Vince Bologna: orgogliosi della GSA
Scrivo con notevole, ma non colpevole, ritardo della gara che ieri sera la GSA ha perso al Madison di Piazzale Azzarita, contro una Fortitudo esperta, cattiva e dura più che bella.
Scrivo in ritardo perché mi sono voluto rivedere la gara, con calma e senza frenesie; ieri sera volevo evitare di metter giù righe sull’onda emotiva della partita, ché tanto la cronaca ve l’hanno fatta in tanti. Onestamente però della gara non ho voluto leggere né sentire nulla.
Cosa ne traggo? Onore. Orgoglio. Determinazione.
Inutile nascondersi dietro un dito: quando si concedono 40 rimbalzi (31 per noi) e troppe seconde conclusioni nel pitturato ad una formazione esperta in cui, per alcuni tratti, il più giovane era il trentenne Legion difficilmente la si porta a casa. Eppure Udine si era issata, a un quarto d’ora dalla fine, ad un incredibile +11.
Incredibile, sì: con Veideman a casa; con Pinton inarruolabile, e Ferrari stoico ma impossibilitato a giocare più di cinque minuti. Con Ciccio e La Torre scavigliati, e Benevelli che dopo una settimana senza allenarsi mette 16 pezzi.
Ma lì, sulla spinta dei 5000 del PalaDozza, inizia il quarto d’ora bianco blù che, complice qualche errore di troppo, fa 14-2 e gara di nuovo in equilibrio.
E lì Udine, che comunque talvolta stacca la spina e sciupa quanto di buono fatto nel resto della gara, non ha avuto forza nelle gambe ed energie mentali per risalire quando Legion, Mc Camey e (!) il rodigino Italiano hanno scavato un solco che alla fine si sarebbe rivelato determinante.
Udine ha avuto poco dai centri: cinque punti (Pellegrino, zero Mortellaro), undici rimbalzi ancorché spesso poca tutela sulle mazzate dei lunghi di casa, di gran lunga i meno tecnici della formazione del simpatico Boniciolli. Simpatico, perché ormai ha deciso di non stringere la mano agli udinesi. Ad iniziare dal solito, educato Lino che abbozza, lascia fare e se ne va mentre il collega si rivela un ultrà fatto e finito. Ce ne faremo una ragione; peccato perché come allenatore non mi dispiace.
Boniciolli ha un grande merito: essersi divorato Mc Camey, che nel primo tempo è stato tecnicamente massacrato dagli esterni udinesi, ed averne tratto il massimo nel momento nevralgico della gara. Bravo lui: fortunato, e molto, ma anche bravo.
Bologna vince perché nella ripresa il quasi trentacinquenne Guido Rosselli, ex-cugino Virtus sceso di categoria, sfrutta lo psicodramma di Kyndall Dykes (troppo impegnato a parlare e poco a giocare bonito) e lo cancella. Con un KayDee normale (da 9 il primo tempo, da 5 la ripresa) forse la si portava a casa. Forse: o forse no.
Dykes deve imparare a gestire l’emotività, detto che comunque l’ambiente della Fossa influenza tutto e tutti. E arriviamo, brevemente, all’arbitraggio: scadente, e lo avrei detto anche se nell’ultimo quarto i sette incredibili errori che hanno penalizzato Udine (due sviste a sfavore dei domestici) fossero stati sette vantaggi. E tralascio le mannaiate dei vari Chillo, la violazione di passi con perno appoggiato a terra sanzionata a Dykes ed altre piccole amenità viste nel primo tempo. Un arbitro di basket, me lo diceva un loro collega, si vede in un quarto decisivo lottato punto a punto: se la trimurti è in grado di giudicare con un metro obiettivo la gara allora ci siamo. Ma il campo Fortitudo è qualcosa di unico nel panorama cestistico italiano: per me vale otto punti a gara, e non voglio dire di più. solo così mi spiego il quinto fallo a Dykes (strapazzato dall’avversario due secondi prima), un fallo in attacco a Mortellaro quasi comico, la tutela da panda riservata a Legion (che contro Udine non ne ha bisogno, trasfigurandosi al tiro), il mancato fischio su Mortellaro che depositando a cesto si è visto la mano amputata.
Càpita: a Bologna sempre, e Mantova (sette giorni fa) lo sa bene. Ci sarebbe voluto un roster più completo, con il quale (con Cinciarini assente) Udine avrebbe secondo me vinto, e bene.
Ma se, ma, forse non fanno parte del DNA dello sportivo, che di fronte al muro di tifo biancoblù ed alla prestazione dei bolognesi in campo deve solo togliersi il cappello.
La Consultinvest va 2-0 contro Udine ed ormai il secondo posto è suo, visto e considerato che probabilmente taglieranno qualche ramo secco ed acquisiranno giocatori dalla A1 in vista dei playoff ormai in tasca; GSA deve lottare, ad iniziare da Mantova e Ravenna, per non farsi distanziare in prospettiva post-season.
Già: io sono convinto che i playoff siano alla portata, ma sarebbe opportuno entrarvi quantomeno fra le prime cinque, per evitare scomodi accoppiamenti con le formazioni provenienti dal girone Ovest.
Oggi non mi piace parlare di singoli, ma Benevelli merita una citazione per come ha giocato, debilitato, sancendo dalla lunga distanza il massimo vantaggio. In particolare però abbraccio paternamente Vitto Nobile, virgulto di Basiliano che ha dovuto giocare una gara intera da playmaker meritandosi un palcoscenico da migliore in campo. 32 minuti e 22 punti con medie sopra il 60% (peccato i due liberi sbagliati), nove rimbalzi e 28 di valutazione: chapeau, Vittorio. Mi sarebbe piaciuto avesse seguito l’esempio anche Ous Diop, che è parso giovanilmente irretito dall’ambiente non riuscendo a far emergere la fisicità e l’entusiasmo che di solito elargisce a piene mani. Si rifarà!
Bravo Lino Lardo: in settimana lo avevamo sentito sereno, anche nell’emergenza in cui la squadra si dibatteva (gli chiesi, scherzando, se avesse dovuto fare lui, il play). Per tre quarti di gara porta la Fortitudo dove voleva, nel finale gli mancano forze fresche e un po’ di fortuna.
Nota di merito per i tifosi al seguito, il centinaio di fedelissimi capitanati dal Settore D: farsi sentire nella bolgia bolognese è quasi impossibile, ma ce l’hanno fatta e per questo li ringraziamo. Settimana prossima si rinnoverà il fraterno abbraccio con i tifosi mantovani, stavolta a Udine, ed anche noi non mancheremo di accorrere a salutare i fratelli virgiliani.
Nota di demerito per quel simulacro d’uomo, indossante una felpa blu notte con scritto (?) Bologna, il quale all’uscita per cinque falli di Dykes gli ricordava, urlandogli a due metri, il supposto mestiere della mamma di Kyndall ed un discutibile paragone fra il colore della sua pelle e un prodotto umano di scarto. So che gli addetti stampa delle avversarie udinesi sono molto attenti a quel che scriviamo e non mancano di farci notare se non dovessimo esaltare i loro colori: a quello felsineo chiederei di riferire al suddetto subumano che ho conosciuto personalmente la signora Dykes, e (glielo assicuro) non è dedita al meretricio. Sulla seconda parte non mi esprimo: capisco però da dove qualche giocatore tragga ispirazione. Pessima, peraltro.