Non ho commentato la gara di Bergamo avendone visto solo un tempo, impegnato a radio commentare la sconfitta della GSA al Carnera.
Devo essere onesto: l’Atalanta corre sulle ali dell’entusiasmo ma senza Iličić è una formazione diversa; Super-Musso aveva tenuto al largo le folate avversarie. Ci sarebbe voluto un episodio per cambiare l’inerzia.
O tre: Rodrigo colpisce il palo. Sandro prende scioccamente Masiello causando il più evitabile dei rigori (gli avversari non ne sbagliano cinque come noi); Nuytinck devìa incolpevolmente nella propria porta un tiro di Pasalic. Game over.
Alla fine è sempre, o quasi, la stessa storia da troppi anni: segno che le colpe dei trainer sono modeste e limitate.
Questione di piglio: la Biancanera si offre come vittima sacrificale appena un episodio (Roma, Lazio, Atalanta) sbilancia la stadèra; fa eccezione la serata di San Siro, quando la rete salvata da Opoku è stata tramutata nel contropiede Okaka-Fofana-Lasagna che ha equilibrato le sorti.
Tanto va così: tanto cambia nulla, questo anche i friulani lo sapevano prima ancora di scendere in campo. Lo confermava oggi il presidente dell’Empoli, Corsi: osservando, il patròn toscano, come Iachini abbia solo parzialmente sfruttato il lavoro di Andreazzoli; il quale, richiamato, si è trovato una squadra bollita che tiene, ad andar bene, un tempo o anche meno.
La prossima giornata di campionato, nella quale l’Udinese ospita l’Internazionale nella soirée di sabato, al Castellani scende la Fiorentina di Montella: il quale ostenta tranquillità mentre attorno a lui il mondo viola collassa acuendosi il dissidio fra le curve e la proprietà.
L’Udinese è assoluta padrona del proprio destino, anche se non sarebbe incredibile trovarsi l’Empoli a un solo punto domenica sera. Le ultime tre gare dei bianconeri assomigliano tanto a quelle dello scorso anno: si troveranno una (quasi?) retrocessa e due squadre tranquille tranquille, una in casa e l’altra nella splendida Sardegna.
Però che amarezza: ormai quasi rassegnati, per l’ennesima volta l’Udinese si trova in una posizione che devasta il morale, la passione, il cuore di donne e uomini che la seguono, questa squadra; che hanno imparato a non chiedere nulla, ma che andrebbero ripagati, lo diciamo per la cinquecentesima volta, non solo recitando il mantra di ‘avete goduto Bierhoff, Amoroso, Totò…’.
Però che amarezza: sapere che dietro alla prima squadra, di suo modestamente performante, si agita (poco) una formazione Primavera retrocessa per totale e manifesta inferiorità rispetto alla concorrenza. Ultima, ultimissima, capace di segnare pochissimo e subìre tantissimo. Insomma nemmeno la classica invettiva del tifoso deluso, ‘fate giocare la Primavera al posto dei titolari!’, si attaglia alla situazione.
Le soluzioni sono teoricamente facili, ma saranno applicabili? Trovare l’ossatura di una squadra, pochi innesti ma mirati, qualche scommessa va anche bene; un allenatore di prospettiva con un’idea di gioco precisa che vada sostenuta con gli inserimenti di cui sopra. Una figura tipo De Zerbi, o un giovane DI Francesco, cui venga concesso tempo per sviluppare le proprie idee senza iniziare a metterlo ‘sotto’ alle prime titubanze.
Criticare tanto per farlo è assolutamente sterile; osservare l’incongruità di novantadue sconfitte nelle ultime 184 gare, invece, ci pare del tutto normale. Normale.
In un mondo normale non è infatti ‘lesa maestà’; né volontà di sminuire le capacità di chi, la società bianconera, gestisce da un trentennio. È solo la sportivissima inclinazione a sperare per il meglio, per tonare a gioire di un campionato non vincente, ma soddisfacente. E la corsa al quintultimo posto, mi perdoneranno i manovratori, non lo è.
Tanto va sempre così: nelle più recenti edizioni della massima serie il livello sta scadendo sempre più velocemente, se è vero (com’è vero!) che chi vince lo scudetto avrà accumulato un vantaggio sulla seconda, nel combinato degli ultimi otto anni, di un paio di centinaia di punti.
E più si scende di rango, più le cose si fanno modeste. È per questo che basterebbe così poco per…
Per evitare di commentare, rassegnati e privi di entusiasmo: ‘Udinese, tanto… va così.’
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