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SOS De Paul: che succede al numero 10?

di Federico Mariani

Nell’Udinese che sorride c’è un volto imbronciato: si tratta di Rodrigo De Paul. L’argentino numero 10 sta attraversando un momento di crisi piuttosto evidente. Le ultime prestazioni sono state decisamente al di sotto delle aspettative: troppi errori ed imprecisioni, poco inserimento nel gioco di squadra e tanta confusione nelle idee calcistiche espresse. Insomma, ancora non ci siamo.

Il De Paul di inizio stagione prometteva ben altro con i suoi dribbling e le sue giocate. La sua partita migliore è stata la gara contro la Fiorentina, nella quale era stato l’autore degli assist dei due gol friulani. Da quella splendida prestazione a tutto campo è iniziato il calo. A Reggio Emilia, contro il Sassuolo, il tecnico Iachini è arrivato al punto di richiamarlo in panchina dopo mezz’ora. Un segnale forte per spiegare al giocatore che così non si poteva giocare.

Le gare successive sono state contrassegnate da prove opache, senza i suoi consueti guizzi. È come se, a teatro, un attore principale, inspiegabilmente, si facesse da parte e si allontanasse dai riflettori. L’emblema del suo momento no è stato lo scontro con il compagno Duvan Zapata al termine di una serie di dribbling poco concludenti nel match contro il Bologna. Dunque si tratta di un bluff? Assolutamente no. Il talento cristallino c’è, eccome se c’è. Bisogna solamente trovare il modo per esprimerlo nuovamente e nel miglior modo possibile.

Non che siano mancati i tentativi per far valere i suoi mezzi. Iachini lo ha schierato come esterno prima e trequartista poi. Scelta confermata anche dal suo successore Delneri. Eppure, il ragazzo classe 1994 non è riuscito ad incidere. Addirittura si è arrivati a rispolverare la soluzione Matos per un attacco a tre punte, per ovviare alla crisi di De Paul.

Forse la chiave dell’avventura di Rodrigo sta proprio in questa rivalità interna con il compagno brasiliano. Avere uno stimolo forte come il dover mantenere il posto da titolare potrebbe sbloccare nuovamente l’argentino portandolo ad esprimersi al meglio. In caso contrario, la parola fallimento inizierebbe ad aleggiare prepotentemente. E lui, il bimbo d’oro di Avellaneda non vuole assolutamente sentire quel termine.
 


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