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Zico: "Nel mio secondo anno a Udine potevamo vincere lo scudetto. Punizioni? Ecco perché segnavo sempre"

di Stefano Pontoni

Arthur Zico si è raccontato a lungo nel Talk Show diretto da Federico Buffa di Sky Sport. Questi alcuni aneddoti svelati dal galinho: "Era da tempo che avevo in testa l'idea di venire a giocare in Italia una volta saputo che il mio contratto con il Flamengo non sarebbe stato rinnovato. Nell’ultima mia partita in Brasile, abbiamo vinto lo scudetto, 150 mia persone acclamavano il mio nome, nessuno sapeva del mio addio a parte la dirigenza. È stato difficile per me mantenere il segreto. Il mio presidente fece di tutto per vendermi, io in realtà non avrei mai voluto andare via, non avevo motivo di lasciare il Brasile.

Il Milan? Mi cercò nell’ '80, Rivera fece un’offerta ma il mio presidente non mi volette vendere. Poi la situazione cambiò radicalmente ma per i rossoneri era troppo tardi e io ero già d’accordo con l’Udinese.  

Le mie punizione? Se non avevo un portiere mettevo due magliette appoggiate sull'incrocio dei pali e provavo a colpirle. Mi toccava quasi sempre andare a rimetterle in posizione perché la palla finiva nel sette. Non ci sono segreti, quando mi allenavo guardavo il movimento della palla, la forza del tiro e ripetevo all’infinito quel movimento. Facevo tre passi indietro, colpivo con l’interno collo. Uscivano tiri secchi, veloci. Gli avversari provavano di tutto per non farmi segnare. I portieri mettevano tanti uomini in barriera, cercavano di anticipare il tuffo io però segnavo lo stesso. Oggi quasi nessuno tira così le punizioni. I giocatori di oggi non sanno tirare, non capisco il perché di sia perso questo fondamentale, perché non venga allenato.

Perché non sono riuscito a vincere lo scudetto a Udine? La squadra soffrì molto l'addio di Dal Cin, qualcosa si ruppe all'interno dello spogliatoio. Sono sicuro che quell’anno, se Franco fosse rimasto, avremmo potuto vincere. Oggi si dice che l'anno giusto sarebbe stato quello del Verona ma secondo me in quella stagione eravamo veramente forti. C’era un mix tra giovani ed esperti. C’ero io, Causio, Galparoli che era un difensore difficile da superare anche in allenamento, Ferrari che era per noi il mister perfetto. Resta sempre un peccato non aver sollevato un trofeo con questa maglia.

La sfida con il Napoli di Maradona? Diego rubò la partita a Udine. In quell'occasione andai su tutte le furie non tanto con lui ma con l'arbitro Pirandola.  Non era possibile non vedere quel gol di mano. Era la destra, improbabile che il guardalinee non abbia visto nulla. Non solo il gol di mano ma era pure fuorigioco. Anni dopo dissi a Diego che si era allenato per la mano de dios con cui fece vincere il mondiale all'Argentina.

Se ho imparato il friulano? Gli amici del mio club di Orsaria mi insegnarono tante parole. Un cafetut, un taj di vin, mandi e buse i fruts. Le ricordo ancora oggi".


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