IL PASSAGGIO DEL TIMONE. Stagione 2011/2012, alcune occasioni perse, ma è un'Udinese che entra ufficialmente nella storia
Durante la pausa per le Nazionali inevitabilmente, pur amando tantissimo l’Italia, c’è tanta noia. Si ferma quasi (le categorie minori continuano a giocare) tutto, le voci assurde impazzano pur di riempire le pagine dei giornali e il week-end, per noi calciofili, è surreale. È però forse il momento migliore per qualche elucubrazione mentale, quelle analisi che forse portano a poco, ma che possono essere belle per sognare o per rivivere certi spezzoni del passato. In questa rubrica ho deciso di analizzare il secondo decennio degli anni duemila dell’Udinese, dove si è vista forse l’Udinese più bella della storia, ma forse anche una delle più brutte (in A), ma dove, soprattutto, è avvenuto il passaggio di testimone tra Giampaolo Pozzo e Gino Pozzo.
La stagione 2011/2012 è alle porte e, chiaramente, dopo un quarto posto trattenere tutti gli elementi più forti della squadra è molto difficile. Sul “Nino Maravilla” Sanchez si piantano fissi gli occhi del Barcellona. Veramente impossibile pensare di resistere all’assalto azulgrana. Si cerca perlomeno allora di incamerare uno dei grandi talenti della cantera catalana, per rinforzare una squadra che dovrà affrontare un Play-Off di Champions League non da testa di serie. Rifiutano però tutti il trasferimento, sia Bojan (che avrebbe preso il posto del cileno in campo) che Cuenca non ne vogliono sentire parlare (guardando poi le loro carriere, verrebbe da dire che forse non hanno fatto una grandissima scelta a snobbare Udine). Si fa un tentativo allora per Thiago Alcantara, visto che si sa già che Inler partirà, ma qua è il Barça a non volerne sapere. Si giunge quindi all’accordo economico: 26 milioni più 11,5 di bonus. Tanti soldi, ma forse si poteva ottenere di più, visto che poco tempo dopo Pastore verrà ceduto per 40 milioni dal Palermo. Come si diceva, parte anche Inler, che dice addio in modo poco simpatico, visto che non solo passa agli acerrimi rivali del Napoli, ma fa finta di nulla sul trasferimento a giugno, per poi dichiarare di aver concluso l’accordo già a febbraio. 16 milioni più la seconda metà di Domizzi (futuro senatore). Qui c’è poco da dire, non si poteva ottenere di più, anche perché poi la carriera dello svizzero sarà una discesa continua. Parte infine Zapata, con il Villareal che se lo assicura per 9 milioni. Qua c’è dibattito, tra tifosi che non lo vogliono più vedere per i suoi noti cali di concentrazione e chi invece si dispiace per l’addio di un giocatore che ha vestito per sei anni la maglia bianconera. Mercato in uscita dove si è ottenuto abbastanza, ma è quello in entrata a deludere e non poco.
Per la difesa arriva Danilo dal Palmeiras, profilo esperto e che si rivelerà pronto da subito. In mezzo viene invece preso lo sconosciuto Doubai, che si rivelerà già in ritiro inadatto, pensando soprattutto al fatto che l’urna della Champions per l’Udinese tira fuori l’Arsenal. Ecco quindi che forse qualcosa di più pronto per il centrocampo si poteva prendere. Anche dietro una riserva di rilievo al terzetto Domizzi-Danilo-Benatia poteva essere preso, perché poi Guidolin si presenterà all’Emirates con una retroguardia formata da Neuton-Danilo-Benatia-Ekstrand. Ecco due di questi sono spariti nel nulla e hanno a curriculum un preliminare di Champions. Ancora più allucinante la situazione che si crea per sostituire Sanchez. Giampaolo Pozzo promette un grande bomber. Si passano settimane a trattare Giovani Dos Santos, giocatore dal grandissimo talento, ma che Redknapp al Tottenham non vuole più vedere. Anche il messicano però non vuole venire in Friuli (altro giocatore finito poi nel dimenticatoio del calcio di prima categoria abbastanza velocemente), con tanto di avvistamento fasullo in un noto hotel di Udine. Il tempo stringe e alla fine Guidolin deve presentarsi contro l’Arsenal senza spalla per Totò. Abbastanza imbarazzante, esattamente come non è di gran livello il giocatore che viene preso dopo l’eliminazione dalla Champions (coraggioso 1-0 a Londra, così come l’Udinese gioca all’ultimo sangue la sfida al Friuli, perdendo 1-2 con tanto di rigore fallito da Totò, viene sempre da chiedersi come sarebbe andata con un paio di elementi un po’ più pronti in squadra). Arriva Gabriel Torje, il “Messi della Romania” pagato 5 milioni più bonus e a cui il mister preferirà presto Floro Flores messo fuori ruolo. La cosa la dice abbastanza lunga sulla bontà dell’affare. Mercato in uscita da 8, quello in entrato da 4 senza appello (arriva anche il solito blocco di giovani da cui sono un paio riusciranno ad emergere) e un Arsenal sottotono punisce quindi un’ Udinese che poteva probabilmente ripetere l’impresa di Lisbona, visto che la squadra di Wenger entra spesso in difficoltà. Occasione persa, ma resta l’Euorpa League, che presenta un girone con Atletico Madrid, Rennes e Celtic, che era stato eliminato dal Sion, ma che invece ottiene il pass perché gli svizzeri avevano schierato calciatori che non potevano in realtà giocare. Un girone da Champions in Europa League. Alla fine comunque è andata parzialmente bene.
