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L’Udinese batte il Genoa: per me è tregua

di Franco Canciani

Già, non pace. Tregua.

Dopo la fine del calciomercato mi ero permesso di defilarmi, senza giudicare troppo pesantemente chi è stato firmato in vece del partente Théréau. Buttarsi a pesce nel turbine delle polemiche e dei rimproveri mi piace poco, tanto sapete come la penso su questa società e i suoi ultimi quattro anni.

Penso, ad esempio, che da delneriano convinto mi sono trovato un coltello in mezzo alle scapole quando l’Aquileiense, in una lunga, aziendalistica intervista al quotidiano friulano di riferimento, sosteneva più o meno che il supporter bianconero non avrebbe ragione di protestare, ché “sono andati in piazza per un gol-salvezza di Gerolin all’ultimo minuto”. Ecco: l’avesse detto uno della famiglia gerente, o un loro manifesto sodale non mi sarei spostato. Ma che Gigi, che di quell’epoca è testimone diretto, dimentichi che allora (e non oggi) si veniva da un ventennio in serie C, e che per salvarsi in una massima serie a sedici formazioni e con vittorie da due punti era molto più difficile, un bel po’ mi dispiace. Avessimo avuto un Benevento o un Crotone, allora...

E siccome tutto è circolare, penso che lo stesso Gerolin sia quantomeno romantico quando chiede pazienza alla tifoseria. Lui non c’era, ma si renda conto il biondo numero quattro di un’epoca a me grata che qui, senza troppi discorsi, si è accettato che a San Siro, contro il Milan, fosse schierato Kelava. Credo ciò testimòni di una pazienza giobbesca.

Quindi tregua: dopo i primi tre punti, portati a casa oggi sotto una pioggia battente che ha appesantito il manto del Friuli, apparso in crisi solo nell’ultimo quarto d’ora di gara. Un primo tempo bello, una ripresa vissuta in nome dello “speriamo che me la cavo” contro un Genoa azzoppato e menomato da un’espulsione avvenuta alla mezz’ora di gara.

Ecco, Maresca: il direttore di gara, primo partenopeo a dirigere in serie A dall’epoca in bianco e nero del leggendario Marchese, del predecessore non ha carisma né capacità. Lo dico con tristezza, ma ogni volta che lo vedo dirigere ne colgo sempre meno piglio. Oggi in una gara agonisticamente equilibrata ha ammonito cinque da una parte ed uno dall’altra, dimenticato il secondo giallo per un intervento durissimo di Behrami; si è addormentato mentre ad un metro da lui Bertolacci entrava in malomodo, piede alto ed a martello; azzecca l’espulsione di Pezzella, che gli ruba la scena aggiudicandosi la palma di peggiore in campo a causa della nefandezza commessa all’ombra della panchina di Delneri. Insomma, diciamo che la pioggia gli ha annebbiato la vista.

Da qui a sostenere, però, come fanno molti leoni genoani da tastiera, che costui sia stato la causa della sconfitta della truppa di Juric, ce ne passa: essi, abbacinati dalla fede verso la prima squadra fondata in Italia, dimenticano che (tralasciato un tiro laterale di Taarabt) la porta l’hanno vista mai. Ma mai, mai: Scuffet può tranquillamente, se non gli piacesse il colore, rendere i guanti al negoziante, domani. Sono nuovi.

Il Genoa è il solito Grifone: ogni anno all’allenatore di turno vengono presentati ventisette giocatori nuovi, chiedendogli di farne una squadra; presi uno ad uno sono discreti, all’inizio del campionato però fanno un’enorme fatica. Juric non è un pirla, gli àuguro di cuore un campionato tranquillo: ne ha diritto lui, e gli eroici tifosi che oggi hanno cantato per cento minuti.

L’Udinese? Squadra rivoluzionata: Stryger sulla fascia, un centrocampo nuovo di zecca con il guastatore Behrami, il ceco dai piedi buoni Barak, Jankto versione 2016 ed un DePaul più accentrato dietro Lasagna e Lòpez.

Inizio energetico, rete di Jankto (ma gran merito alla coppia Lasagna-Nuytinck) e mezz’ora di dominio, nel quale fra l’altro si infortuna Lapadula (sospetta rottura del legamento crociato: forse oggi il tecnico avrebbe potuto risparmiarlo, visto il recente infortunio patito dall’ex-Milan) ed entra Galabinov, una carriera in cadetteria e seconda presenza in serie A (rete alla Juve, prima della sosta): non la stessa cosa.

Dopo l’entrata di Bertolacci, che dopo qualche minuto di VAR Maresca caccia, l’Udinese pensa di averla risolta e giochicchia, tirando a campare fino all’intervallo: errore, non pagato duramente solo perché di fronte l’avversario arriva di rado sottoporta.

