Non è facile fare i maestri. Tantomeno nel calcio.

Quando quest’anno ho saputo che Di Francesco sarebbe divenuto allenatore della Samp, mi è salito un dubbio. Al momento poi di vedere Giampaolo presentato in rossonero, invece, il dubbio è divenuto certezza.

Esonerati. Prima piuttosto che poi. Incolpati, in sostanza se non direttamente, di mancanze che certamente non sono loro. Incolpati, in sostanza, di non aver saputo trasformare acqua in vino. Accomunati da due proprietà che, senza tema di smentita, avranno pure programmi lungimiranti, saranno tifosissime delle proprie squadre ma hanno come unico obiettivo l’alienazione delle stesse.

No: non voglio parlare anch’io di ragioni tecniche, tattiche o ambientali per le quali i due suddetti sono stati ‘ringraziati per l’impegno profuso’: ci hanno pensato altri. Molti fra loro, ed è questa la ragione per la quale scrivo, hanno vaticinato sentenziato tagliato a colpi d’ascia, prima dell’inizio del campionato; tredici su venti, fra costoro: Igor Tudor sarà il primo esonerato dopo un inizio disastroso per l’Udinese. A ruota, Juric.

Almeno io mi professo testa di calcio; almeno io, che sono nessuno, mi cullo nei miei limiti tattici e prendo il calcio per quel che è: un giuoco.

Fossi stato il ventunesimo, avrei esclamato (nel ludibrio generale): Giampaolo!

Perché? Ma è ovvio, signor mio! Al contrario di chi sosteneva (fra i suddetti) ‘finalmente il Milan avrà un gioco brillante’, non conoscendo il carattere dell’abruzzese di Svizzera, mi aspettavo un epilogo così triste (magari non proprio dopo sette gare). Introverso, quasi scostante, era addirittura fuggito da uno dei precedenti impegni, anni fa, trovando solo dopo un accordo per la risoluzione del contratto. Marco ha bisogno dell’amore di una piazza, della dedizione dei propri giocatori, cosa del tutto impossibile in una grande città. Dove ha chiesto a Piatek, inibendone la verve e bagnandone le polveri, di allontanarsi dall’area per giocare con la squadra. La vulgata di Milanello narra che, non trovandolo in ritiro, la ricerca dell’ormai ex-allenatore milanista lo aveva finalmente rintracciato disteso sul campo da calcio, al buio, mentre si fumava un sigaro. Difficilmente allineabile.

Impossibile non capirlo prima, per chi col calcio ci campa; anzi, inaccettabile. Bisognerebbe disabituarsi a carezzare i propri ‘groupies’, dimenticando il messaggio, che viene forse da troppo lontano, dei nostri nonni giornalisti che si inimicavano spesso i giocatori non avendo avuto l’ipocrisia di parlarne bene ‘n’importe quoi’. E dire quel che si pensa. Senza parlare di ciò che non si conosce.

E Igor?

Lo ripeto alla nausea: è un dalmata. Fa il suo lavoro, si lascia scivolare addosso tante delle critiche e se deve rispondere a muso duro lo fa. A noi, ai suoi giocatori, a tutti (‘è soddisfatto, immagino di sì, della gara di De Paul?’ – risposta: ‘no’)

Ed è ancora lì: magari fra un paio di insuccessi anche lui vedrà ringraziato ‘l’impegno profuso’, ma ad oggi è saldo al suo posto. A Udine ha sistemato la fase difensiva, e se Rodrigo si accorderà con De Paul presto anche quella d’attacco performerà. Ed allora, questo sì ha vaticinato il sottoscritto, una salvezza tranquilla arriverà senza troppi patemi. Alla faccia di chi, come il centravanti dello scudetto granata che anche a Udine ha broccolato ed oggi, per ragioni lavorative, smania per il bianconero di seconda mano da Vinovo, ha messo l’Udinese in pole per la retrocessione. Abbraccio anche lui.

In fondo il calcio si dimostra sempre di più uno sport semplice, per persone pragmatiche. Rimango in Italia: Allegri ha trionfato col suo gioco conservativo, Conte punta sul carattere dei dieci euro se non arrivano i cento; anche Sarri non è più il ‘Fidél’ dei primi anni a Napoli. Il primo vero maestro di calcio che ce la fece, forse l’unico, è stato Arrigo Sacchi. Zeman è stato un sogno per molti fra noi, ma segnare 70 gol e prenderne 70 non gli ha giovato troppo. Il più sottovalutato fra i ‘professori’, secondo me (ma il suo calcio doveva molto agli interpreti) è stato Francesco Guidolin. Ma è storia nostra e non ci torno sopra, pena le lacrime.

Settimana utile, al netto di quattro licenziamenti fra massima serie e cadetteria, per sapere dal responsabile messo a guida di una squadra di calcio da un fondo comune, che l’intervento economico del medesimo ha salvato il Milan dalla serie D.

Tautologico o sciocco? Semplicemente la traduzione in ‘finanziese’ del nostro vecchio ‘no son bês’. Il paese-mondo.

Mi tengo Tudor. Tutto sommato è ben differente da chi lo ha giudicato (e malcompreso, tipo me) senza conoscerlo. Non sarà un maestro, ma forse a questo calcio basta e avanza.

© foto di Daniele Buffa/Image Sport
Sezione: Primo Piano / Data: Ven 11 ottobre 2019 alle 19:31
Autore: Franco Canciani
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