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Arslan, storia di un gregario Dottore al servizio dell'Udinese

di Alessandro Vescini

Con la Juventus è terminata l'avventura di Tolgay Arslan con la maglia dell'Udinese. Non di certo uno che ha lasciato il segno a suon di gol (solo 5 in 101 presenze) ma quando è arrivato il momento di dirsi addio il senso di nostalgia è cominciato a salire dallo stomaco dei tifosi friulani fino agli occhi. Perché Arslan è stato il gregario ideale a servizio dei vari De Paul e Deulofeu. Non che non riuscisse a seguirli tecnicamente, sia chiaro, ma perché portava quantità ed equilibrio, fondamentali per permettere ai numeri 10 di essere liberi di creare. 

Duttile a dir poco (65 partite da mezzala, destra e sinistra, e 26 da mediano in Serie A ne sono la dimostrazione) si è sempre messo a disposizione. "Per quanto riguarda il mio ruolo ho giocato dieci anni come regista, sarei pronto a dare una mano alla squadra se ci fosse necessità", aveva dichiarato dopo la squalifica di Walace. 

Non solo in campo ma anche nello spogliatoio una presenza non autoritaria ma fondamentale, soprattutto con i più piccoli come Samardzic: "Dal primo giorno mi prendo cura di lui, è come se fosse mio figlio. È un grande giocatore, penso che farà una grande carriera. Deve essere forte mentalmente e per questo gli sono vicino".

E poi fuori dal campo, dove Arslan si toglie le vesti da gregario per indossare quelle da Dottore, vista la Laurea in Sports Business Management: "Non volevo accontentarmi. L’ho fatto innanzitutto per mia moglie Jana che è laureata e insegna storia e tedesco. Lei ci teneva, ma ci tenevo innanzitutto io che penso ogni giorno al mio futuro, alla mia company immobiliare, a un domani extra calcio". Ragionamento di uno che sa che darà tutto sul rettangolo verde e che, quindi, non può pensare al calcio fuori.

In conclusione, l'addio di Arslan non sarà di certo quello più rumoroso ma sarà uno di quelli che, a distanza di anni, lascerà un sorriso sul volto dei tifosi quando sarà ricordato il suo periodo in bianconero. 


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