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Pereyra: "In Friuli ho dato tutto me stesso. Guidolin un maestro, quella era un'Udinese forte"

di Alessio Galetti

Roberto Pereyra ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Cronache di Spogliatoio, nel corso della quale ha svelato dei particolari interessanti sulla tortuosa trattativa che lo ha portato al trasferimento all'Udinese e al suo rapporto con Guidolin, che non iniziò nel migliore dei modi:

"Ci sono stati subito dei problemi col contratto: qualcosa non tornava. Sono stato 2-3 giorni in albergo. Poi mi hanno detto: ‘Forse devi tornare a Buenos Aires’. E io: ‘E ora che ca*zo faccio?’. Ma loro: ‘O firmi così, o niente’. Non volevo altro: ‘Io sono qui per giocare a calcio. Risolviamo tutto: voglio rimanere’.  È stata lunga, però non volevo tornare indietro. A Udine ho dato tutto me stesso: sono stato giorni interi lì fra allenamenti, riunioni, ritiri mettendo in secondo piano la famiglia, ma rimarranno per sempre nel mio cuore. Una volta a cena ho detto a Guidolin: ‘Ti avrei voluto picchiare per come mi hai trattato i primi 6 mesi all’Udinese’. Siamo scoppiati a ridere. Lui era un tipo nervoso, urlava sempre in allenamento. Io mi dicevo: ‘Ma che sta facendo questo signore?’. Guidolin è stato un maestro, ma all’inizio non mi faceva giocare. Tornavo a casa urlando: ‘Me ne vado, non gioco e non capisco perché’. Ho sopportato ritiri, viaggi, doppi allenamenti. Mi dicevano: ‘Pereyra devi migliorare qua e là’. E io dovevo andarci. Facevo tutto, poi arrivava il giorno della partita e il mister diceva: ‘Questa è la formazione, in panchina ci vanno loro e in tribuna questi 3’. Fra i 3 c’ero sempre io".

Inoltre, l'argentino ha anche esaltato le qualità dei suoi ex compagni di squadra in Friuli: uno su tutti Antonio Di Natale

"Non era normale. Si allenava due volte a settimana: faceva la rifinitura, si presentava alla partita e ti faceva vincere. Quando si allenava, prendeva uno dei portieri delle giovanili e iniziava a calciare: punizioni, rigori, tiri. Tutti gol. Io lo guardavo e rimanevo a bocca aperta. Provavo pure ad imitarlo, ma niente. È stato il più forte con cui ho condiviso lo spogliatoio in quel periodo. A me piaceva tantissimo anche Muriel, magari non segnava tanto, ma aveva un talento incredibile. Poi c’erano Benatia, Handanovič, Zieliński: era un’Udinese forte. E poi Bruno Fernandes: ai tempi non era titolare, ma poi si è trasformato. Si vedeva già la sua qualità, il talento… e la personalità soprattutto".


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