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GSA presa a sberle: e adesso Trieste

di Franco Canciani

Diciamocela tutta: essere superiori “sulla carta” conta come il quattro di bastoni con briscola a coppe. E Udine non è così dominante su Imola da potersi permettere di regalare parziali agi avversari come quelli visti stasera.

Al netto di una prestazione discutibile, infatti, nei primi 5’ e negli ultimi cinque giri di lancetta il punteggio è stato 4-25 per Imola. Penso non serva aggiungere altro.

Gli emiliani di Ticchi hanno difeso meglio, attaccato meglio e con più precisione e pazienza; hanno avuto, stasera, una panca ben più profonda da cui hanno attinto punti timbrati Borra e Prato, soprattutto un’intensità e un’aggressività che sono coincise con la più flaccida prestazione dei bianchineri di Lardo.

È inutile considerare come la coppia americana dell’Andrea Costa, tali Cohn III e Norfleet, fossero giocatori normali al cospetto di due campioni come Okoye e Ray, quando il nigeriano è troppo spesso avulso dal gioco ed il secondo alterna sprazzi da NBA (su alcune serpentine Cohn sta ancora cercandolo) a pause lunghe (tutto o quasi il primo quarto) e pesanti, con alcune scelte incomprensibili, tipo chiudersi in un angolo e perdere palla per infrazione di 5’’ dopo aver interrotto il palleggio.

Inutile poi avere un 221 centimetri sotto canestro, se in dodici minuti (prima di cedere il passo all’eroico Vanuzzo, di cui oggi possiamo solo parlare bene per impegno e dedizione) tira giù una sola carambola e non prova neanche un tiro; specie quando di fronte si para la coppia Borra-Maggioli, che di punti ne fa ventuno e spesso e volentieri consente ai propri esterni tiri facili da fuori o da sotto attirando l’attenzione della difesa udinese.

Udine questa gara la vince nove volte su dieci, ma solo se la gioca come deve: difendendo quasi non ci fosse un domani; girando la palla con velocità e precisione e senza insensati “cross” intercettati dagli avversari; tirando dall’arco con una percentuale superiore al 28% di oggi (e solo per la maggior precisione di Traini e Vanuzzo).

Troppo poco da Truccolo, Castelli e Okoye; quasi nulla da Mauro Pinton, che stenta a ridiventare il fromboliere decisivo che conosciamo da diverso tempo a questa parte. Ipotizzo: problemi fisici?

E con tutto ciò, Udine all’inizio del quarto decisivo conduceva di nove punti sul 41-32. Ed ammetto di aver pensato che, nonostante una prestazione lontana da uno standard accettabile, forse la ghirba a casa l’avrebbero portata. Invece il basket è sport gentiluomo e semplice, e senza un centro decente si fa fatica a vincere, a meno che non si abbiano dalla propria parte percentuali stellari al tiro e soprattutto gli dei della pallalcesto, che oggi guardavano obiettivamente altrove (vedasi il tiro da tre punti del gaucho Prato, che raddoppia il vantaggio di Imola da 3 a sei punti, scagliato a un decimo dalla fine del tempo a disposizione).

Lardo afferma come la squadra non si sia mostrata, già in settimana, affamata dei due punti. Forse la vittoria di Verona aveva illuso che, contro un’avversaria ferma a quattro punti in classifica, sarebbe bastato il minimo sforzo per vincere prima di caricarsi sulle spalle il pubblico in vista del derby di Trieste: errore esiziale, fosse così. Perché Udine è una buona squadra, ma non così dominante da poter permettersi di giocare a marce ridotte contro nes-su-no. E penso che stasera i giocatori lo abbiano ben capito.

E se così non fosse stato, ci ha pensato il settore D (a proposito: si iniziano già le iscrizioni per il quarto bus alla volta di Trieste: mi raccomando, andiamoci tutti!) a ricordare, al termine della gara, che Udine è piazza senza pressioni che applaude al termine della gara a prescindere dall’esito: ma pretende, e giustamente, che le ginocchia siano arrossate come gli occhi di chi esce sconfitto. E soprattutto sabato prossimo, contro un’Alma che oggi ha scherzato contro la tutt’altro che semplice Piacenza, servirà la gara della vita: da tutti. Dai ragazzi friulani in campo. Dal centro alto alto ma troppo buono buono. Dai due stranieri, cui la palla non deve pesare fra le mani e che debbono contribuire a trascinare i bianchineri, dal primo all’ultimo minuto. Lo devono ai supporter, alla dirigenza sempre generosa con loro, all’ambiente tutto. Lo devono a sé stessi ed a noi che siamo qui a cantarne le gesta.

A Trieste, noi ci saremo. Giocatori della GSA, ci sarete anche Voi?

 


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