Dall'esordio disastroso nel 1961 in cui subì 5 goal, alla gloria di aver alzato al cielo la Coppa del Mondo nel 1982: passa da qui tutta la parabola di Dino Zoff che oggi compie 75 anni. È stato l’idolo di tante generazioni, il capitano di un’intera nazione che sollevava idealmente con lui in Spagna la coppa più importante fra tutte. Dino Zoff è rimasto un campione indimenticato, ma non tutti sanno che iniziò la sua straordinaria carriera all'Udinese.
Tra il 1961 ed il 1963 ha fatto parte della squadra bianconera, prima di trasferirsi al Mantova. Con i friulani ha esordito in Serie A, prima della stagione in B. Ovviamente l’esperienza all’Udinese è stata molto importante per il numero 1 italiano:
“Beh certamente ha segnato l’inizio della mia carriera, anche se non è stato un periodo felicissimo per la squadra. Comunque, è da lì che sono partito. Ho esordito con l’Udinese in Serie A, ho disputato alcune buone partite. In Serie B è andata meno bene e poi sono stato ceduto al Mantova. Ho dei ricordi ben presenti. Dal lato sportivo non sono felicissimi, se non per l’esordio e per altre tre partite in Serie A, vincendo a Palermo e contro la Juventus e pareggiando con il Bologna. Direi che sono questi i ricordi più piacevoli. Ricordo anche un grande presidente come Bruseschi, che mi cedette a malincuore al Mantova, perché diceva che non ero apprezzato all’Udinese, pur avendo grandi mezzi".
Zoff, da friulano, non è però riuscito a diventare una bandiera dell'Udinese come tanti si auspicavano:
“Non dipendevano da noi le trattative a quei tempi. Eravamo nelle mani delle società per cui giocavamo”.
Ora l'Udinese sta attraversando non poche difficoltà. I bianconeri navigano nelle zone basse della classifica e sembrano essere lontani da quella squadra che un tempo conquistava l'Europa facendo divertire tutta l'Italia:
"Per L'Udinese sono annate strane, manca la continuità, ma penso che si salverà tranquillamente. Domenica giocherà contro la Juve, una partita che darà sicuramente grandi stimoli".
Il grande Dino rivive quel periodo con lucidità ed attenzione. Ripercorre all’indietro la strada percorsa, le sue parole lasciano trasparire il tempo passato ma mai scordato dal campione del mondo 1982:
"Nella mia carriera ho fatto cose straordinarie però qualche cosa in più che avrei potuto fare. Oltre alla maglia della Juventus ho vestito anche quelle dell'Udinese, del Mantova, del Napoli e della Nazionale. Il Mondiale? Si era creato un qualcosa di straordinario con Bearzot. Lui puntava sulle idee e convinzioni per vincere, fu in grado di costruire una squadra vera. Siamo riusciti a vincere per questa forza. Ai mondiali del 1974, dove erano in quattro a comandare, ovviamente siamo usciti al primo turno".
Quella sera di Madrid, quando l'arbitro fischiò, non si rese però subito conto di essere entrato nella leggenda:
"Lo sport è così immediato. In quel momento sei fuori di testa, vivi nelle nuvole, hai una felicità così prorompente senza pensare troppo a quello che c'è intorno, a quello che succederà dopo".
Il calcio di quei tempi comunque ora appare solo un ricordo lontano, anni magici che non torneranno più:
"Il calcio è sempre lo stesso ma tutto ciò che gli ruota attorno sta cambiando. C'è il rischio di perdere valori e tradizioni. I cinesi per esempio vengono qui per poi importare il calcio da loro. Quando questo processo sarà avvenuto, non so qui da noi cosa resterà. Io credo nelle tradizioni. E' difficile capire come si svilupperà il futuro".
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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