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Guidolin: "Accantonato dall'Udinese, ma mi sento friulano. Il rigore di Maicosuel? Il momento peggiore. E su Guardiola..."

di Francesco Digilio

Francesco Guidolin torna a parlare dopo molto tempo e lo fa a La Repubblica. L'ex tecnico dell'Udinese è tornato sulla sua esperienza in Friuli, parlando anche di quello che potrebbe essere il suo futuro, partendo però da quello che ha fatto e sta facedo in questi mesi di riposo: "Ho viaggiato, riscoperto le mie passioni. Ho vissuto in Provenza, poi a Londra, ora sulle colline asolane, non lontano da casa mia. E poi i libri: sto rileggendo la Storia d’Italia di Montanelli. Vorrei essere come lui, che spiega con semplicità come mai il nostro Paese è così com’è“.

Un anno fa lei ha lasciato la panchina dell’Udinese per diventare direttore tecnico. Invece?
“Invece quel progetto non è mai partito. Venivo da anni sempre tirati, promozione e ottavo posto in A col Parma, quattro stagioni a Udine con tre qualificazioni alle coppe e una semifinale di Coppa Italia. Ho sentito il bisogno di fermarmi, ero al limite. Non ero da ricovero, non avevo gli occhi fuori dalle orbite, non dovevo scappare dai fantasmi. Solo, non ero più io, non affrontavo di petto alcune situazioni e non vedevo l’ora di chiudere la stagione. Speravo di legarmi a vita all’Udinese, parlavamo da tempo di fare qualcosa di diverso, una sorta di ambasciatore della famiglia Pozzo, ma le cose si fanno in due. Ho ricaricato le pile, guardato partite per conto mio, studiato. All’Udinese penso di aver dato più di quanto ho ricevuto, mi sono sentito accantonato. Comunque mi sento friulano nel cuore, la vita va avanti. Nel frattempo ho detto di no due volte al Napoli“.

Nel 2012 Maicosuel sbaglia un rigore a cucchiaio, l’Udinese è fuori dalla Champions e lei dice: “Forse non sono un bravo tecnico”.
“Il momento più brutto della mia vita, per molte notti non ho dormito, stavo per dimettermi. Tornassi giovane, vorrei essere uno che gode dei successi e si lascia scivolare addosso le sconfitte. Ho fatto sempre l’inverso, pur in una carriera brillante“.

Come si vive lo stress da panchina?
“È soggettivo. Il giorno della gara, per me, è di massima tensione. Penso e ripenso se ho fatto le scelte giuste, se ho lavorato bene. Come un esame. Se sono stato capace di trasmettere l’occhio della tigre. Al fischio finale, penso già alla prossima, alle cose da cambiare“.

Ma c’è la lunga serie di interviste…
“Finita la partita vorrei solo sparire. Molti colleghi amano apparire, si divertono. Io delegherei un sostituto. Capisco gli obblighi, ma sei lì, con l’adrenalina in corpo, e devi fare la fila, parlare, riconsiderare, poi cambiare postazione e ricominciare. In Francia è diverso, venti minuti dopo la fine sei a casa. Mi difendo bene, ho una buona corazza e un discreto italiano, se permettete. Non sono un personaggio costruito, però, e questo di me non lo cambierei“.

Ha pensato di poter diventare il ct della Nazionale, un’estate fa?
“Non ho avuto contatti reali, ma tutti mi dicevano “tieniti pronto”. Sarebbe stato un Oscar, mi accontento della nomination: a Castelfranco mi fermavano in strada, tifavano per me, è stato bello, in fondo“.

Da dove vorrebbe ripartire?
“Se mi avesse chiamato il Parma in D, avrei detto di sì, perché ci sono stato bene e penso di aver lasciato bei ricordi. Lo dico per spiegare che non conta la categoria, ma un progetto che mi dia la spinta. Avessi voluto, sarei tornato già a gennaio“.

Ha studiato da Guardiola?
“Sono stato suo ospite a Monaco per quattro giorni, gentilissimo. Mi ha fatto piacere vederlo affrontare il Milan con Vidal dietro Goetze: un 3-6-1. Io lo pensai all’Udinese, con Di Natale davanti, poco propenso a tornare, e Sanchez alle sue spalle. Le grandi squadre vanno in quella direzione: tre difensori di cui uno solo puro, ormai i due centrali non servono, e poi tanti uomini a fare densità in mezzo al campo, senza punti di riferimento“.

Quali allenatori e giocatori destano la sua attenzione?
“Sono curioso di vedere Sarri confrontarsi con un ambiente diverso a Napoli, l’Empoli era un meccanismo perfetto. E contento del ritorno di Giampaolo, ha idee e capacità da spendere, è l’anno in cui si consacrerà. Kondogbia nel Monaco ha dimostrato di essere di valore assoluto. Dybala a Palermo ha capito cos’è il campionato italiano, ora dovrà capire cos’è la Juve, ma ci riuscirà“.


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