccio i nomi di qualche centrocampista che ha recuperato più palloni dei nostri eroi: il giovane ed inesperto Barella del Cagliari, il panchinaro della scorsa stagione Viviani della Spal, l'anziano Magnanelli del Sassuolo (l'alibi dell'età viene meno...), Barberis del Crotone, Romulo e Buchel del Verona... e solo per citare i nomi meno noti. Troppi i centrocampisti che recuperano più palloni dei nostri. Non va meglio ai difensori, ma evito per pura pietà.
Se un allenatore predica lavoro e agonismo e i senatori sono i primi a sbagliare, chi deve intervenire? Si esonera l'allenatore? Per l'ennesima volta? Per me la risposta è semplice quanto soggettiva (ognuno la pensa alla sua maniera): dovrebbe intervenire un Direttore Sportivo o Direttore Tecnico, un uomo di polso che faccia capire a tutti (sottolineo a tutti) che la società vuole seguire il mister. La gerarchia porta punti; è il continuo mettere in dubbio che offusca la mente. E le motivazioni stanno nella mente. Gino Pozzo dov'è? Non lo so, ripeto, non voglio fare polemica. Ma se non è con la squadra in ritiro, allora il problema è quello. Manca chi comanda. Una mancanza colpevole.
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