Guidolin torna a parlare: "Ho ancora tanto da dare. Un anno di pausa è sufficiente. Ho rifiutato tante proposte per l'Udinese"
Dopo un lunghissimo periodo passato a fari spenti, lontanto dai microfoni e dalle telecamere, Guidolin finalmente torna a parlare alla Gazzetta dello Sport. In una lunga intervista il tecnico di Castelfranco ha racconato il suo ultimo anno ai margini del calcio e la sua grande voglia di tornare al suo mestiere, quello di allenatore. Una stoccata anche al suo successore Stramaccioni. Levandosi anche qualche sassolino dalle scarpe, tipo quando ripete: "Le occasioni le ho avute, ma ho fatto le mie scelte. Speravo che fossero apprezzate di più dal mio club. Adesso la questione non è tanto di blasone, di club piccolo o grande, ma di situazione giusta. A me piace insegnare calcio e credo di poter lavorare con giocatori giovani e meno giovani, ho ancora tanto da dare: un anno di pausa è sufficiente".
"L’anno scorso avevo gestito qualche situazione in una maniera anomala per me, e non mi sono piaciuto. E’ stato un campanello d’allarme, ho capito che dovevo fermarmi. E poi c’era l’idea di fare un lavoro diverso all’Udinese, alla quale avevo promesso fedeltà. Altre volte ho rinunciato a guadagni e piazze importanti per restare, Udine era il mio posto. Avevamo programmato un lavoro diverso per me, un ruolo di consulente soprattutto all’estero. A Udine comandano i Pozzo, padre e figlio. Uno è sempre sull’Udinese, l’altro supervisiona il Watford. Ho rinunciato a tre anni di contratto e speravo di poter portare la mia esperienza a Granada, ma il progetto è fallito. A questo punto sono pronto per lavorare altrove, se troverò qualcosa che mi interessa. Due volte sono stato chiamato dal Napoli e due volte ho detto no per restare a Udine.
Avrei fatto volentieri il supervisore alle tre squadre dei Pozzo, ma non ho potuto lavorare e adesso il patto di fedeltà non può essere mantenuto. Voglio ricominciare, ho avuto qualche contatto, aspetto. Sono ancora in condizione di poter scegliere".
"La riservatezza e la discrezione fanno parte del mio carattere e poi avevo capito che era meglio rimanere nell’ombra. Tante volte avrei voluto andare allo stadio a salutare i giocatori e la gente, ma ho capito che era meglio evitare".
Per la situazione che stava affrontando Stramaccioni? "Sul lavoro di Andrea non sarei così critico. L’Udinese che fa 60 punti di media in quattro anni non è la normalità, la mia Udinese arrivata in Europa quattro volte su cinque non è la regola. La misura della provincia è un’altra, e Udine è provincia. E quando si lavora in un club come l’Udinese si deve cercare di mettere in mostra a ogni stagione giocatori nuovi, giovani, ma non è detto che ci si riesca sempre. Un anno diverso può capitare".
Un consiglio per i giovani allenatori buttati allo sbaraglio? "Fate la vostra gavetta, fatela tutti. Io sono molto orgoglioso del mio percorso. Chi non ha un grande nome è obbligato a misurarsi in realtà piccole, ma dovrebbero farlo anche quelli che hanno un nome importante come ex giocatori. Il mestiere di allenatore è completamente diverso da quello di calciatore. Bisogna ripartire da zero e ci vuole tempo per imparare".