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Paolo Pulici: il doppio ex, tra Torino e Udine

di Federico Sanzovo
Fonte: www.tuttosport.com

I colleghi di Tuttosport hanno intervistato in esclusiva Paolo Pulici, ex bandiera del Torino campione d'Italia 1975-1976. Puliciclone, come lo aveva ribattezzato Gianni Brera, concluse la sua mitica carriera Granata nel 1982 e decise di passare proprio all'Udinese. In questa veste di doppio ex quindi, Pulici ha raccontato la sua esperienza nelle due squadre e ha dato qualche consiglio su come far tornare i tifosi sugli spalti.

Pulici, un tempo il calcio era davvero solo un gioco?
«Non c’era l’esasperazione di oggi. Questo non aiuta nessuno. Eppure le cosiddette “pressioni” c’erano già. Erano vissute diversamente».

Come?
«Ci hanno insegnato che il calcio è prima di tutto un divertimento. Eravamo più “rilassati”: ora i calciatori hanno più problemi legati alla concentrazione che al fisico. La nostra dimensione era ottimale per rendere al meglio: non dovevi per forza stravincere o impressionare, la gente era dalla tua parte a prescindere perché davi tutto quello che avevi e non ti tiravi mai indietro».

A Udine era come a Torino?
«Avevo trovato ambienti per certi versi simili: in Friuli la gente ti dà confidenza solo quando ti conosce bene, non prima. Esattamente come a Torino, dove però il calcio era vissuto con maggiore intensità. La gente, finite le partite o gli allenamenti, ti invitava a pranzo o a cena, c’era un coinvolgimento maggiore».

Con il "superprofessionismo" attuale ciò è diventato quasi impossibile.
«Questo è un peccato. Si è persa una parte importante, era il bello del nostro mestiere. Non meravigliamoci poi che agli stadi vada sempre meno gente, si sia perso il gusto di dire: io c’ero».

Succede ovunque, anche al Toro, che gli spettatori siano sempre di meno: perché?
«Perché la gente si deve divertire, altrimenti non va allo stadio».

Non è dunque una questione di crisi?
«Ai miei tempi i biglietti costavano e non è che le persone navigassero nell’oro. Eppure non ricordo il Comunale con meno di 40 mila persone. Adesso guardo l’Olimpico e vedo tanti spazi vuoti. Non è solo perché ci sono pochi soldi».

Cosa bisogna fare dunque per riempire gli stadi?
«Dare spettacolo, far divertire. Se tiri due volte in porta è difficile che la gente possa entusiasmarsi. Devi tirare almeno 20 volte: se il tifoso vede un calcio spettacolare, allora allo stadio ci va. Altrimenti è normale rimanere di fronte alla televisione. Il calcio è sempre il solito, nessuno può inventare più niente».
 


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