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Andrà tutto bene

di Franco Canciani

Era prevedibile, dicono i realisti.

I dati sono in crescita ma tutto sommato ‘no panic’, dicono gli ottimisti.

Il Coronavirus non esiste, dicono i terrapiattisti.

Contestualizzando nel mondo dello sport, il famoso slogan ‘andrà tutto bene’ mi fa un pochino tremare.

Stadi aperti? Semiaperti? Semivuoti? Vuoti? E i palazzetti? E gli sport dilettantistici, amatoriali, i circoli, le palestre?

Semplice: non lo so, perché onestamente ci capisco poco.

Rimango al calcio: si continuano a giocare gare internazionali che giocoforza amplificano il rischio di contagio: ma il calcio è un grande rito che devo rispettar. E lo farò.

In Italia (strano…) si concorda un cosiddetto protocollo fra Federazione, Lega, CTS e Governo; le società professionistiche lo sottoscrivono, ma al primo stormir di fronde (un focolaio a Genova) salta tutto per aria. Il Napoli chiede parere a due ASL, nel frattempo disdicendo la prenotazione del volo charter a loro esclusivamente dedicato e non va a giocare a Torino; il Milan, con un numero di contagiati assolutamente pari (due) di gare ne gioca quattro: due di campionato, una in casa ed una in Portogallo nei preliminari di Europa League. L’Inter di infetti ne ha una mezza dozzina ma gioca, il Parma cinque ma prima di venirsene a Udine chiede consiglio alla locale ASL che esprime parere positivo al viaggio.

Un Ministro della Repubblica si scomoda per discutere se un giocatore milionario abbia fatto bene ad affittarsi un volo ed un’ambulanza per passare a casa propria la quarantena, dopo aver ‘preso atto’ di una sentenza del Giudice Sportivo guardacaso avverso la squadra del suo cuor. 

Altro Ministro dice ‘avanti la scuola, fermiamo il calcio’ quasi la macchina che produce miliardi di euro e migliaia di posti di lavoro fosse un passatempo domenicale e nulla più. 

Insomma, di calcio giocato non se ne parla o quantomeno molto poco: sento la mancanza delle polemiche sui rigori dati o non dati, sui fuorigioco di posizione, sulla sterilità di Lasagna e soci, e mi sarebbe piaciuta qualche delucidazione in più sui deficit centomilionari di Inter e Juventus. Sento la nostalgia persino del galletto Platini e del suo fallimentare FPF.

Il COVID esiste, e dobbiamo convivere con numeri in crescita, questo è un fatto. Come è un fatto che la mortalità sta scendendo, più per la capacità dei medici di affrontare il virus che per un’effettivo indebolimento di questo. 

Dobbiamo altresì convincerci, e lo facciano anche lassù ai piani superni, che nessun giocatore di calcio (pochissime le positività nei gruppi-squadra) ha avuto problemi realmente seri, e pochi hanno mostrato sintomi apprezzabili del morbo; ancora meno (Boga, Dybala) sono stati fermati per diverse settimane. Oggi si è capito che la contagiosità finisce ben prima, infatti dopo 21 giorni liberi tutti a prescindere dall’esito di tamponi che peraltro non si faranno neanche più dopo il primo post-positività.

La cosa che mi stringe più il cuore è l’affluenza di pubblico agli stadi: non vedo come si possa concedere a folle oceaniche di acceder agli stadi, a meno che non si voglia andare verso l’immunità di gregge e allora vale tutto. Continueremo con audience ridottissima, il migliaio di oggi all’esterno e qualche centinaio indoor, fino a quando ne capiremo un po’ di più.

Quello che chiedo, a tutti, è comprensione. Capisco la cautela dei virologi-profeti, quelli che oggi guardano con severità i meno ‘realisti’ (?), quelli che ‘se non mi fa terminare il pensiero me ne vado’ quando noi, povera gente ignorante, siamo ad ogni modo leggermente meno tale di chi si poteva ammaliare con i paroloni come al tempo di Manzoni. 

La comprensione di chi dovrebbe accettarci: nel limite delle vigenti regole e della nostra passione, nel comprenderci quando non vorremmo vedere il campionato, questo povero campionato italiano, chiudersi di nuovo; starci vicino quando, a fronte di tutela assoluta per giocatori ed addetti ai lavori, preferiamo una gara di serie B al concerto dai balconi con tanto di coperchi da pignatte.

I nostri limiti. Mentre scrivo mi accingo ad andare a commentare la pallacanestro a Cividale, prima gara casalinga dei ragazzi di Pillastrini, senza paura se non quella di commuovermi ed impappinarmi nel commento. Con la mia mascherina, la mia bella autocertificazione, il detergente per le mani.


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