Udinese e l’ipotesi fondo americano: cosa insegna il “modello estero” nel calcio italiano
La notizia è di quelle che fanno rumore, almeno a Udine: la famiglia Pozzo sarebbe pronta a cedere una parte dell’Udinese a un fondo americano. Un passaggio che, se confermato, rappresenterebbe una svolta storica per il club friulano, da quasi quarant’anni in mano alla stessa proprietà. Il modello ipotizzato somiglia a quello già visto all’Atalanta, con i Percassi che hanno ceduto la maggioranza a un fondo americano mantenendo però un ruolo centrale nella gestione del club. I Pozzo, infatti, non uscirebbero di scena, ma affiderebbero la crescita economica e commerciale a un partner forte, rimanendo in sella sul piano sportivo.
Ma che cosa ci dice l’esperienza di questi anni sul rapporto tra club italiani e proprietà straniere? I risultati sono altalenanti: ci sono storie di successo, altre di promesse non mantenute, e realtà in cui la distanza culturale tra dirigenze e territorio ha generato frizioni e fallimenti.
Atalanta e Bologna: i modelli virtuosi
Tra gli esempi più positivi c’è sicuramente l’Atalanta, che nel 2022 ha aperto le porte a Stephen Pagliuca (già co-proprietario dei Boston Celtics e partner di Bain Capital). I bergamaschi non hanno perso la loro identità, anzi: la famiglia Percassi è rimasta protagonista della governance e la squadra continua a essere stabilmente ai vertici della Serie A. Anche il Bologna di Joey Saputo rappresenta una gestione solida: investimenti sostenibili, crescita graduale e ritorno in Europa dopo anni di anonimato.
I casi più discussi: Inter, Milan e Roma
Sul versante opposto, il discorso è più complesso. L’Inter, da maggio 2024 passata sotto il controllo del fondo Oaktree dopo l’insolvenza di Suning, è reduce da traguardi sportivi eccellenti, ma la stabilità finanziaria è ancora un’incognita. Il Milan, oggi nelle mani di RedBird Capital Partners dopo la transizione da Elliott, ha vinto uno Scudetto, ma resta bersaglio della critica per la mancanza di continuità tecnica. La Roma dei Friedkin, subentrata a Pallotta nel 2020, ha riportato entusiasmo (e un trofeo europeo), ma non è ancora riuscita a consolidarsi tra le big del campionato.
Fiorentina, Genoa e Verona: storie in divenire
Rocco Commisso ha investito molto nella Fiorentina, con alterne fortune e un rapporto talvolta burrascoso con l’ambiente e la stampa. Il Genoa, recentemente passato al magnate rumeno Dan Sucu dopo la gestione americana di 777 Partners, vive una fase di transizione. Il Verona è l’ultimo esempio: acquistato da Presidio Investors, con Italo Zanzi come nuovo presidente e Maurizio Setti ancora in società, rappresenta un esperimento tutto da valutare.
Club minori, idee grandi
Anche tra le “piccole” non mancano i casi interessanti. Il Como è un esempio affascinante: comprato nel 2019 dal magnate indonesiano Robert Budi Hartono attraverso Sent Entertainment, ha scalato le categorie fino alla Serie A. Con Fabregas e Henry coinvolti nel progetto, la società ha ambizioni importanti. Il Palermo, ora parte del City Football Group, è un’altra realtà che può crescere rapidamente. Infine, realtà come Cesena e Venezia sono esempi di tentativi di rilancio attraverso capitali esteri, con l’obiettivo di tornare stabilmente nel calcio che conta.
Udinese: l’ultima frontiera
E poi c’è l’Udinese, una società economicamente sana, dotata di uno stadio di proprietà tra i più moderni d’Europa, che ospiterà la Supercoppa UEFA 2024. Da anni è nel mirino di potenziali investitori, e l’interesse del fondo americano sembra finalmente aver trovato concretezza. La trattativa, sarebbe in fase avanzata, con l’accordo preliminare già siglato e il closing previsto al termine della stagione.
In un calcio che cambia, l’ingresso di partner americani può rappresentare un’opportunità, a patto che sia guidato da visione, competenza e rispetto per la storia e il territorio. Se confermata, la svolta americana dell’Udinese dovrà essere gestita con equilibrio, per non perdere l’identità forgiata in 39 anni di proprietà Pozzo e per rilanciare il club verso nuove ambizioni.
Perché se il calcio italiano è sempre più straniero, serve che lo diventi con intelligenza.