No ai playoff. L’ultimo Consiglio Federale li ha introdotti, assieme ai playout, come piano B: in caso di nuova sospensione del campionato, via a fasi brevi di spareggi, sia in alto che in basso. Una soluzione gradita, non è un mistero, al presidente Gravina. Comunque meglio del piano C: fermare tutto, cristallizzare la classifica, arrivederci e grazie. Il massimo campionato, però, non apprezza: grande scetticismo in generale, molti club (praticamente tutti) preferiscono addirittura lo stop definitivo alla conclusione della stagione con questa modalità.
Eppure risolverebbero tanti problemi. Che i playoff siano un piano B è ovvio: se si può, tutti vorrebbero tornare a giocare in modo “regolare”. È altrettanto evidente che, in ogni caso, sarà un tirare a campare, portare in porto la barca a costo di tanti sacrifici e mille difficoltà. Uno su tutti: giocare ogni tre giorni. Un tour de force impressionante, al quale nessuna squadra è davvero pronta e che mette a rischio l’integrità dei calciatori (il boom di infortuni in Bundesliga lo dimostra). E la rincorsa continuerebbe: conclusa la stagione 2019-20, via a quella 2020-21, senza di fatto fermarsi mai. Perché in fondo c’è l’Europeo. Con questi ritmi, chissà come ci arriveremmo. Accorciare la strada da fare aiuterebbe eccome: meno partite, niente ritmi infernali, più possibilità di recupero. Anche in caso di quarantena per una squadra: dato che il CTS non pare intenzionato a fare sconti, tempistiche meno serrate permetterebbero anche una sorta di stop and go che altrimenti sarebbe impossibile e impedirebbe di portare a termine la stagione. Senza dimenticare che finire prima consentirebbe una preparazione più adeguata per la stagione a venire.
Non solo. I contratti e i prestiti in scadenza al 30 giugno sono un ostacolo molto complicato da superare. Ricorrere al format breve dei playoff/playout non lo risolverebbe di certo, ma lo attenuerebbe a livello numerico: banalmente, i casi in sospeso sarebbero molti meno e la proroga riguarderebbe un periodo di tempo più limitato (solo luglio?). Inoltre, finire il campionato con un certo anticipo permetterebbe alla Serie A di non perdere troppa strada anche sotto altri fronti rispetto alla Ligue 1 (che, già ferma, sul calciomercato avrà un netto vantaggio in termini di tempo) e alla Bundesliga (che salvo sorprese finirà il 27 giugno). Quanto alle TV, sarebbe più facile immaginare una conciliazione. È vero che perderebbero un certo numero di partite, ma la domanda è un’altra: delle 124 che si dovrebbero disputare da qui alla fine, quante sono davvero appetibili a livello televisivo? Delle sfide di metà classifica, senza obiettivi, alle 17 di metà luglio e a porte chiuse, le TV potrebbero realisticamente fare anche a meno. Un pacchetto più ridotto di gare più combattute potrebbe invece riaccendere l’entusiasmo.
Non si cambiano le regole in corsa. È il mantra di chi contesta l’idea di completare la stagione attraverso playoff e playout. Ed è un discorso comprensibilissimo: nessuno l’avrebbe voluto, torniamo al punto di partenza. Siamo dove non saremmo mai voluti essere. E per tornare a casa dobbiamo trovare soluzioni che non avremmo mai immaginato. Non ci spingiamo a dire che il piano B sia migliore del piano A, per quanto risolverebbe molti più problemi che invece quest’ultimo pone. Ma non si capisce perché debba essere addirittura preferibile il piano C.
Sono un’idea anche per il futuro. Qui il discorso cambia, perché, pur non accendendo molte simpatie, i playoff/playout sono una possibile soluzione anche per la stagione 2020-21. Alla quale abbiamo l’obbligo di farci trovare pronti, per non rivivere questi mesi convulsi. Non sapremo come inizierà, se arriverà la seconda ondata di pandemia o meno, ma forse conviene prepararsi al peggior scenario possibile e sperare che non si verifichi. Ispirarsi (il paragone sia preso con le pinze e con le dovute differenze, ovvio) al modello NBA coniugherebbe tante esigenze: nel nostro caso, potrebbe coniugarsi in regular season da 19 gare (un girone) e poi via ai playoff e ai playout. Anche “modulati”: spareggi Scudetto, spareggi Europa League, spareggi salvezza. In serie, come avviene nel basket americano appunto, non in gare secche come siamo abituati a immaginare gli spareggi a queste latitudini: al meglio delle 3, delle 5. Di quello che si riterrà più utile perché prevalga il merito. Renderebbe più spettacolare un campionato che troppe volte ha espresso verdetti già immaginabili a inizio stagione e ridurrebbe il carico di gare in previsione di nuovi stop and go dovuti alla pandemia. Non discuterne, quantomeno, sarebbe un errore.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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