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GSA, questo è il giorno

di Franco Canciani

Di solito su queste pagine, nella settimana che precede la gara dell’A.P.U., analizziamo la squadra avversaria.

Stavolta facciamo un’eccezione.

Tutti conoscono la Pallacanestro Trieste 2004: i suoi punti forti (due americani coi fiocchi, un centro d’esperienza come Cittadini, un basket veloce ed energetico, una difesa appena meno forte di quella udinese) e quelli deboli (pause di riflessione, attenzione all’estetica del gioco più che all’effettivo risultato). Inclusi Lardo e la sua truppa, che ci arriva ancora una volta acciaccata.

Non ci interessa.

Tutti noi che sciameremo al PalaRubini, per tifare o raccontare la gara, desideriamo sicuramente un risultato positivo: ma prima di tutto viene la prestazione. Partiamo infatti con ancora negli occhi la gara molle e insipida di settimana scorsa, quando contro un’abbordabile Imola la GSA ha offerto la prestazione meno convincente dell’anno.

E quindi chiunque va in campo, fra i seimilaseicento vestiti di bianco e rosso sugli spalti, riconosca un settore che si distingue per il bianco e il nero dello stemma dei Savorgnan. Quattrocento anime che hanno deciso di dar fiducia a questo gruppo di ragazzi che tante soddisfazioni ha dato negli ultimi diciotto mesi: deve per forza essere ripagato.

Da una gara sopra le righe di tutti, dalla stella del Bronx a Chiti e Diop; da una collezione di ginocchia sbucciate e sudore speso, tutto, alla ricerca della conquista della prima palla come dell’ultima.

Lo pretendiamo: dal gruppo di friulani in campo, che di certo sente particolarmente la gara, e non importa se quando giocavano Laurel e Gallon non erano nemmeno un progetto dei loro genitori. Dal gruppo storico condotto da capitan Vanuzzo e Ricky Castelli, ai quali si affideranno momenti decisivi della partita. Alla coppia di stranieri, in particolare ad Allan Ray che deve, stasera in uno stadio da serie A1, esibire le doti che per ragioni disparate ha mostrato a sprazzi e poco più.

Lino Lardo l’ha fotografata bene: Udine può vincere contro una Trieste più compatta, amalgamata e forse più forte solo se gioca da Udine: difesa aggressiva al parossismo; “faccia di tolla” dei nostri tiratori per ammutolire il pubblico avversario a forza di triple; concentrazione, concentrazione, concentrazione. Io poi chiedo a Supergino di dimostrare d’essere ancora un centro valido per la categoria: ha 29 anni, potenzialmente altre sette, otto stagioni a questo livello ma oggi deve darsi coraggio e contro Alessandro Cittadini sfoderare gli artigli, oppure l’esperto bucaniere già (fra le altre) Napoli, Rieti o Fortitudo ne disporrà senza pietà. Come fecero Lawson o Maggioli.

Senza Zacchetti sotto, straordinari toccheranno anche a Vanuzzo e MarioBros Ferrari. Ma tecnicamente non mi sbilancio, sarà una gara agonisticamente durissima che vincerà chi manterrà nervi saldi e precisione al tiro.

Non si illudono di certo, a Trieste, che le facili vittorie in precampionato siano testimonianza di un’attuale differenza fra le due formazioni: Delegal e l’amico Tyler non sono neanche lontanamente paragonabili a Stan ed Allan. Ma tutto ciò vale solo se in campo questi daranno il cento per cento. Dopodiché, detto senza ironie, vinca il migliore.

E sugli spalti prevalga, al netto dei dovuti cori a prendere in giro l’altra curva, il buon senso. Ne sono certo, i tafferugli appartengono ad un’altra epoca di cui non sento la mancanza. Sia occasione per noi, quindi, di partecipare ad un derby in trasferta dopo tanti, troppi anni. Perché possiamo dire quel che vogliamo: ma lo sport senza rivalità fra Trieste ed Udine perde tanto del proprio fascino.

Buona gara a tutti. Chi non ci può essere si affidi a Max Fontanini e Gian Bosio dalle frequenze di Udinese.tv. Se proprio oggi vi hanno incastrati con una cena in assenza di televisori, cronaca testuale su tuttoudinese.it.

 


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