Vittoria sul Benevento e Hellas che veleggia verso l'Europa grazie alla doppietta di Antonin Barak. Prima con un gol da vero bomber d’area di rigore raccogliendo un cross al bacio di Zaccagni e poi, su suggerimento di Dimarco supera Montipò con una conclusione di esterno. Due colpi da giocatore importante, quello che a Udine non ha voluto essere.
Eppure sembrava un acquisto azzeccato, il classico crack in stile Udinese. Infatti i primi sei mesi sono super: prestazioni da voti alti e valore di mercato alle stelle. Poi da quella maledetta trasferta a Torino dà inizio ad un continuo declino. Qualcosa che nella testa cambia, forse le sirene dei grandi club, forse la voglia di lasciare subito Udine per una big. Si percepisce che non è più la stessa cosa. Poi un lungo (possiamo anche dire misterioso) infortunio alla schiena lo tiene fuori un anno. L'Udinese lo cura, lo aspetta, punta su di lui per il rilancio. La società crede che possa tornare ad essere l'uomo in più di questa squadra, il vero jolly nella mediana. La cosa però non va e non è questione soltanto di condizione fisica.
Sulle qualità del ceco non ci sono mai stati dubbi, sulla sua voglia invece sì. Dopo l'infortunio Barak non è più quel giocatore che aveva impressionato, sembra uno che ha deciso di tirare i remi in barca, che ha scelto di non giocare più per l'Udinese. Sei mesi da comparsa, tanto che si parla di screzi con la dirigenza, di un rapporto incrinato. Poi via a Lecce in prestito, con Marino che non ha parole tanto dolci per lui: "Veniva ogni settimana per chiedere di andare via, provateci voi a trattenere giocatori che chiedono costantemente la cessione. Non sappiamo se potrà rientrare nel progetto Udinese dopo il prestito al Lecce perché quando è andato è andato via in grande polemica con la società. Durante gli allenamenti qua tutti i valori di Barak erano sotto lo standard, contro il Torino con il Lecce mi hanno telefonato parlandomi dei valori che ha riportato, erano tutti sopra le righe, questo a dimostrazione di come l’aspetto mentale sia importantissimo".
In estate rientra, sempre svogliato, sempre con la valigia in mano in attesa di una chiamata. Si fa avanti il Verona, lui non ci pensa due volte e dice subito di sì. L'Udinese, capito che è irrecuperabile, approva quella che può essere la soluzione migliore per tutti, per il ceco e per la società. Si chiude la storia di un giocatore che poteva essere e non è stato.
Viene da chiedersi perché. Perché uno così non era motivato a Udine? Perché qui camminava in campo è altrove invece gioca sul altri ritmi?
Quando le motivazioni fanno la differenza. Colpa del giocatore, sicuramente, colpa della società, forse. Udine viene vista con un passaggio, magari rapido, una tappa intermedia per andare altrove. Così non va. I Barak qui devono giocare e dare, poi pretendere. Invece accade spesso il contrario. Giocatori che non danno niente e pretendono tutto, che ne fanno una buona e chiamano il procuratore per andare in una big. Ma le grandi bisogna guadagnarsele sudando la maglia bianconera. Udine è sempre stato un trampolino ma per gente che dimostrava. Gli Handanovic, i Sanchez, i Quagliarella, tutti calciatorii che ha giocato alla grande in Friuli e poi giustamente hanno fatto il salto in avanti. Così deve essere.
Resti bene in mente che ha fatto Barak, e come lui molti altri in questi anni. Le cause di stagioni scadenti stanno anche lì, in chi nell'Udinese non c'ha mai creduto, in chi ha messo sempre davanti l'io che il noi, in chi ha avuto poco rispetto per la società, per la maglia e per i suoi tifosi.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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