Udinese, giocare col fuoco
Ci ho provato, ci ho provato, ci ho provato. Giuro che ci ho provato come mai prima.
Ho provato a capire tatticamente, tecnicamente, psicologicamente le ragioni per le quali l'Udinese calcio stia offrendo delle prestazioni depresse e deprimenti, inconcepibili anche considerando valide le tesi che parlano di una rosa inadeguata.
Ci può stare: detti 'sex' (come scrivevano all'epoca sulle pagelle per evitare correzioni migliorative) al mercato e probabilmente fui troppo ottimista, così come pensare che sia una strategia, un progetto psico-fisico opposto all'anno passato: partire lenti, arrivare 'in bomba'.
Ci ho provato ma non c'è nulla da provare: l'Empoli alle 18:30 di ieri sera aveva il peggior attacco, la peggior difesa e solo contro la Salernitana (vero enigma del campionato) era riuscita nell'impresa di realizzare una rete senza subirne.
Per un tempo l'Udinese tiene decentemente ma modestamente il campo; subisce anche una rete, fase difensiva ipnotizzata su uno schema da rimessa laterale, ma un certo stellone suggerisce a Caputo di stare qualche passo avanti alla linea Bijol-Kristensen.
Nella ripresa concede spazio e palcoscenico a Cacace e soci. Da quando l'allenatore decide di rinunciare all'unica punta vera a disposizione, infine, gli arancioni concedono ai locali almeno cinque occasioni da rete che solo una formazione più sterile della Biancanera poteva non concretizzare.
Sto cercando di mantenere la calma; sto cercando di capire cosa passi per la testa di chi guida una squadra di calcio quando mette in campo undici giocatori e soprattutto quando ne fa subentrare degli altri. Sono solo una testa di calcio e ritengo il calcio un gioco, non una malattia da cui guarire, non un business sfrenato che giustifichi tutto, tutto; lo considero divertimento, passione, addirittura appassionarsi alle vicende di un mediano modestamente impostato, come Galbagini per dire.
Tipo anche prendere un mezzo di trasporto (con la benzina a due euro per non parlare delle autostrade) per essere allo stadio Castellani di Empoli in tempo, assistere a questo scempio sportivo (dal punto di vista emozionale), ripiegare le bandiere e tornarsene a casa.
In sostanza non capisco, ma va bene così.
Personalmente ritengo il progetto-Sottil al capolinea. Ebbi dubbi all'inizio della scorsa stagione, gli chiesi scusa in occasione di un filotto straordinario di vittorie, non infierii quando dalla triste (sportivamente parlando) serata di Coppa contro il Monza ad oggi ne vinsero cinque in campionato ed una in coppa Italia; non mi interessa tanto sapere se sia più responsabilità della società, della rosa o della capricciosa Eupalla: anzi no: la tristezza di una gara risolta dall'autorete goffa di un ragazzino uruguagio del 2004, al termine di 95 minuti devastanti e cinque giorni più tardi due opportuni interventi VAR ci dicono che la Divina non è avversa al conduttore friulano. Non mi interessa: però di allenatori in cinquant'anni ne abbiamo visti tanti (i primi, data l'età ultraverdissima, me li ricordo meno) e l'ex-difensore di Venaria Reale non rimarrà nella mia personalissima top-ten.
No: non è tanto per i risultati modestissimi di queste prime otto giornate di campionato. Certo, cinque pari e tre sconfitte, ma punti ottenuti contro le ultime tre, il Frosinone e il Genoa non mi sembrano viatico promettente: giocare col fuoco mi pare una sintesi calzante.
È per la depressione caspica dell'ambiente, dentro e fuori dal gruppo; è per certe piccate risposte date a colleghi tutt'altro che nemici, disfattisti o facinorosi, semplicemente desiderosi di capire cosa muova certe decisioni tattiche; risposte deludenti, che probabilmente tradiscono il nervosismo di una persona perbene che comprende di non riuscire ad incidere e determinare sulla rosa come vorrebbe.
C'è un verbo, intraducibile o quasi, nella lingua friulana che trovo perfetto per la situazione: intivasi. In italiano si potrebbe dire 'trovarsi bene, a proprio agio' ma è qualcosa di più sottile. È una parola non detta, uno sguardo ricambiato, la certezza del 'tranquillo ci siamo noi' che oggi nel gruppo squadra non trovo, non vedo. I bravi, a ragione, dicono che la rosa è stata depauperata in estate, che Beto è stato venduto a settembre e Samardzic quasi; rispondo che con la rosa dell'anno passato, nella quale non sempre Udogie giocava da terzino da nazionale come oggi, nella quale Deulofeu (vero, unico mio rimpianto) si è infortunato ad ottobre, nella quale Becao, grande giocatore, e il centravanti portoghese erano spesso criticati, come dicevo la rottura era parsa giù prolungata.
Ho maturato un cinismo calcistico, grazie al quale faccio ormai fatica ad affezionarmi ai giocatori che arrivano, fanno una sorridente foto, giocano bene o male e dopo due, tre anni se ne vanno. Un cinismo che mi rende impossibile un'opinione sul coro, 'meritiamo di più', sorto dalla Curva Nord alla fine della gara contro il Genoa (anche se qualche opinionista dice di aver sentito solo applausi, ci sta): intimamente sento come il coretto sia corretto, poi penso al Catania, al Messina, al vicinioro Pordenone (la cui gestione solo due anni fa doveva rappresentare, a dire di occasionali opinionisti sociali, un modello da seguire anche qui a Udine) e allora...
Allora niente: a me interessa poco della categoria o dell'avversaria, anche se ovviamente non dimentico Liverpool e tutto ciò che venne prima né dopo, né dimentico come una Europa League, ad un certo punto della storia bianconera, rappresentava per la tifoseria una deludente diminutio affrontata in campo con giocatori di terza fascia. Invoco, però, a beneficio dei sostenitori di questi colori più attenzione, più passione da condividere, più entusiasmo e, soprattutto, chiedo ancora una volta a società, dirigenza, staff tecnico e giocatori una cosa semplice, banale, pleonastica.
Giocate a calcio.