Apu e Cortese si separano: Ciao capitano
Riccardo Cortese e l’A.P.U. hanno risolto il contratto esistente per l’attuale stagione sportiva.
È questo l’inizio del cambiamento menzionato ieri sera, nella consueta trasmissione del lunedì ‘BH Club’, dal GM Davide Micalich.
Non era nell’aria: nessuno si aspettava che lo staff tecnico decidesse di privarsi del giocatore che solo quattro mesi fa era stato investito dei galloni di capitano, ereditati da figure quali Miki Ferrari e Mauro Pinton.
La società ci ha provato, ma alla fine questa soluzione, inattesa, pare purtroppo la scossa necessaria a responsabilizzare il gruppo.
La verità? La scintilla fra il centese e la piazza non è mai scoccata. Le ragioni si perdono nel vento, e sono molteplici: adattamento all’ambiente, pazienza di quest’ultimo, tanti (troppi) infortuni ed un fisico che forse non reagisce più nella maniera migliore.
Quando fu firmato il miglior giocatore della precedente A2, nessuno avrebbe immaginato questo cammino sofferto, stentato, insoddisfacente. Oggi, un anno e mezzo dopo, il progetto Udine-Cortese ha le sembianze del fallimento. Il quale, sia chiaro, non dev’essere addebitabile. A nessuno. Continuo a fare l’esempio-Simpson, che l’anno passato ha disputato una stagione da ‘sei meno’ e quest’anno è protagonista in campo nazionale ed europeo col Vechta.
La parola friulana ‘intivàsi’ ha molteplici sfaccettature, la più banale delle quali è ‘adattarsi piacendosi reciprocamente, stare bene’. Ecco, questo è mancato.
D’altra parte nessuno poteva immaginare che Riki determinasse così poco; al contempo, Cortese sarà al contempo arrabbiato, dispiaciuto, deluso e sollevato da un peso ormai divenuto troppo oneroso da portare.
Quello della paura, specie in casa, di sbagliare e sentirsi fischiato al primo errore; quello del timore, che accorcia il braccio, snatura il movimento e porta a non prendere nemmeno il ferro su un tiro, banale, da tre punti che poteva riportare (immeritatamente) la sua squadra a contatto con Casalpusterlengo.
Credo la decisione sia stata presa seguendo suggerimenti dello staff tecnico: ecco, giubilato Riki adesso le chiacchiere stanno proprio a zero. Per chi resta, per chi dovrà dimostrare di meritare questa maglia e questo pubblico (basta polemiche, lo dico ai colleghi, su presunte contestazioni durante le gare: al netto di qualche maleducato, rarissimo, si sono sentiti dei fischi a fine gara e basta. Perfettamente comprensibili dopo 40’ di antibasket e sostegno continuo), adesso gli alibi sono finiti. Proprio finiti.
Riccardo è un uomo vero. Lo so, perché ci ho parlato appena ho saputo l’accaduto (un po’ in anticipo rispetto all’ufficialità, rimanendo però in silenzio); so del suo cuore al contempo pesante ed alleggerito. Si è fatto da parte, adesso giochino (giochino!) quelli che sono rimasti.
Che non sono scarsi: non tanto da farsi spazzare via da una squadra tecnicamente inferiore, ma superiore sul campo dopo aver disputato una gara normale. Non tanto da giustificare sei sconfitte in undici gare, con tre scivoloni interni.
Ripeto, le chiacchiere stanno a zero. È il momento di giocare al basket. Perché i giocatori dell’A.P.U. lo sanno fare.
Ciao Riki, ciao Capitàno: aldilà delle formule di rito, mutuate dal malvezzo calcistico, ti abbraccio e mi auguro di vederti, da subito, metterne venti a partita.
Quello che avrei voluto vedere qui. Non ci siamo riusciti, pazienza. La stima e l’amicizia rimangono.