Una triste inversione: dall'Udinese spagnoleggiante di inizio stagione alla brutta copia del difensivismo di Colantuono
Altro giro, altra sconfitta. E' la quarta di fila, forse la peggiore fra tutte. Perché non c'è reazione, si subisce passivamente un Napoli che partita più facile non la poteva desiderare. L'Udinese dura poco, giusto il tempo del gol del vantaggio di Fabian Ruiz, poi una reazione confusa, anche dal punto di vista tattico, non basta per impensierire gli azzurri. Qualche occasione c'è ma la luce si fatica ad intravedere. Il solo De Paul, unico a provare a fare un salto di qualità duraturo, non riesce nell'impresa di rimettere in piedi una partita dal risultato, come sempre negli ultimi anni contro le grandi, già scritto.
Se davanti non si segna, ormai è un dato di fatto, è dietro che l'Udinese preoccupa sempre di più. Avevamo parlato di solidità tempo fa, solidità che purtroppo si è sciolta come neve al sole all'arrivo delle prime partite più impegnative. Una serie di errori a ripetizione, gravi tra l'altro, per una retroguardia che ha ripreso a fare acqua da tutte le parti. Ekong, Samir, Nuytinck, poi anche Opoku, un continuo affanno. Nove gol nelle ultime quattro partite, una media da fondo classifica, come effettivamente ad oggi è.
Una dopo l'altra tutte le certezze che avevamo trovato a fatica nelle prime giornate, quando un pizzico di ottimismo c'era a ragione tra l'altro, sono crollate. Rigettati indietro, al punto di partenza, forse anche più indietro. Perché questa Udinese sembra aver fatto un percorso inverso nella crescita, sia mentale che nel gioco. Come gamberi siamo andati all'indietro, dimenticando quanto di buono fatto e peggiorando di giornata in giornata. Questo lo si vede soprattutto nel gioco che dall'avere una chiara filosofia spagnoleggiante, che magari non piace a tutti ma che comunque poteva avere un suo perché - palla a terra, tutti i giocatori che partecipano alle due fasi - siamo arrivati ad oggi ad una brutta versione catenacciara totalmente imperniata sul difensivismo - fatto maluccio, visti i numeri - e che in attacco si affida, senza un piano corale, alle fiammate dei singol. Tutti dietro e poi palla lunga e pedalare, a meno che De Paul non inventi qualcosa.
La sconfitta di Coppa ad agosto contro il Benevento mi aveva dato più speranze, sembra assurdo ma è così. Perché almeno avevamo visto un'Udinese nuova, con idee diverse, con un progetto tattico e di gioco, che proponeva una rivisitazione del calcio totale. Poi, dopo trenta minuti belli davvero, eravamo crollati ma il problema pareva essere soltanto fisico. Oggi invece l'Udinese pare brutta copia di quella di Colantuono e del peggior Delneri. E in questo che non capisco Velazquez. Puntare su di lui doveva significare dare un taglio al passato, proporre un nuovo modo di fare calcio. E all'inizio questo si è anche visto, poi tutto d'un tratto una triste inversione di tendenza che ha riportato l'Udinese alle brutte versioni degli ultimi anni. Per un gioco del genere, ha ragione Orlando, non serviva andare a prendere un tecnico in Spagna.
Ora una nuova partita, forse già decisiva per l'ennesimo tecnico che si trova sulla graticola. C'è la trasferta del Ferraris, contro un Genoa sorprendente, capace di fermare la Juve a Torino. Non ci sono alternative, servono punti, altrimenti la classifica si fa sempre più cupa.