Pinzi:"Con l'Udinese raggiunto grandi risultati, non sento più molto Totò"
Giampiero Pinzi, ex giocatore e "gladiatore" dell'Udinese, protagonista delle cavalcate verso l'Europa con la banda Guidolin e ora al Padova in Serie C ha rilasciato una lunga intervista al sito di Gianluca Di Marzio: “A Padova potrei essere il… vecio! Si dice così in veneto, no? Corri per quattro! Mi urlano i tifosi. Però non è per via del peperoncino, adesso non lo coltivo più. Avevo una mini-serra ai tempi di Udine, lampade e lampadine tra lavanderia e cantina, e la qualità non è mai mancata con prodotti top, tra i più piccanti al mondo. Qualche compagno di squadra gradiva, qualcuno meno, come Muriel che mi prendeva per matto. Se ho mai fatto scherzi particolari? Solo mio figlio ai suoi amici: per poco non sputavano fuoco come dragoni. Adesso qui, a Padova, no, non ho nessuna serra”.
Padova che sembra essere partito al meglio in questa Serie C: “Nun ce lamentiamo. Però chiedimi tutto, ma non un commento sulla classifica perché non si capisce niente! Sei primo ma non sei primo, sei quarto ma in realtà secondo. Non guardiamola e pensiamo al campo. Padova deve stare minimo in Serie B. Minimo. In C siamo ai limiti del professionismo”.
Trasferimento sul filo di lana, con la chiamata arrivata proprio all'ultimo: “Direi di si. Il 30 settembre sembrava fatta poi nelle 24 ore successive non è successo più nulla. Fino alle 8/9 di sera dell’ultimo giorno di mercato nessun contatto, tant’è vero che ero uscito a cena con degli amici, a Verona, in grande serenità. Poi la chiamata: sbrigati, vieni, corri in sede. Ho corso parecchio! Alla fine ho firmato negli ultimi 15 minuti disponibili”. A un passo dal gong finale del mercato estivo".
All’Euganeo di Padova, Giampiero Pinzi, debuttò in amichevole con la Nazionale allenata da Lippi, nel 2005: “Un’emozione che ti resta dentro per tutta la vita. Un onore aver difeso la maglia azzurra. Peccato non aver avuto altre occasioni”.
Che Pinzi però sia un grande tifoso della Lazio è fuori discussione, a dimostrarlo il tatuaggio dell'aquila che si è fatto: “Ricordo ancora i miei primi allenamenti con la Prima squadra…. un sogno! La Lazio di Cragnotti con Favalli, Nesta, Pancaro, Marchegiani, Fernando Couto. E poi Simeone, Mihajlovic. Una visione, credimi. Mesi prima andavo in Curva a sostenerli quei giocatori lì. Il mio esordio in Champions, a Kiev, davanti a 80 mila persone, mi rimarrà per sempre in mente. Un casino. Entro e per un pelo segno pure. In zona mista mi passano un telefono e io sai che rispondo? ‘Pronto?’. Era una radio romana che voleva intervistarmi ma non ci avevo capito un bel niente. Ero stordito dall’adrenalina”.
In quella Lazio c'erano tanti giocatori, difficile trovarne uno più forte: "Di quella Lazio dura. Mancini? Veron? Simeone o Nesta? Troppo difficile. Non saprei. Anche se si vedeva che il Cholo sarebbe diventato un grande allenatore, che personalità che aveva. Ma quello era un gruppo di uomini dal grande carisma. Quante scintille! Soprattutto in allenamento dove non si tirava mai indietro il piede”.
Anche all'Udinese però ha giocato con calciatori di ottimo livello: “Alexis il più forte. Ma anche Handanovic, Benatia, Zapata, Isla, Cuadrado e Basta… mica male! Abbiamo raggiunto grandi risultati. Totò? Non lo sento più tanto, ho perso un po’ i contatti. Armero era un personaggio. Al check-in di Glasgow non gli fecero passare una crema al metal detector. Così corse in bagno e decise di spalmarsi l'intero tubetto diventando tutto bianco”.
Giocatore di enorme temperamento, con hobby particolari: “Vivo con un pitone e un’iguana in casa, sono i miei animaletti. Ho anche un cane, per mia figlia. Fortunatamente ho lasciato Udine altrimenti avrei allestito uno zoo”.
Poche, ma pesanti le maglie da collezione ottenute durante la carriera: “Maldini, Ronaldinho, Puyol. Tutti avversari che ho sfidato, ma non marcato! Quelli li riempivo di calci, mi sembrava brutto chiedergli anche la maglietta a fine partita”.