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Bandiere & dirigenti

di Giacomo Treppo

Felipe se ne va, è ufficiale. Lasciate che saluti un furlan adottato, un tarcentino (come le origini della mia famiglia) e specialmente un giocatore che negli ultimi due anni ha mostrato, in campo, serietà e continuità. Merce rara di questi tempi all’Udinese…

Se ne è andato, come spesso accade negli ultimi anni, con qualche malumore, segno che a Udine non si sta poi così tanto male. Raggiungerà un’altra città a misura d’uomo come Ferrara. Se è appassionato d’arte avrà di che divertirsi ed altresì gli auguro le migliori fortune per lui e famiglia.

E pare anche essersi levato uno o più sassolini dalle scarpe contro qualche dirigente societario. A Udine è mancata una linearità (chiamiamola così) di comportamento negli ultimi anni da parte dei dirigenti. Non sto a giudicare le persone, ma il trattamento dato a Pinzi e Felipe si poteva risparmiare con un po’ di sincerità in più: bastava dire “cari ragazzi, avete fatto il vostro tempo e vogliamo puntare su altri”. Non credo che si sarebbero impuntati, non sono i tipi che rimangono in tribuna a svernare per prendere lo stipendio.

Ed ha ragione il giocatore italo-brasiliano a dire che i dirigenti passano e l’affetto per i calciatori rimane. Ma, con tutto il bene che voglio a Felipe, qualche concetto espresso poteva risparmiarselo. E lo ripeto, avevo scritto in vari editoriali che se c’era un giocatore da confermare, quello era Felipe.

Ha tirato in ballo la riconoscenza, ma quando se ne è andato alla Fiorentina non ricordo che si sia strappato le vesti dalla disperazione. L’Udinese lo ha ripreso che era disoccupato. A Udine ha giocato molto bene con Spalletti, meno con Marino. Negli ultimi due anni è stato basilare per le salvezze. Ma le presenze totali non sono certo da bandiera. Non stiamo parlando di Galparoli, di Domizzi, di Pinzi o di Di Natale. Le bandiere rinunciano ad altre squadre per i colori sociali, appunto, e non per un contratto lungo o meno. Totò disse di no alla Juve (e forse anche al Milan, se non ricordo male, ma potrei sbagliarmi) pur di rimanere all’Udinese. Non stiamo parlando di due anni in più di contratto, stiamo parlando di milioni e milioni di euro, tanti!

La riconoscenza, ho sempre sostenuto, la si prova fuori dal rettangolo verde. Il calcio deve puntare alla meritocrazia e all’ottica imprenditoriale. Felipe non ha giocato gratis per l’Udinese, e se ha guadagnato molti soldi in giro per l’Italia (ed anche a Udine), se ha avuto una seconda possibilità di giocare nel calcio che conta anche quando non aveva una squadra, il merito è dell’Udinese. La società ha fatto altre scelte (che non condivido, ma che razionalmente ci stanno tutte), lui ha agito di conseguenza. Nessuna riconoscenza da parte della Spa, nessuna riconoscenza da parte del giocatore. Alla fine, la riconoscenza in campo sembra essere questione contrattuale, cioè di soldi.

La riconoscenza a Felipe la diamo noi tifosi, non il contratto societario. Penso che il furlan d’adozione verrà sempre ricordato con affetto dai tifosi e applaudito dalla curva. Non credo che altrettanto capiterà per i dirigenti (forse solo per Marino), ma la scelta della società non ha nulla a che vedere con mancanza di riconoscenza. Quella, se è questo il caso, è mancata da entrambe le parti.

In conclusione, dobbiamo pensare che l’Udinese rimane con tre centrali di sicuro affidamento: Danilo, Samir e Angella. C’è da sperare che Pezzella sappia fare bene il suo lavoro, cioè il terzino sinistro, altrimenti potremmo trovarci scoperti in mezzo, essendo che Samir dovrebbe tornare a fare il terzino. Coppolaro è già pronto?

Attendiamo di vedere cosa succede, il mercato per il momento è buono anche se solo agli albori, ma intanto brindiamo tutti alla salute e alle fortune della famiglia Felipe. E non cadiamo nell’errore di pensare che gli ultimi due anni valgano meno di quelli passati a giocarsi la qualificazione Champions. Felipe è stato basilare l’anno scorso per la salvezza. La riconoscenza dei tifosi, quella sì, la avrà sempre!


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