Partiamo da un assunto: provare ad impensierire l’Atalanta di questi tempi non è cosa facile per nessuno. All’Udinese va riconosciuto di averci provato fino alla fine. La vera domanda, però, è un’altra. Può bastare questo per essere soddisfatti? Ci possiamo accontentare ancora una volta della sola prestazione?
Dopo la debacle di Torino in molti si aspettavano una partita a senso unico, così non è stato. L’Udinese l’approccia con coraggio, l’atteggiamento è quello di chi se la vuole provare a giocare, di chi non si vuole dare subito per vinto e questo è già qualcosa. Gotti la prepara bene, cambiando radicalmente l’impostazione tattica rispetto alla sfida contro i granata: bianconeri contratti, metà campo molto densa per non lasciare spazi ai palleggiatori avversari, ripartenze fulminee così da mettere in difficoltà la difesa bergamasca che gioca sempre molto alta. La Dea, sicuramente non nella sua versione migliore, va detto, sbanda pericolosamente.
Pronti-via subito una colossale palla gol sui piedi di Fofana, con Gollini costretto a superarsi. Occasioni così vanno capitalizzate, con squadre come Atalanta o simili, che ti concedono poco nell’arco della partita, non è che ti puoi permettere di sprecare nulla. Questo, però, sappiamo essere un nostro grande limite, un’incapacità cronica.
Gol sbagliato, gol subito. Ekong si perde Zapata, altro ex per noi dolorosissimo, e vantaggio ospite. L’errore del nigeriano, al rientro da titolare, è grossolano, uno svarione che paghiamo a carissimo prezzo. Il panteròn, al contrario di Seko, non perdona e qui apro una piccola parentesi: Duvan dimostra di essere tutt’altro che un paracarro come in molti tifosi bianconeri purtroppo pensavano, peccato non averlo potuto apprezzare su questi livelli a Udine. Anche negli ultimi difficili anni di giocatori interessantissimi ne sono passati, non siamo stati capaci di valorizzarli e questo è un altro grave problema.
Tornando alla partita, il gol atalantino cambia l’inerzia. La Dea alza il baricentro, l’Udinese per venti minuti buoni è in bambola. Spettacolo vedere con quale sincronismo si muovano gli uomini di Gasperini. Solo un Musso eroico tiene i bianconeri in partita (l’argentino riscatta ampiamente il mezzo errore di Torino e alla fine risulta essere il migliore in campo).
Poi il lampo. Lasagna torna a fare il vero Lasagna: fugge via velocissimo a Djimsiti, freddando Gollini in uscita. E’ il gol del pareggio. L’Udinese comprende che così può far male. Il capitano bianconero, finalmente con un gioco a lui più consono, può essere l’arma letale. Ogni volta che parte nello spazio per retroguardia orobica sono dolori. E’ questo che abbiamo gli abbiamo sempre chiesto, così può diventare davvero un giocatore importante e non un gregario. Tanta corsa ma anche tanta determinazione. Un Lasagna così, affamato e voglioso di dimostrare il suo valori, in questo finale di campionato diventa fondamentale.
Poi la girandola di cambi, con Gasperini che sfrutta la panchina lunga, cosa che non può più di tanto fare il buon Gotti le cui alternative sono pressoché scontate. Il tecnico bianconero inserisce Okaka al posto di un tutto sommato buon Teodorczyk, Gasp butta nella mischia Muriel. La differenza è tutta qui. L’ex Watford non riesce ad incidere, il colombiano con due perle - punizione all’incrocio, sberla all’angolino da fuori - vince la partita. Non molti saranno d’accordo ma per me Luisito resta un grande rimpianto. Sarà tutto quel che volete, avrà un atteggiamento e un comportamento spesso inaccettabile, ma si trattava di un talento, un altro, che non si è stati capaci di sfruttare.
Lasagna prova caparbiamente a riaprirla ma ormai è troppo tardi. La vince l’Atalanta 3 a 2. Per l’Udinese un’altra sconfitta, per un girone di ritorno che, covid o non covid, è stato davvero avaro di soddisfazioni. I bianconeri non vincono da gennaio (dall’ultima d’andata contro il Sassuolo). A questo punto le prestazioni, seppur buone, non bastano più. Servono punti salvezza, anche se dietro non corrono. Riempirsi la bocca di buoni propositi non giova a nessuno, bisogna affrontare la realtà delle cose.
Ora la Roma, altra sfida, almeno sulla carta, proibitiva. L’Olimpico è un campo storicamente ostile all’Udinese. Poi da domenica prossima, a partire dal Genoa, le vere partite, quelle da vincere se vuoi rimanere in A, quelle nelle quali non ci saranno alibi. La salvezza passerà da lì. Non ci si potrà accontentare della prestazione.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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