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Runjaic, da un progetto ambizioso a un ritorno al passato: questa Udinese ha poco di nuovo rispetto a quelle di Gotti e Sottil

di Stefano Pontoni

Dopo un avvio di stagione promettente e ricco di spunti interessanti, l'Udinese di Mister Runjaic sembra aver fatto un passo indietro, tornando a proporre una versione già vista e poco entusiasmante. L'esordio con il 3-4-2-1, caratterizzato da idee innovative e una maggiore propensione offensiva, aveva acceso l'entusiasmo dei tifosi. Tuttavia, quella squadra votata all'attacco è stata ben presto accantonata, lasciando spazio a un 3-5-1-1 che ricalca le impostazioni delle gestioni Gotti e Sottil.

Un sistema di gioco che punta tutto su fisicità e densità, ma che nei numeri non sta funzionando. L'Udinese ha già subito 32 gol in 21 giornate, risultando una delle difese più facilmente perforabili del campionato. A questa fragilità difensiva si aggiungono errori individuali ricorrenti (e quanti autogol) e il cronico problema delle corsie esterne, incapaci di garantire equilibrio e rifornimenti offensivi adeguati. Il gioco offensivo si continua a basare sull'inziativa dei singoli: gli anni scorsi passava tutto dai piedi di Pereyra, quest'anno tocca a Thauvin (ormai tuttocampista) inventare qualcosa per sbloccare la situzaione. Davanti la prima punta di turno di conseguenza spesso viene abbandonata a sé stessa, a difendere tra i centrali avversari palloni buttati alti. Così diventa difficile per chiunque, che ti chiami Lucca o Sanchez.

Eppure, il potenziale per fare meglio c’è. La rosa a disposizione di Runjaic non è priva di qualità, e il 4-3-3 potrebbe essere una soluzione che valorizzerebbe al meglio gli uomini in campo, favorendo un gioco più fluido e imprevedibile. Questa, però, rimane solo un’idea che piace più ai tifosi che al tecnico, il quale continua a preferire un approccio più conservativo.

Quando Runjaic arrivò a Udine, parlava di una squadra che avrebbe cercato il dominio del gioco palla a terra, con una mentalità offensiva e moderna. Tuttavia, quelle dichiarazioni sono rimaste sulla carta, e ciò che si è visto finora non è altro che una riproposizione delle Udinese precedenti: compatta, a tratti efficace in rimessa (come dimostrato contro Atalanta e Fiorentina), ma estremamente carente quando c’è da prendere l’iniziativa e costruire il gioco.

La sconfitta contro il Como è stata il manifesto di questa involuzione. Una squadra lunga, senza idee, incapace di reagire e costruire, esattamente come in altre partite viste gli anni scorsi. La sensazione è che l'Udinese continui a vivere di episodi, incapace di trovare una vera identità di gioco, come testimoniano gli innumerevoli 11 presentati dal tecnico tedesco (manca ancora oggi una formazione base).

Viene da chiedersi perché Runjaic sia ritornato sui suoi passi e cosa l'abbia spinto ad abbandonare idee più coraggiose e spregiudicate. Si dice che quella del modulo sia una scelta dettata dall'alto. Quale società, quale patron sarebbe così masochista da limitare il potenziale della propria squadra in nome di un modulo che non dà grandi soddisfazioni ormai da un decennio? Se Gino Pozzo ha puntato su Runjaic in estate è anche proprio per dare un taglio netto con il passato, vedere un'Udinese diversa, più internazionale. Certo è che qualcosa non torna. 

C’è ancora tempo per invertire la rotta, ma servono scelte coraggiose. L’Udinese deve smettere di accontentarsi di un calcio prevedibile e sterile e ritrovare quella spinta iniziale che aveva fatto sperare in qualcosa di diverso. Altrimenti, si rischia di vivere un'altra stagione anonima, fatta di alti e bassi che lasciano più rimpianti che soddisfazioni.


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