La vita è fatta di alti e di bassi. Il Marchese del Grillo diceva “Il mondo è fatto a scale, chi le scende e chi le sale.” E lui, Giampaolo Pozzo in arte “Il Paron” ne ha fatti tanti di gradini, in su specialmente, ultimamente anche in giù.
Prese un'Udinese vicino al fallimento, con nove punti di penalizzazione sul groppone e rimase nel gruppo, cercando di fare acquisti ad effetto, come quasi tutti i presidenti dell'epoca. Tanta B e poca A, tante delusioni e tanti allenatori. Forse i più giovani non si ricordano, ma prima di Zamparini, il mangia-allenatori più celebre era proprio lui: Giampaolo da Udine.
Esplosivo, emotivo e lamentone come ogni tipico tifoso furlan, cambiò molti allenatori, da De Sisti fino a Galeone, passando addirittura per Milutinovic. Forse fu proprio lì che imparò a distinguere fra il nome e le capacità. Gente affamata come Fedele, Buffoni, Bigon, Sonetti fece meglio di nomi di grido.
Poi il cambio di tendenza, ecco che Pozzo scatta e allunga sul gruppo dei presidenti, si affianca a gente come Anconetani e Rozzi e lascia a casa un vincente Galeone per dare la panchina a uno semi sconosciuto Zaccheroni. Allora i commenti furono ben peggiori e ben meno signorili di quanto si sente in questo periodo sul “povero” Iachini.
Si succedono anni di partite mozzafiato, appuntamenti con la storia che, anche se persi, valgono più di mille vittorie. Su tutti la doppia partita contro l'Ajax (specialmente il ritorno a Udine, una delle lezioni di calcio che non dovrebbero mai, e dico MAI mancare a qualsiasi giocatore o allenatore) e lo spareggio Uefa vinto sulla Juve della premiata Triade. Goduria che nemmeno il sesso può darti!
Il Paron ha l'occhio allenato, capisce, vede, sintetizza quello che gli altri non riescono. Quei quattro anni non rimangono una parentesi, bensì la genesi di quel libro sacro manageriale che porta l'Udinese ad essere l'ottava sorella della serie A (le statistiche dicono addirittura la quinta, se non erro). Zaccheroni, Guidolin, Spalletti, Marino ed ancora Guidolin; Bierhoff, Amoroso, Quagliarella, Di Natale e Sanchez. A scrivere questi nomi mi vengono le lacrime dall'emozione.
Poi il gioco diventa più grande, i confini si espandono: prima in Spagna e poi in Inghilterra. Ora i soldi si fanno oltremanica, la Pozzo Family è un po' una Spa del calcio. E' normale che gli interessi siano lassù, non è normale che l'Udinese sprechi plusvalenze per problemi gestionali invece che sportivi.
Il Paron è ancora lì, dice che ha demandato ai figli, gli anni si fanno sentire. Però quando le critiche imperversano, lo troviamo sempre a fare da parafulmine. Gli ultimi tre anni rappresentano un'era, nel mondo veloce del calcio. Se non un'era, un'età… l'età dei piedi di piombo, mi verrebbe da dire con un pizzico di umorismo. Ma tre anni non possono rovinarne trenta.
L'Ultima partita di campionato potevo tranquillamente andare in tribuna stampa. Ho pensato invece che volevo rendere omaggio a tre grandi giocatori dalla curva. E' stata un'emozione nuova, contraddittoria per un individualista come me, ma magnifica! La ricorderò a vita; sono pochi i cori che non ho cantato fino a perdere la voce. Uno di questi era “Devi spendere.” Perché sì, sono un “pozziano”, per me le squadre migliori le fai quando spendi poco, quando prendi gente con fame & talento. L'organizzazione e la mentalità non costano, sono gratis. Vorrei rivedere quell'Udinese, di giovani, di talenti dai piedi buoni e dalla maglietta perennemente sudata.
Ma questo è altro… oggi è il compleanno del Paron. Viva il Paron!
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