Giovani, idee e progetti: quando l'Atalanta diventa... l'Udinese
C’era una volta l’Udinese, una piccola squadra di provincia capace di ritagliarsi uno spazio importante prima in Italia e poi in Europa. È stata una storia riscritta a più riprese, con capitoli più o meno lunghi, scritti dalla penna sicura e paziente di Alberto Zaccheroni prima, addolciti dallo stile ricercato di Luciano Spalletti ed esaltati dalla passione genuina di Francesco Guidolin. Tre autori straordinari, abilissimi nel mischiare gioventù, freschezza, esperienza e qualità. Questo era il DNA della formazione bianconera, poggiante su solide fondamenta, spesso made in Italy. Caratteristiche riscontrabili non più nella compagine friulana, ma bensì nell’avversario che farà visita alla banda Delneri, ossia l’Atalanta di Gasperini.
Gli orobici sono stati la rivelazione dell’ultimo campionato, chiuso in quarta posizione. Merito di un gioco spumeggiante e di uno strapotere fisico incredibile. Inoltre, i bergamaschi sono stati abilissimi a lanciare giovani trascurati o poco valorizzati altrove, peraltro senza snaturare l’ossatura del proprio credo calcistico in caso di cessioni forzate. Caldara, Gagliardini, Kessie, Spinazzola, Freuler, Kurtic e Petagna sono state le grandi novità mischiate a certezze come Berisha tra i pali ed il geniale Papu Gomez in attacco. L’occhio vigile del direttore sportivo Gabriele Zamagna ha permesso agli orobici di mutare pelle senza alterare la propria sostanza, anche ora con i continui impegni di Europa League.
Indubbiamente si tratta di un progetto ammirevole, costruito con pazienza, ma anche con un’idea ben precisa. Ciò che manca forse al cantiere a cielo aperto che è l’Udinese, una formazione continuamente ritoccata ed ultimamente priva di una base solida e stabile. Le ultime colonne sono state Di Natale, Pasquale, Domizzi e Thereau. Dopo di loro il vuoto. Danilo si è assunto la responsabilità di diventare il capitano di questa squadra, ma non sempre è stato un trascinatore in campo, specialmente nei momenti più bui. Mancano le fondamenta, manca un progetto chiaro, preciso, senza interruzioni tra allenatori e direttori sportivi. Troppi cambi non fanno bene. Serve ripartire con un’idea chiara portandola fino in fondo, tornando a scoprire quel DNA che ha contraddistinto e reso celebre l’Udinese in Italia e nel mondo. Non può essere sparito improvvisamente, semplicemente è necessario tornare a farselo proprio, seguendo la propria storia ed i propri valori.