In campionato la squadra reagisce con rabbia alla sconfitta con l’Arsenal. La prima sconfitta arriva solo a fine ottobre in casa del Napoli. Incredibilmente Guidolin ha riassemblato una squadra d’altissimo livello, nonostante un mercato in entrata allucinante. Il come è presto detto: Danilo dietro è già pronto ed è l’unico acquisto che si rivela pronto da subito, in mezzo Pinzi viene accentrato e Isla viene reinventato mezzala, con Dusan Basta, rientrato maturato dal prestito a Lecce, messo esterno destro. In avanti a fianco di un Di Natale sempre più forte si alternano Torje, Barreto, Fabbrini e Floro Flores, quattro giocatori che alla fine falliranno in bianconero, che però qualche gol quell’anno lo mettono e, assommati, danno manforte al divin Totò. La squadra, riassemblata grazie a ciò che già c’era in rosa, si mantiene ancora una volta quasi sempre in piazzamento Champions. Coppa Italia invece abbandonata subito, con la sconfitta agli ottavi contro il Chievo (Totò nel finale fa 1-1, diventando per la seconda volta l’unico giocatore a segnare in campionato, coppa, Europa League e Champions League, ma allo scadere un certo Cyril Thereau fa 1-2, sfruttando l’ennesima dormita di giocatori che spariranno presto dai radar).
A gennaio l’Udinese è terza (con tanto di momentaneo primo posto, cosa che non accadeva dal 2000), con il girone di Europa League passato. Vittoria storica al Friuli contro l’Atletico Madrid dell’odiato Diego. C’è la Coppa d’Africa e l’Udinese perde Asamoah e Benatia per un mese. La società prende a gennaio Pazienza e Gelson Fernandes in prestito per rinforzare le ambizioni della squadra (nessuno dei due sarà riscattato, il che la dice lunga). Guidolin fa di nuovo il miracolo sfruttando altre risorse. Fernandes parte da subito titolare, ma si rivela poca cosa, Pazienza dà già un minimo di garanzie in più. Il tecnico di Castelfranco però troverà invece in Roberto Pereyra il jolly per evitare di buttar via tutto quanto fatto nel girone d’andata, visto che non arriva nemmeno per la difesa un rinforzo di spessore. In Coppa viene eliminato il PAOK con un grande 0-3 in Grecia, che vendica l’ultimo precedente tra le due compagini. Arriva però la sconfitta per mano dell’AZ. In Olanda finisce 2-0, al Friuli in 15’ Di Natale e Floro Flores abbattono il fragile muro olandese ripristinando la parità, ma il povero Guidolin si ritrova senza centrali. Domizzi-Ekstrand-Benatia, il marocchino si fa male ed entra Pasquale, che non è assolutamente un centrale. La difesa è imbarazzante e infatti in nemmeno mezz’ora Falkenburg mette dentro la rete qualificazione. Anche qui altra occasione persa, contro una squadra che aveva ampiamente dimostrato di non avere alcunchè di fuori scala. Nel mese di marzo e aprile la squadra ha una flessione e scende in zona Europa League, ma poi fortunatamente si riprende, con il match interno con la Lazio del 29 aprile a fare ancora una volta da spareggio Champions. Di Natale mette subito in chiaro come devono andare le cose, ma la partita rimarrà nella storia per il gol di Pereyra avvenuto perché i giocatori della Lazio, sentito un triplice fischio che però non era di Bergonzi, stavano rientrando negli spogliatoi. 2-0 e terzo posto nelle mani dell’Udinese.
Ultima giornata a Catania, basta nuovamente un pari per assicurarsi i preliminari di Champions, ma la squadra vuole andare sul sicuro e la coppia Totò-Fabbrini firma lo 0-2, con menzione d’onore al pararigori Handanovic, che neutralizza un penalty del Papu Gomez. È di nuovo Champions, la città è in festa, l’annata ha visto delle occasioni perse, ma il terzo posto è storico (solo Zaccheroni è riuscito a raggiungere la stessa posizione, il secondo posto del ’55 non può essere preso in considerazione, vista la retrocessione per illecito sportivo) e in Europa sono arrivate comunque belle vittorie. Resta l’amaro in bocca per le parole di paròn Pozzo disattese, visto che il mercato non ha portato rinforzi di spessore e che i grandi sponsor (imprescindibili per sperare di mantenersi a certi livelli) per qualche motivo non si vedono, ma finchè si vince va tutto bene e si inizia a parlare inoltre di un nuovo stadio, per provare a cementificare il “Miracolo Udinese”.