Partiamo da dove volete, ma se alla fine tirando le somme niente cambia il problema è abbastanza chiaro.
Questione di scelte.
Non contesto la scelta del buon Julio salmantino, ma quelle del buon Julio salmantino. Mi spiego.
Ho seguito il precampionato live, andandomene un paio di volte in Austria e non solo; mi si è aperto il cuore: il primo tempo contro il Benevento era esattamente quel che noi, e lui con noi, attendevamo. Palla bassa, tiki taka, possesso e pressing altissimo.
Mezz’ora.
E poi fantasmi, fantasmi su fantasmi. Una squadra che si ritira a difesa di Scuffet, senza tanta voglia di proporre calcio se non a sprazzi. E Lasagna disperso sul fronte d’attacco.
Questo filotto di ‘zeri’ nasce dalla rete di Santandér: fino a lì al Dall’Ara si era visto un dominio chiaro; di lì in poi il nulla.
Nulla contro la Juventus; poco stasera, con alcune eccezioni (De Paul con una caviglia menomata), poche sufficienze, qualche elemento in condizione scandalosa.
Parlo ad esempio di Seko Fofana, preda delle proprie insicurezze che non solo non ne fanno più ‘l’uomo del destino’, ma piuttosto un giocatore in meno. Stasera non è riuscito a mettere una palla precisa che fosse una; ha avuto un paio di contropiedi nei quali anziché aprire, come fatto ad esempio con la Samp, verso il compagno meglio piazzato ha appoggiato comodamente palla ad Allan. Il quale, purtroppo per noi, non gioca più in bianconero.
Il Napoli vince semplicemente perché è più forte, e non di poco, dell’Udinese; perché parte a tutta (a differenza dei nostri) e la mette subito in discesa dopo soli 13’, quando Behrami e soprattutto Fofana (ancora lui…) mettono in porta Ruiz per un bellissimo goal a giro.
Perché dopo mezz’oretta a tutta si ritirano e lasciano (fino agli ultimi 15’) qualche palla ai friulani di Velàzquez, sterilmente ed invano.
Finisce 0-3. Troppo severo? Non lo so, ma troppo spesso Udinese ed avversaria praticano sport diversi. A causa di cosa?
Forse di un non-pensiero circolare, che parte da Stramaccioni ed arriva al salmantino.
Una squadra che s’intristisce, racimolando risultati sempre più modesti e rischiando, quest’anno sì, la relegazione nella serie cadetta.
Un portafoglio giocatori che cambia, ma alla fine il prestidigitatore che ‘carta vince, carta perde’ faceva sparire la palla per farla riapparire in rete non gioca più e oggi in porta non ci va più nessuno.
Una difesa emozionante, un attacco deprimente e tante gare perse in casa come neanche una squadra di amatori. Qualcuno spieghi a chi di dovere il concetto di genius loci e la maniera per farlo irritare.
Una serie di allenatori quantomeno discutibile, e affermando ciò non sto crocifiggendo la società ma snocciolando dati di fatto. Via Guidolin (e non volevo, per ragioni mie nemmeno nominarlo) per la gioia di troppi sciocchi, abbiamo ospitato nell’ordine il ragazzo; il guidatore di autobus; il ripartente; la parentesi felice con un friulano come noi, seguito dall’unico che sarebbe valso la pena di difendere (ma dopo duecentosedici sconfitte di fila era impossibile). Velo pietoso sui rapidi subentri, ultimo tra i quali l’incredibile coppia che ci ha guidati nelle campagne di Verona e Bologna per l’immeritata salvezza dell’anno passato.
Sconfitte, sconfitte, sconfitte; eppure il pensiero positivo di don Julio, che abbraccerei con tenerezza da fratello maggiore, perché continuo ad ammirarne la dedizione al lavoro ma gli rimprovero d’aver lasciato da parte troppo presto le proprie idee.
Stasera l’Udinese è apparsa sempre la stessa: in porta ci arriva anche, ma la rete non la gonfia. Mai.
Merito (?) di un comportamento piuttosto sulle sue dei nostri, dieci dietro la linea della palla con Pussetto ripiegato a difendere su Dries assieme a Ekong, giubilato presto per fare spazio all’esordio di Opoku. Confusione, causata (dico con la morte nel cuore) da chi ha dato loro le disposizioni.
Ci sarebbe voluto altro per cavar punti dal Napoli, squadra costruita ad immagine e somiglianza di Carletto Ancelotti: egli lascia la fantasia al potere davanti, ma in mezzo e dietro ci fosse da menare lo si fa e basta. A proposito: Mariani non è bravo abbastanza da vedere il piede a martello di Milik su DePaul (l’ho incrociato dopo la gara e faceva fatica a camminare a causa del gonfiore alla caviglia); il/la VAR gli tende una mano, lui osserva frettolosamente le immagini e decide di non farsene niente: un mediocre. Sono stracerto che se tale intervento l’avesse fatto Behrami su, chessò, Callejon o Dybala esso stesso (Mariani) avrebbe estratto il doveroso rosso. Non sono però d’accordo che questo abbia cambiato la gara, il Napoli stasera avrebbe vinto anche in nove contro undici.
Sapete cosa mi rende ancora più triste? Che per l’ennesima volta mi dica da solo ‘beh non è stasera che dovevamo far punti’. Andate a dirlo a Genoa, Parma o S.P.A.L.
Ho ancora fiducia in Pradé; ciò non toglie che per l’ennesima stagione, in pieno non-pensiero circolare, il treno partito dall’Austria a luglio o cambia il passo, oppure ancora una volta la stazione d’arrivo sarà un quindicesimo posto o giù di lì, roba da arrivare in coda anche in una teorica classifica di mediocrità.
Va bene, basta la salute. E lavoro, del quale non mi lamento e che mi ha tolto il tempo per scrivere qualche pezzo un pochino polemico. Poco male, avrete da leggere comunque.
Non so quanto a lungo durerà l’avventura dell’ex Alcorcòn sulla panca friulana, lui e i match analyst che ormai ci fanno compagnia con urla ed invettive durante tutta la gara: ma gli auguro quantomeno un’altra gara con la nostra squadra, se non altro perché non vorrei che il suo ultimo ricordo fosse la sostituzione di Nuytinck con Molla Wague sullo 0-3.
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