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Che la batosta di Torino sia di lezione: serve la fame, serve il carattere

di Federica Zille

Che serataccia. La neve, che sarebbe dovuta scendere copiosa sullo Juventus Stadium, non si è fatta vedere, al suo posto è arrivata invece una tempesta di gol, quattro tuoni nel giorno della panchina numero 500 di mister Guidolin: un sacrilegio.
Al di là dei meriti della Juve, le cause della sconfitta sono in gran parte attribuibili all'atteggiamento tenuto dai friulani, insicuri e spauriti di fronte alla prima del campionato; eppure l'occasione era ghiotta: con il duo Pirlo-Marchisio fuori dai giochi, l'Udinese sembrava poter dire la sua, anche alla luce della serie di risultati utili collezionati nelle ultime gare. Il campo ha raccontato invece la storia di una squadra che si è presentata a Torino per limitare i danni, priva del suo bomber ha probabilmente perso quella confidenza, quella spavalderia che le avevano permesso di punire prima l'Inter e poi la Fiorentina.

Il primo tempo è stato un monologo juventino, con gli uomini di Conte a manovrare insistentemente dalle parti di Padelli: man mano che le numerose occasioni sfumavano - un po' per scarso cinismo, un po' per i pasticci combinati da Giovinco - sembrava di rivivere le scene già viste le scorse domeniche, con un'Udinese dapprima in apprensione, poi scaltra nello sfruttare ogni minimo errore per ripartire e castigare l'avversario. Sfortunatamente queste oscure trame si sono dissolte al 41', quando un francesino, dai 30 metri, ha deciso di sbloccare il risultato con una sassata delle sue: diciamolo, il gol di Paul Pogba è da applausi, un mezzo esterno scagliato a 90 km/h sulla parte bassa della traversa, un capolavoro di classe e arroganza. Si va negli spogliatoi con la testa bassa, la Juve ha macinato gioco e meritato il vantaggio: anche se la rete è arrivata dall'intuizione di un singolo si vede che è squadra e che può supplire ad assenze importanti grazie allo spirito del gruppo. Proprio quello che l'Udinese sembra aver smarrito.

La ripresa sembra partire con i giusti presupposti, i friulani si fanno più intraprendenti ma in fase offensiva non riescono a trovarsi: Muriel come al solito se ne sta in disparte, i pochi palloni capitati dalle sue parte non vengono concretizzati, il colombiano appare poco reattivo, spaesato; accanto a lui Pereyra non brilla, tanto da indurre Guidolin a giocarsi la carta Di Natale già al 50', ma le cose non cambiano. Che i meccanismi tra centrocampo e attacco facessero fatica a ingranare, che l'alchimia tra le due punte fosse inesistente lo si era già detto, ma con sei gol in due partite le critiche erano scivolate via come niente fosse. Troppi i tiri concessi alla Juve, troppo blando il filtro costituito da Pinzi-Allan-Lazzari, che in svariate situazioni ha concesso il via libera alle incursioni di Giaccherini e ai deliziosi tocchi filtranti di Vucinic.

Ma il raddoppio arriva ancora una volta da un'iniziativa personale di Pogba: siamo al 66', dopo aver rubato palla all'irriconoscibile Allan il francese tenta la botta da lontano, un diagonale di destro che si infila alle spalle di Padelli sfiorando appena l'erba umida di Torino. Sei minuti dopo Mirko Vucinic realizza il 3-0 con una girata bruttina, resa tuttavia insidiosa dalla deviazione di Heurtaux e fatale dall'indecisione di Padelli.

Al 73', finalmente, Di Natale regala un timido sussulto ai suoi tifosi, ma di lì a poco sarà Matri a centrare il poker su suggerimento del montenegrino: il bel movimento dell'attaccante coglie impreparati i tre della difesa friulana, la cui partita non è stata in fondo disastrosa quanto il risultato farebbe credere. A Torino è mancato piuttosto il centrocampo, il reparto che più incide sul carattere di una squadra. 


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