Gravina: "Calcio non poteva restare fermo, bisognava ripartire"
"Ho vissuto un conflitto interiore nei drammatici momenti del virus, ma lì bisognava capire se dovevamo compromettere il nostro movimento in maniera definitiva". Parla così il presidente FIGC Grabriele Gravina, in una lunga intervista a Il Romanista nella quale affronta anche il tema delle proteste ultras in giro per l'Italia contro la ripartenza, giudicata una scelta finanziaria a discapito della salute: "Non è così - sottolinea Gravina -, il calcio riparte perché è una speranza per tutto il Paese. I tifosi hanno ragione e li capisco, ma come si può pensare che mentre tutto il Paese riparte il calcio stia fermo, ripartendo poi ad agosto o settembre? Bisogna ripartire convivendo in qualche modo con il virus, non si può aspettare il vaccino. Ci sono 100mila persone che lavorano nel settore. A livello internazionale stanno ripartendo tutti, io non volevo prendermi il titolo de L'Equipe "Come degli scemi" e non ce lo facciamo dire. Onoreremo chi non c'è più e chi soffre per i lutti".