Udinese, una squadra che ha ricominciato a credere nel suo condottiero
Abbiamo dovuto attendere ben 11 giornate per vedere la prima vittoria dell'Udinese in campionato.
"L'attesa del piacere è essa stessa il piacere", diceva un filosofo tedesco e in effetti non aveva poi tutti i torti. Abbiamo atteso, sofferto, stretto i denti e finalmente abbiamo gioito al grido "Godete friulani".
Ci voleva una partita così, un risultato del genere per ripartire, per ridare slancio ad un campionato fin questo momento denso di sofferenza. Il triplice fischio di Sacchi, arrivato dopo 7 interminabili minuti di recupero, è stato per tutti noi un'autentica liberazione.
Posso dirlo? Cazzo se ce lo meritavamo.
Perché ci siamo sempre stati, perché nel momento peggiore, quando sarebbe stato facile abbandonare la nave, abbiamo scelto di rimanere, di essere al fianco della squadra nonostante tutto. È anche questo che il dovere di chi ama l'Udinese: sostenere i nostri colori nel bene e nel male.
Sono felice per il popolo friulano. Per chi era sugli spalti a San Siro (noi con il nostro club ne abbiamo portati oltre 50), nonostante la pioggia, nonostante la nottata in corriera. Per chi ha continuato sempre a crederci. Che la vittoria di Milano sia l'inizio di un nuovo percorso voglioso, determinato, appassionato, vincente.
Sulla partita. La testa nel calcio, come nella vita, fa la sempre differenza. È indubbio merito di Cioffi l'aver ridato coraggio ad una squadra asfittica, impaurita di se stessa ancora prima che degli avversari. In poco più di una settimana quel toscanaccio (che a molti non piacerà ma che con i numeri ha dimostrato di avere delle qualità umane e tecniche di un certo livello) ha saputo raccogliere 4 punti su due campi davvero ostici. Chapeau. Lo dissi tempo addietro: nella sua prima parentesi friulana mi sono assai divertito, a Monza (nella ripresa) ho ricominciato a divertirmi.
La strada da fare è ancora lunghissima, la classifica resta precaria e guai a pensare di essere già arrivati. Domenica al Friuli arriverà l'Atalanta e ci sarà ancora da combattere. Ma quanto visto in queste ultime due partite ci dà senza dubbio fiducia. Quello che chiediamo è vedere una squadra che lotta, che dà l'anima per la maglia. Il risultato poi è una diretta conseguenza.
Non so da casa ma sugli spalti di San Siro si sentiva questa rinnovata empatia di un gruppo che prima di tutto ha ricominciato a credere in se stesso e nel suo condottiero. Non è un caso che senatori come Walace, Perez e Silvestri, tra i peggiori fino a due domeniche fa, hanno ricominciato ad essere determinati. Che Zemura e Ebosele, due bollati come scarsi, escono dalla Scala del calcio con una prestazione assai importante. Che Pereyra è tornato a recitare un ruolo di leader come in passato. No, non è assolutamente un caso.
Cioffi non è una mago, nemmeno un santone. È riuscito però a sanare la frattura evidente che c'era in spogliatoio, a ricompattare un gruppo smarrito, a dare nuovi stimoli a giocatori che avevano staccato la spina. La squadra ora combatte per lui, cosa che aveva smesso di fare con Sottil. Tutto qua.
Ci tengo in chiusura a queste due righe. Nulla da togliere a mister Andrea, gran lavoratore, che fino alla fine ha provato in tutti i modi a correggere la rotta, a riportare l'Udinese sui binari. Evidentemente però qualcosa ormai si era rotto e il cambio (forse anche tardivo) era l'unica soluzione possibile. Ha pagato lui per tutti, come ne calcio spesso capita. Resterà il rapporto con una piazza che di certo non lo dimenticherà per quel che ha saputo rappresentare da giocatore prima e da allenatore poi.
Aspetto mentale, atteggiamento, voglia prima di tutto. Ripartiamo da qui. E che questo sia davvero soltanto il primo di tanti successi.