Metto le mani avanti: ho visto la gara senza audio, da un telefonino ed in un posto non certamente rilassante. Pazienza, verranno tempi migliori che un buco della serratura da cui scorgere, niente di più, la gara.
È stato difficile cogliere in toto le spaziature e i comportamenti in campo. Qualcosa, però l’ho visto.
Trieste vince grazie ai due elementi acquisiti per dare spessore a una formazione che vuole ritagliarsi uno spazio permanente in massima serie: il play Chris Wright (che abbraccerò sempre, anche in maglia biancorossa alabardata, per il coraggio che mostra fregandosene della sua malattia) che tiene a galla i suoi quando la difesa giuliana capisce poco e nulla degli attacchi friulani; Jamarr Sanders, che contro Udine inizia da dove aveva finito, scagliando meteoriti dall’arco dei 6,75 (17 i punti a referto).
Ma è capitan Coronica a mettere il sigillo alla vittoria dei suoi: Trieste mette il naso avanti quando Udine finisce le batterie, ed è il venticinquenne a trascinare i rossi nello strappo decisivo. Se Andrea non indossa becere magliette post-derby diventa un gran bel giocatore ed un’arma tattica quasi imprendibile.
Trieste si piazzerà bene in A1; se debbo spendere un gettone su chi per me lascerà la compagnia accomodandosi in seconda lega, direi purtroppo Vuelle Pesaro. Ma deve imparare (e Dalmasson in questo sarà maestro) a difendere, esercizio che ieri sera è riuscito modestamente; specie sotto le plance Knox e soci hanno sofferto, forse per l’assenza del mio Peric e di un Matteo Da Ros ancora infortunato.
E Udine, chiederete?
È difficile, lo so: ma chiedo a tutti di lasciar perdere il risultato. Mai come ieri sera è contingenza pura, dovuto all’ultimo quarto in cui i bianconeri mollano vistosamente la presa, lasciando campo e cori all’avversaria. Focalizziamoci, invece, su cosa funziona meravigliosamente e analizziamo cosa ancora bisogna affinare (sono pur sempre due settimane scarse di collegiale!).
Cosa va alla grande? L’attacco. Okay, per tre quarti la GSA ha tirato con percentuali aliene, ma quel che mi piace (e mi aspettavo) è l’amplissimo spettro di scelte che coach Demis ha a disposizione: Trevis, Riki, i due play (meglio Spanghero di Penna, ma stiamo parlando di una gara d’allenamento pur se disputata con impegno dalle sue formazioni) ma anche capitan Maurino, Nikolic, Totò e soprattutto senator Powell rendono le opzioni udinesi numerose e difficili da leggere per le difese avversarie. E sotto canestro la batteria bianconera è assolutamente dominante per la categoria. Ieri Trieste ha deciso di stringersi sotto, temendo Ciccio e Chris (con Marshawn in subordine); ciò ha dato spazio alle contraeree friulane, che hanno bombardato il ferro con costanza e rendimento. Ieri sera abbiamo chiaramente visto cosa significhi tirare da fuori con gran speranza di riuscita, anziché farlo come ultima ratio d’attacco. I tanto decantati punti nelle mani di cui parlano molti rivolgendosi alla GSA (verità) non possono, né debbono essere considerati una somma algebrica; ma le percentuali al tiro, le medie e l’attitudine ottenute dai nuovi esterni A.P.U. nelle stagioni precedenti parlano chiaro.
Per rimanere in scia Trieste si è affidata spesso ad un quintetto americano o quasi (Fernàndez è argentino di scuola statunitense), segno che Udine è squadra annoverabile in prima fascia nel campionato cadetto. E Trieste, ripeto, finirà facilmente il campionato che sta per iniziare fra la fine della Side A e l’inizio della Side B nel rango. Detto che, però, dovrà lavorare tantissimo sui meccanismi difensivi, ancora piuttosto allegri.
Ecco, la difesa.
Abbiamo passato tre stagioni a difenderci, costringendo l’avversaria a score bassissimi e prevalendo talvolta con punteggi da minibasket. La Udine di Lardo (che saluto) era avvinghiata al proprio nucleo di difesa del canestro. Molti amici baskettari stanno mettendo un pochino all’indice la GSA di coach Lino, dimenticandosi che era costruita per uno scopo, e quello scopo ha raggiunto brillantemente. Si è voluto cambiare e le prime uscite dicono che si vede, eccome!, la nuova filosofia bianconera; ma coach Demis sa che le gare si vincono segnando sì un cesto più dell’avversaria, ma difendendo comunque alla morte.
La difesa, a differenza dell’attitudine a segnare (che è istintiva) si educa, si allena e si affina. Ieri sera ho scorto, da quel buco di serratura elettronico, che i ragazzi si conoscono ancora troppo poco per darsi una mano in maniera efficace. Abbiamo concesso tanti canestri facili all’avversaria, ma è obiettivamente inevitabile in questa così preliminare fase della preparazione. Quando esterni e centri si capiranno di più, sarà in ogni caso difficile segnare a questa squadra, che accoppia qualità fuori e fisicità ed esperienza sotto.
Udine infine ha gettato al vento un paio di contropiedi che l’avrebbero portata a +12, dando una mazzata anche psicologica all’avversaria. Questione di gambe pesanti e teste confuse da tante nozioni apprese negli ultimi dieci giorni di allenamento.
È basket d’agosto, definizione che a differenza del calcio calza a pennello ad uno sport che aprirà i campionati ad ottobre. Le squadre si stanno formando, amalgamando e compattando, mostrando però segnali importanti se non ancora i propri muscoli.
E ieri sera ho visto due gran belle formazioni di pallacanestro.
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