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Anche in caso di salvezza, il futuro dov’è?

di Davide Marchiol

La situazione è ovviamente per tutti di allarme, nella storia recente mai come quest’anno la salvezza per l’Udinese sembra un obiettivo faticoso da raggiungere. Ora però, dando anche per acquisita la permanenza in Serie A, il problema non sta tanto nei risultati sportivi nell’immediato, ma in quello che sarà la squadra bianconera nel futuro, perché siamo al quinto anno consecutivo di sofferenze e ogni stagione le difficoltà sembrano aumentare. Dov’è dunque la programmazione di cui parla Pradè? Una società che da cinque anni ha gli stessi problemi ha una programmazione? O dovremo continuare a sentirci dire che siccome l’Udinese è da 24 anni in massima categoria il suo modo di fare è per forza corretto? Non conta veramente nulla che negli ultimi cinque anni (non una stagione, cinque) le difficoltà siano solo aumentate? Perché non dobbiamo dimenticarci che nell’anno di Colantuono la permanenza in A è stata raggiunta per un soffio e più grazie al doppio rigore fallito da Mbakogu che dai risultati finali della squadra. L’anno scorso il traguardo è stato raggiunto dopo undici sconfitte di fila (filotto che è sicuramente nella classifica all time dei trend negativi in Serie A e che sarebbe stato record della stagione 2017/2018 senza il Benevento). Una guerra con i tifosi di cui non si sentiva il bisogno e per la quale sarebbe bastato un incontro come fatto da quasi tutte le altre squadre in difficoltà, una squadra da meno di un punto a giornata e quasi nessun punto di riferimento in spogliatoio, troppi problemi per essere tranquilli e non solo per quest’anno, ma proprio per il futuro della società.

Dov’è la programmazione? Pradè dice che c’è. I risultati gli danno pesantemente torto, ma il DT parla di stagioni che possono nascere storte e che questo è il caso. È il quarto direttore sportivo consecutivo che dice esattamente la stessa cosa. Per quanto rispetto possa esserci per la grande carriera di Pradè, sembra non essere connesso con la realtà friulana e con quanto successo nel recente passato. Oltre a questo. Si dice da inizio anno che questa squadra è stata fatta senza una punta, cosa fondamentale per una formazione che lotta per la permanenza in Serie A. Ci viene risposto che sono stati presi Teodorczyk e Vizeu. Il primo è stato sempre indisponibile, il secondo non si è ambientato. A proposito di programmazione, possibile che il problema di Lukasz non ci fosse al momento delle firme? Nessuno si è chiesto in società il perché l’Anderlecht abbia svalutato il ragazzo (perché a gennaio si parlava di un valore del cartellino di 20 milioni, cifra normalmente di molto fuori portata dalle casse friulane)? Inoltre possibile che dirigenti esperti come quelli friulani non abbiano messo in conto che Vizeu, ragazzo giovanissimo e che arrivava dall’altra parte del mondo, potesse non ambientarsi? Una squadra che ha una programmazione tiene conto delle possibilità e delle difficoltà che ci possono essere, invece sembra proprio che qua a Udine si sia sempre sicuri di far la mossa giusta al momento giusto. Pagandone le conseguenze. Perché con un attaccante di peso a finalizzare l’azione forse il girone d’andata non sarebbe stato chiuso a 18 punti e parliamo di una singola mossa sul mercato, non di rifare il mercato.

Che fine ha fatto lo scouting? L’Udinese è sempre stato un modello per lo scouting e attualmente si considera ancora tale. Peccato che chiunque da fuori si sia accorto che la fama ormai è decaduta. Quali sono i grandi talenti portati in Friuli tramite gli osservatori? Nell’ultimo mercato sono stati scoperti Pussetto e Musso, arrivati dallo stesso bacino (Argentina) e poi fine. Troost-Ekong era già conosciuto visto che è capitano della nazionale nigeriana, non è uno sconosciuto. D’Alessandro arriva dall’Atalanta. Teodorczyk e Mandragora erano già sulle pagine dei grandi giornali. Andando indietro nel tempo la situazione non è diversa. L’ultimo giocatore scoperto dall’Udinese, che sia arrivato da fuori e cresciuto in bianconero, è Jankto, il che la dice lunga.  Fofana e De Paul sono ancora qua e per il primo sembra che nessuno sia pronto a fare offerte folli per accaparrarselo. Poi c’è una sfilza di giocatori tornati nel dimenticatoio, come Gabriel Silva, Edenilson, Bubnjic, Merkel, Mlinar, Perica, Balic, Aguirre e si potrebbe continuare. La programmazione dov’è?

Il mercato invernale. Non si può ancora dare un giudizio alle operazioni invernali, ma ci sono delle valutazioni oggettive e la società non può mentire ai tifosi, perché dire che l’Udinese ha fatto uno dei migliori mercati invernali della A è una bugia venduta ai tifosi nell’inutile guerra comunicativa iniziata settimana scorsa. È arrivato Okaka. Ottimo. Poi è arrivato Zeegelaar perché Pezzella ha chiesto di andare a giocare, quindi è arrivata una riserva. È arrivato De Maio, che il Bologna ha sostituito con quel Danilo che tanto male ha fatto qua l’anno scorso e che è stato ceduto perché abbastanza palesemente sottotono. Contro il Torino si è visto perché il Bologna lo abbia sostituito con questa facilità. Berenguer non è stato fermato una sola volta e non parliamo di un giocatore da top club e neanche da Atalanta o Fiorentina, ma un calciatore abbastanza normale per la Serie A. È arrivato Wilmot e lì parliamo di un profilo giovane, quindi non ci possono essere pretese su di lui. Infine c’è Sandro, arrivato con problemi fisici, quindi oltre che doversi integrare con il resto della squadra e dover capire come aiutare Behrami in quanto leader d’esperienza, dovrà anche recuperare fisicamente, dando altro lavoro all’infermeria friulana. Non è un mercato di rafforzamento così.

Nicola. Il mister ha chiesto un difensore giovane ma già pronto per poter passare a una difesa a quattro. Non è arrivato, ma davvero serve un altro elemento per provare qualcosa di diverso? Mancano terzini? E che fine ha fatto ter Avest, che sembrava un ottimo innesto e che stato spedito nel dimenticatoio dopo poche partite?  Poi che giocatore gli serviva? Un centrale che potesse passare in corsa da 3 a 4? Un terzino più esperto? Non è dato a sapere e la sua considerazione sembra già finita nel dimenticatoio. Sta di fatto che si continua con questo 3-5-2 che dopo Guidolin sembra diventata una maledizione. De Paul per lui è una mezzala, ma con tutti i tocchi che fa sono più i palloni persi che quelli buoni distribuiti. A tutti quelli che dicono che senza il ragazzo saremmo ultimi dico che è vero, ma guardate anche quanti punti ci sta facendo perdere ora che non è più sotto gli ordini di Velazquez. Infine, dov’è la meritocrazia? Se ci fosse si darebbe spazio a chiunque altro piuttosto che tenere Fofana in campo, perché le sue prestazioni non possono essere considerate accettabili.

Speriamo dunque che Chievo Verona e Bologna ci portino punti pesanti per poter raggiungere anche quest’anno la salvezza, ma il problema è ben più profondo. Senza una RI-programmazione di quella che è l’Udinese ogni anno ci ritroveremo in questa situazione fino a quando non ci sarà il crollo definitivo, perché attualmente viviamo sulle ceneri di un progetto, non su una programmazione.


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