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ESCLUSIVA TU - Balbo: "Udine mi ha accolto quando ero un ragazzo e mi ha fatto diventare giocatore e uomo"

di Mattia Meroi

Nella sua storia, nei suoi 120 anni di calcio, l'Udinese ha avuto dei grandi attaccanti. Tutti hanno motivo di ringraziare il club bianconero per aver dato loro l'opportunità di affacciarsi ai grandi palcoscenici. Uno di questi è Abel Balbo che qui, oltre a 134 presenze condite da 65 reti, ha lasciato un pezzettino di cuore. E' uno dei primi acquisti dell'era Pozzo. Dopo Newell's Old Boys e River Plate in Argentina, l'Udinese è la sua prima squadra italiana. Poi militerà a Roma (sponda giallorossa, dove vincerà lo scudetto nel 2001), Parma e a Firenze.
Ma qui getta le basi. Tutto parte da quel piccolo e spesso dimenticato lembo nel nord-est dell'Italia...

Cosa è stata l'Udinese per Abel Balbo?
"E' stata una tappa molto importante per la mia carriera sotto tutti i punti di vista. Questa società mi ha accolto quando ero giovane nel 1989 e mi ha permesso di crescere sia come calciatore sia come uomo. Hanno avuto pazienza con me. In Friuli sono stato benissimo, mi sono sposato e ho costruito famiglia. A Udine è nato Nicolas, il mio primo figlio. Quando posso, torno sempre volentieri a trovare amici".

E' vero che ha rischiato di non arrivare qui in Friuli perchè l'Hellas Verona era interessata al suo acquisto?
"Io ero un calciatore dell'Hellas. Ho fatto le visite mediche in Veneto, poi sono tornato in Argentina per finire il campionato con il River Plate. Ma al termine della stagione a Verona presero decisioni diverse. Così sono arrivato a Udine. Non so se sarebbe stata diversa la mia carriera se fossi andato in gialloblù. Anche quella era una piazza dove c'era la possibilità di maturare, ma penso che sia andata meglio così. Non ho nessun rimpianto".

Qual'è il ricordo più brutto dell'esperienza bianconera?
"Io sono arrivato in un periodo in cui l'Udinese saliva e scendeva di categoria. Non riusciva a rimanere stabilmente in serie A come oggi. La fase più delicata è stata la retrocessione. E' sempre un peccato quando la squadra non riesce a salvarsi. Io e Sensini eravamo dispiaciuti al termine della partita contro l'Inter che ci aveva condannati alla serie B. Ma quando siamo usciti dal Friuli abbiamo trovato i nostri tifosi a consolarci, a chiederci foto, autografi, a offrirci da mangiare e da bere. Eravamo abituati all'Argentina dove, quando retrocedi, hai bisogno dell'intervento della sicurezza per uscire dallo stadio. Per noi è stata una cosa anomala".


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