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La regola del tre

di Giacomo Treppo

L'unica costante in questi ultimi tre anni, è stata la regola del tre. Ogni singola partita tre dei nostri giocatori hanno un rendimento sotto la media. Ogni singola partita commettono errori su errori con un approccio sbagliato. Come già scrivevo poco tempo fa, questo strano virus che attanaglia i giocatori dell'Udinese non colpisce sempre gli stessi tre. Sarebbe troppo facile. Gira nello spogliatoio e una volta colpisce questi, un'altra volta quelli. C'è anche un altro virus che sta colpendo i giocatori bianconeri. E' una malattia per la quale il primo tempo non si gioca come si dovrebbe, ma probabilmente nasce dalla paura che la squadra ha degli errori di quelli che “non scendono in campo”.

Di Udinese Genoa si potrebbe dire che è stata una partita fra allenatori, non fra giocatori. Gasparini mette la squadra in campo e spinge sulla propria fascia sinistra che è, lo ripetiamo per l'ennesima volta, il punto debole della squadra bianconera (la fascia destra in fase difensiva). Laxalt con la sua velocità e Perotti con le sue qualità seminano il panico. Dall'altra parte, quasi sapesse già cosa sarebbe successo, Colantuono schiera perfettamente la squadra in fase passiva. Vengono mantenute le distanze, sia in verticale che in orizzontale. E per fortuna, altrimenti il primo tempo sarebbe finito con lo stesso risultato passivo subito contro il Milan.

Ma è la regola del tre a colpire: tre stagioni, tre allenatori diversi, tre giocatori che anche questa domenica forniscono una prestazione imbarazzante. Senza fare nomi o cognomi, è abbastanza evidente chi ha sbagliato totalmente il primo tempo affossando la squadra nella propria area di rigore. Ed è importante dire che spesso i giocatori dal rendimento insufficente perdono il posto e poi lo ritrovano, tempo dopo. Si colpevolizza più l'uomo che la prestazione (ed è per questo che preferisco evitare di fare i nomi). A Udine, negli ultimi tre anni (ma specialmente nelle ultime due stagioni) si fa e si disfa ogni domenica. Si rifugge la responsabilità, ognuno al proprio livello. 

I primi due titolari che hanno perso il posto paiono essere Kone e Fernandes. Il secondo sarebbe stato molto utile in campo. Gli è stato preferito Marquinho per il buon secondo tempo contro il Bologna. Ma questo modo di fare la formazione titolare a lungo andare deresposanibilizza il gruppo. Sono due anni che la formazione titolare cambia di domenica in domenica, in una sorte di schizofrenia di utilizzo dei giocatori. L'Udinese non gioca in Europa e il tempo per allenare c'è, eppure pare sempre che bisogni cambiare, a rotazione, almeno due o tre (quando non quattro) uomini nella formazione titolare. Se poi giocano male una partita li si mette in panchina, si cambia modulo per una domenica e si torna nella girandola.

Pare, a guardare le formazioni iniziali, che i punti fermi siano vietati (specialmente a centrocampo). Avete mai lavorato in un gruppo che cambia ogni giorno? Gli errori di Widmer in appoggio a Badu li possiamo tranquillamente giustificare, ma l'assenza di gioco offensivo no, tanto più la mancanza di gioco palla a terra. Se davanti non hai Zapata e giochi con Di Natale (eterno, magnifico e superlativo), è ovvio che devi giocare maggiormente palla a terra. E' ovvio che devi schierare una formazione che sappia fare triangolazioni e portare su palla. Eppure Kone e Fernandes si sono accomodati in panchina.

Però dare la colpa all'allenatore è come sparare sulla croce rossa. Cambiare Colantuono porterebbe l'Udinese a giocare? La società ha già incolpato Guidolin e Stramaccioni, e il terzo (la regola del tre) allenatore che non riesce ad ottenere i risultati soddisfacenti dovrebbe convincere chi sta nella stanza dei bottoni che c'è qualcos'altro che non funziona. Di sicuro, il fatto che non ci sia una formazione titolare è sintomo di incertezza, l'incertezza porta alla paura e la paura fa perdere quarantacinque minuti buoni di gioco. L'esangue dottor Jekill del primo tempo, lascia posto al più coraggioso mister Hyde del secondo.

Dove poi sia questa incertezza non è dato sapere. Di sicuro, l'ennesima espulsione di un uomo della panchina bianconera è un segno di evidente debolezza. Quando manca il manico...


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