E la ripresa si srotola, piuttosto noiosetta, con l’Udinese che mette in scena uno stentato giropalla e i genovesi che ci provano con sempre meno lucidità e precisione. La svolta, in negativo, la dà Pezzella, subentrato qualche minuto prima all’acciaccato Samir, entrando su Omeonga come l’interprete cattivo di “Karate Kid”: Cartellino rosso, senza dubbio.

Buon per i bianchineri che il Genoa di energie non ne ha più; buon per noi che i fratelli bianchineri scarsi, quelli che vanno a Ferrara e meritano di perdere, sono rimasti in un autogrill sull’Adriatica e i friulani, oggi, ce la mettono tutta (con poca qualità) e guidati da Bram Nuytinck soffrono tutto sommato quasi nulla.

La cosa più importante sono i punti, in una gara dai contenuti tecnici non sempre all’altezza come quella odierna. Perderne anche solo due sarebbe stato un problema: più che altro per l’autostima, visto che dietro le concorrenti (teoriche) nella lotta per non retrocedere paiono meno attrezzate dell’Udinese.

Quella bianconera non è una brutta rosa, lo dicevo in precampionato e lo ripeto oggi; manca probabilmente una punta da 15 reti, quella che nella ripresa di una gara come quella contro il Genoa prende la palla e la mette nel sacco (mortale l’errore di Kevin Lasagna sull’assist di Maxi). Questo “puntero” potrebbe essere l’argentino Maxi-già-Nara, solo quando però avrà raggiunto una forma fisica accettabile. Oggi qualche colpo lo ha mostrato, ma ancor di più la mancanza del lavoro di squadra svolto nel ritiro.

Eccellente Barak, uno che non ha lo scatto di Bolt ma quando parte palla al piede è difficile da fermare; ha anche visione di gioco, prova il tiro e si dispone con personalità all’interno della squadra: bravo.

Parimenti Bram Nuytinck, un gran bell’acquisto estivo. Dalle sue parti di palloni non ne sono proprio passati.

È l’Udinese che mi fa spasimare?No. ma se penso a quindici giorni fa, il passo avanti è evidente. Il problema, lo voglio dire anche all’amico Manuel Gerolin, è il numero impressionanti di “paso doble” messi in atto negli ultimi anni. Come direbbe Bruce, “one step up and two steps down”.

È per questo che in attesa del Milan, trasferta difficile, sospendo giudizi e graduatorie di merito (che, anzi, non farò mai): spero al più presto sia pace. Ma troppo spesso mi hanno fatto passare per fesso: per ora è tregua.

L’Udinese batte il Genoa: per me è tregua

Già, non pace. Tregua.

Dopo la fine del calciomercato mi ero permesso di defilarmi, senza giudicare troppo pesantemente chi è stato firmato in vece del partente Théréau. Buttarsi a pesce nel turbine delle polemiche e dei rimproveri mi piace poco, tanto sapete come la penso su questa società e i suoi ultimi quattro anni.

Penso, ad esempio, che da delneriano convinto mi sono trovato un coltello in mezzo alle scapole quando l’Aquileiense, in una lunga, aziendalistica intervista al quotidiano friulano di riferimento, sosteneva più o meno che il supporter bianconero non avrebbe ragione di protestare, ché “sono andati in piazza per un gol-salvezza di Gerolin all’ultimo minuto”. Ecco: l’avesse detto uno della famiglia gerente, o un loro manifesto sodale non mi sarei spostato. Ma che Gigi, che di quell’epoca è testimone diretto, dimentichi che allora (e non oggi) si veniva da un ventennio in serie C, e che per salvarsi in una massima serie a sedici formazioni e con vittorie da due punti era molto più difficile, un bel po’ mi dispiace. Avessimo avuto un Benevento o un Crotone, allora...

E siccome tutto è circolare, penso che lo stesso Gerolin sia quantomeno romantico quando chiede pazienza alla tifoseria. Lui non c’era, ma si renda conto il biondo numero quattro di un’epoca a me grata che qui, senza troppi discorsi, si è accettato che a San Siro, contro il Milan, fosse schierato Kelava. Credo ciò testimòni di una pazienza giobbesca.

Quindi tregua: dopo i primi tre punti, portati a casa oggi sotto una pioggia battente che ha appesantito il manto del Friuli, apparso in crisi solo nell’ultimo quarto d’ora di gara. Un primo tempo bello, una ripresa vissuta in nome dello “speriamo che me la cavo” contro un Genoa azzoppato e menomato da un’espulsione avvenuta alla mezz’ora di gara.

Ecco, Maresca: il direttore di gara, primo partenopeo a dirigere in serie A dall’epoca in bianco e nero del leggendario Marchese, del predecessore non ha carisma né capacità. Lo dico con tristezza, ma ogni volta che lo vedo dirigere ne colgo sempre meno piglio. Oggi in una gara agonisticamente equilibrata ha ammonito cinque da una parte ed uno dall’altra, dimenticato il secondo giallo per un intervento durissimo di Behrami; si è addormentato mentre ad un metro da lui Bertolacci entrava in malomodo, piede alto ed a martello; azzecca l’espulsione di Pezzella, che gli ruba la scena aggiudicandosi la palma di peggiore in campo a causa della nefandezza commessa all’ombra della panchina di Delneri. Insomma, diciamo che la pioggia gli ha annebbiato la vista.

