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Sprofondo nero

di Franco Canciani

Sprofondo nero. Già. Il bianco non lo vedo nemmeno sulle maglie anche oggi onorate non proprio al meglio.

Scrivo mentre penso, da delneriano, all’Aquileiense: modestamente incalzato dai colleghi, tirava fuori la solita litanìa di scuse dell’allenatore in difficoltà. Ed ecco la giornata sbagliata, i viaggi, l’età media della squadra. Mancavano solo il freddo temibile del Nordest italiano e, in assenza delle locuste, una bella invasione di cimici cinesi e non più viridissime. Provo pena per lui, che deve arrabattarsi a trovare ragioni tecniche nell’ennesima sconfitta del campionato: di più però per gli spettatori che ancora ci credono ed assiepano quella che, con questa squadra e queste qualità, non posso che chiamare Dacia Arena.

Io purtroppo non la vedo come lui: ed è, questa, anche la risposta a chi mi rimprovera di scrivere poco di calcio e troppo di basket: cosa devo scrivere? Cosa debbo dirvi che non sapete già? E ieri sconfitta anche la GSA. Festa.

Dovrei annojarvi con disquisizioni tecniche e tattiche sul perché oggi il Cagliari abbia vinto, quando è chiaro che di tecnico e tattico non vi è poi granché; piuttosto valori umani, personalità, intensità e voglia di portarsela a casa oggi clamorosamente sperequati a vantaggio degli isolani di Lòpez?

Noi, abituati a frequentare le zone nobili del rango nella massima serie: come possiamo digerire questa totale assuefazione di dirigenza, società, calcianti alla mediocrità di una verosimile salvezza garantita da meriti propri e soprattutto da demeriti altrui? Non parliamo di una gara vinta, o persa: sono quattro anni, forse quattremmezzo, di pochissima qualità, pochissima ambizione, quell’“arriviamo a quaranta punti” ormai lontano miraggio di una formazione che sta perdendo la sua forma. Vero quel che dice Delneri riguardo ai tanti ventenni in campo: ma gente come Danìlo, Bizzarri, lo stesso Angella, Widmer non sono proprio di primo pelo. Tra l’altro, Albano migliore in campo (in casa contro il Casteddu...) ma domenica giocherà Scuffet.

So che fra Gigi e la “proprietà” la scintilla non è mai scattata, prova ne sia che per la riconferma (automatica in casi normali) ha dovuto attendere settimane, dopo la fine dello scorso campionato. Ma se lo debbono cacciare, lo facciano: subito. Un bene soprattutto per lui. Anche prima della gara contro il Napoli. A proposito: un calciatore ex-Udinese sosteneva, ieri, come contro le grandi squadre i bianchineri tirino fuori sempre adrenaliniche gare di spessore. Si confonde, forse a causa delle antenne da cui parla: gli ricordo, cogliendo fior da fiore, che contro Roma e Juventus i cosmofriulani hanno subìto nove reti. Nove. Di cui sei a domicilio. Si confonde, il nostro, forse a causa di una maglia comune nei due colori di base fra la sua e quella attuale. Sul resto io glisso: glisso.

So che il presidente il C.d.A della società avrebbe stigmatizzato fischi e cori contro l’azionista di riferimento, imputandogli (egli) nessuna colpa. Io prendo atto. Mi piacerebbe però capire, senza malizia né desiderio che qualcuno si senta offeso, di chi siano le responsabilità gestionali di un’azienda calcistica che, da quattro anni e più, sta offrendo risultati modesti. Delneri è uno stipendiato il quale, per quanto in un posto di rilievo, dovrà giocoforza rispondere ad una strategia globale che parte dal mercato, passa per la gestione del personale e delle risorse, attraversa il marketing reale (magliette, simboli, gadget) e virtuale (diritti televisivi, rapporti coi tifosi) per giungere ai risultati sportivi, i quali influenzano gravemente la strategia dell’anno successivo, in positivo o meno.

E se queste cose le comprendo io, che non sono nessuno, figuriamoci il trust di cervelli chealmeno dal 1995 gestisce alla stragrandissima l’Udinesecalcioessepià. E lo dico seriamente, sinceramente, grato di aver visto indossare la nostra maglia uomini dallo spessore personale e professionale eccezionale. Detto che, per inciso, Zico era arrivato qualche lustro prima. Sotto altra proprietà. Assieme a Causio, a Mauro, a Virdis, a...

Io non sono nessuno: non porrò le domande che un brillante collega ha elencato nel suo pezzo. Sono nessuno: un mestierante senza arte né parte, un tiratore di lima della parola scritta; un apostrofo bianchenero apposto fra le parole “forza” e “Udinese”. Insomma, uno che dal 1973 tiene a questi colori: e lo scaricabarile è sport che non mi si confà.

Ma di certo sono uno il cui cuore si spezza nel vedere così poca garra nel difendere questi colori. Sì: perché se mi si vuol convincere che ieri, e non solo, hanno dato il 100% in campo allora fossi nei giocatori mi porrei delle domande. E le risposte non le ha Delneri, forse nemmeno Gino Pozzo. Perché ieri, assieme a Joao Pedro, non c’era nessuno dei due.

 

 


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