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La procura indaga sull'Udinese, l'inchiesta de "L'Espresso" prova a fare chiarezza

di Stefano Pontoni

La procura indaga sull'Udinese,il settimanale L'Espresso prova a fare chiarezza con un'inchiesta su quanto accaduto e sulla perquisizione avvenuta.

I gol di Totò Di Natale domenica scorsa, la Finanza in ufficio giovedì mattina. L'Udinese e il suo patron Giampaolo Pozzo finiscono ancora nel mirino della procura di Udine, che stamattina ha mandato gli uomini della Guardia di Finanza a perquisire la sede della squadra di calcio e l'abitazione dell'imprenditore, sospettato di avere fatto dichiarazioni fiscali fraudolente mediante fatture false. O meglio, per operazioni inesistenti.

Gli inquirenti stanno lavorando su presunti illeciti nella compravendita dei giocatori e sulle attività fiscali della spa. «Le indagini hanno finora accertato», spiega una fonte della procura, «che l'Udinese calcio è controllata da una società lussemburghese, la Gesapar, che detiene la maggioranza assoluta delle azioni. Ma i proprietari reali sono schermati dietro due società panamensi».

In realtà bastava aver letto il saggio "Fuorigioco" di Gianfrancesco Turano per capire che, dopo alcuni guai con il fisco, nel 1998 i Pozzo costituirono «in Lussemburgo la finanziaria Gesapar Holding, che diventa la nuova controllante dell'Udinese con il 98.34% delle azioni. Gianpaolo conserverà l'1,56% e suo figlio Gino lo 0,1%». I soci di Gesapar, al 50 per cento, sono la Global Service Overseas e la International Business Services, due società di comodo con sede a Panama City. «I primi amministratori della Gesapar sono il fiduciario svizzero Giuseppe Volpi e il lussemburghese Jean Faber, referente di Sergio Cusani per i soldi della maxitangente Enimont trasferiti alla Banque International à Luxembourg», chiosa ancora Turano. Ora il sospetto della magistratura è che la complessa struttura societaria sia stata messa in piedi per evadere le tasse. Si vedrà.

Di certo non è la prima volta che l'Udinese finisce invischiata nelle indagini dei procuratori. Nel 2003 il figlio del patron, Gino Pozzo, fu indagato con un altro dipendente per ricettazione e falso: i due - secondo l'accusa - avrebbero falsificato i passaporti di alcuni giocatori portoghesi, in modo da aggirare il limite dei tre giocatori non comunitari impiegabili in squadra: nel 2010 il pm ha chiesto il proscioglimento per avvenuta prescrizione.

Qualche anno prima, nel 1998, Pozzo e figlio furono invece indagati per falso in bilancio, con i pm che ipotizzarono - inizialmente - frodi fiscali per una sessantina di miliardi di lire. «Sono un perseguitato, vendo tutto entro l'anno», dichiarò rabbioso il padrone dell'Udinese. Che - dopo aver chiuso i conti con l'erario - cambiò però idea. E struttura societaria.

"Non è la prima volta che si verificano queste attività di controllo e verifica fiscale", ha dichiarato in una nota Gianpaolo Pozzo, sentito dall'Espresso. "Certamente non è piacevole, ma come abbiamo sempre fatto collaboreremo con le autorità e gli organismi competenti per dimostrare la correttezza del nostro operato e chiarire eventuali addebiti che dovessero esserci mossi”.

"Nel recente passato, l’Udinese Calcio è stata sottoposta ad una analoga verifica, chiusa con una transazione con il fisco per circa 10 milioni euro  – ha precisato Pozzo – Per questo importo abbiamo attivato la procedura di rimborso in quanto successivamente è stato accertato, con una sentenza passata in giudicato, che non era stato commesso alcun reato". Ma la partita con la Guardia di Finanza ricomincia.


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