L'Udinese insegna: in tempo di crisi, gli affari si fanno così
Fonte: di Alessio Pediglieri per calcio.fanpage.it
In una serie A molto più ridimensionata e con un mercato votato irrimediabilmente al ribasso c’è anche però chi è riuscito a permettersi affari d’altri tempi grazie ad una campagna di cessioni da top-club. E’ l’Udinese, piccola-grande realtà del nostro calcio, capace di approfittare del crollo delle società che per anni hanno mopolizzato lo scenario dei campionati e del mercato, riducendo il ‘gap‘ di divario tra le proprie possibilità e le aspettative di gloria.
Rilevato il club friulano nel lontano 1986, la famiglia capitanata da Gino Pozzo (patron dell’Udinese ma anche del Granada e del Watford), attraverso una politica vincente e che ha fatto scuola, costruita sugli acquisti mirati e la valorizzazione dei giovani, con cessioni alle grandi squadre a un prezzo molto più elevato di quello speso per acquistare i calciatori, ha portato una squadra di provincia a diventare una delle più belle realtà del calcio italiano.
Una filosofia nata da lontano - Una strategia nata in tempi non sospetti, quando il calcio spendeva molto di più di quanto poteva permettersi e i primi della classe firmavano assegni miliardari senza guardare i bilanci e i passivi. Da Balbo a Sensini, da Bierhoff ad Amoroso, da Appiah a Pizarro, da Muntari a Iaquinta, passando per i vari Helveg, Giannichedda, Fiore e Jorgensen, l’Udinese ha sempre tenuto un profilo leggermente più basso, evitando passi superiori alle proprie gambe. E in questi 25 anni di storia bianconera sono tanti i campioni passati da Udine prima che l’Udinese si affermasse a livello assoluto con i grandi club.
E se si guarda con attenzione agli ultimi 2-3 campionati, ci si accorrge che la politica dei Pozzo è stata ancor più vincente che in passato, intensificando la valorizzazione dei propri talenti vendendoli a peso d’oro. Tanto che oggi si può stilare una vera e propria squadra di fenomeni passati da Udine da sconosciuti.