Da qui a sostenere, però, come fanno molti leoni genoani da tastiera, che costui sia stato la causa della sconfitta della truppa di Juric, ce ne passa: essi, abbacinati dalla fede verso la prima squadra fondata in Italia, dimenticano che (tralasciato un tiro laterale di Taarabt) la porta l’hanno vista mai. Ma mai, mai: Scuffet può tranquillamente, se non gli piacesse il colore, rendere i guanti al negoziante, domani. Sono nuovi.

Il Genoa è il solito Grifone: ogni anno all’allenatore di turno vengono presentati ventisette giocatori nuovi, chiedendogli di farne una squadra; presi uno ad uno sono discreti, all’inizio del campionato però fanno un’enorme fatica. Juric non è un pirla, gli àuguro di cuore un campionato tranquillo: ne ha diritto lui, e gli eroici tifosi che oggi hanno cantato per cento minuti.

L’Udinese? Squadra rivoluzionata: Stryger sulla fascia, un centrocampo nuovo di zecca con il guastatore Behrami, il ceco dai piedi buoni Barak, Jankto versione 2016 ed un DePaul più accentrato dietro Lasagna e Lòpez.

Inizio energetico, rete di Jankto (ma gran merito alla coppia Lasagna-Nuytinck) e mezz’ora di dominio, nel quale fra l’altro si infortuna Lapadula (sospetta rottura del legamento crociato: forse oggi il tecnico avrebbe potuto risparmiarlo, visto il recente infortunio patito dall’ex-Milan) ed entra Galabinov, una carriera in cadetteria e seconda presenza in serie A (rete alla Juve, prima della sosta): non la stessa cosa.

Dopo l’entrata di Bertolacci, che dopo qualche minuto di VAR Maresca caccia, l’Udinese pensa di averla risolta e giochicchia, tirando a campare fino all’intervallo: errore, non pagato duramente solo perché di fronte l’avversario arriva di rado sottoporta.

E la ripresa si srotola, piuttosto noiosetta, con l’Udinese che mette in scena uno stentato giropalla e i genovesi che ci provano con sempre meno lucidità e precisione. La svolta, in negativo, la dà Pezzella, subentrato qualche minuto prima all’acciaccato Samir, entrando su Omeonga come l’interprete cattivo di “Karate Kid”: Cartellino rosso, senza dubbio.

Buon per i bianchineri che il Genoa di energie non ne ha più; buon per noi che i fratelli bianchineri scarsi, quelli che vanno a Ferrara e meritano di perdere, sono rimasti in un autogrill sull’Adriatica e i friulani, oggi, ce la mettono tutta (con poca qualità) e guidati da Bram Nuytinck soffrono tutto sommato quasi nulla.

La cosa più importante sono i punti, in una gara dai contenuti tecnici non sempre all’altezza come quella odierna. Perderne anche solo due sarebbe stato un problema: più che altro per l’autostima, visto che dietro le concorrenti (teoriche) nella lotta per non retrocedere paiono meno attrezzate dell’Udinese.

Quella bianconera non è una brutta rosa, lo dicevo in precampionato e lo ripeto oggi; manca probabilmente una punta da 15 reti, quella che nella ripresa di una gara come quella contro il Genoa prende la palla e la mette nel sacco (mortale l’errore di Kevin Lasagna sull’assist di Maxi). Questo “puntero” potrebbe essere l’argentino Maxi-già-Nara, solo quando però avrà raggiunto una forma fisica accettabile. Oggi qualche colpo lo ha mostrato, ma ancor di più la mancanza del lavoro di squadra svolto nel ritiro.

Eccellente Barak, uno che non ha lo scatto di Bolt ma quando parte palla al piede è difficile da fermare; ha anche visione di gioco, prova il tiro e si dispone con personalità all’interno della squadra: bravo.

Parimenti Bram Nuytinck, un gran bell’acquisto estivo. Dalle sue parti di palloni non ne sono proprio passati.

È l’Udinese che mi fa spasimare?No. ma se penso a quindici giorni fa, il passo avanti è evidente. Il problema, lo voglio dire anche all’amico Manuel Gerolin, è il numero impressionanti di “paso doble” messi in atto negli ultimi anni. Come direbbe Bruce, “one step up and two steps back”.

È per questo che in attesa del Milan, trasferta difficile, sospendo giudizi e graduatorie di merito (che, anzi, non farò mai): spero al più presto sia pace. Ma troppo spesso mi hanno fatto passare per fesso: per ora è tregua.


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Venerdì 13 dicembre