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GSA, Forlì e una sconfitta che brucia

di Franco Canciani

È vero: la gara è stata in bilico fino all’ultimo, l’Unieuro è una formazione di grande tenacia ma poca tecnica al netto della coppia americana di Romagna decisamente in palla. Vero tutto.

Però a sei dalla fine, risorgendo da un passivo anche di dodici punti, l’A.P.U. era cinque sopra e palla in mano: due volte. Da lì un passivo di nove punti, e sofferenza di rincorsa. Ed anche da qui, in una sconfitta con un passivo di soli tre punti ci sono state occasioni per rimetterla in equilibrio: capitate, non sconvenientemente, alla stella biancanera Allan Ray. Il suo sottomano entra ed esce due volte, poi finisce nelle mani domestiche; i due tiri da fuori non colgono il bersaglio: amen.

Brucia, almeno a me: diversamente dalla sconfitta all’esordio con Ravenna (oggi corsara a Bologna, sponda Virtus), chiaramente determinata da un roster in via di composizione. È vero: anche stasera Allan ha mostrato di dover ancora entrare negli schemi di gioco, ma alcune conclusioni (un sottomano nel primo tempo, la penetrazione nel finale) giunte nelle mani giuste, devono trovare miglior destino. Punto.

La gara è tutta qui: Blackshear e Crockett, non fenomenali ma solidi, mettono assieme 40 punti; Okoye e Ray solo 24. Bravi i due coloured di casa, ma in talune occasioni una difesa biancanera non impenetrabile li ha aiutati.

Sarò di parte, ma Udine è più forte di Forlì. E non di poco: tant’è vero che in una serata nella quale dal tiro pesante Udine totalizza sette su ventisei (Capitan Manu fa 4/6, sontuoso sceicco del parquet!) la partita finisce all’ultimo sospiro. Non commento la prestazione dei “grigi”, i cui fischi iniziali hanno messo due croci sulle spalle di Supergino e Trickbox inibendone l’intensità necessaria a bloccare gli avversari; un blocco ritenuto irregolare di Cuccarolo, poi, grida assoluta vendetta. Truccolo, invero, si è fatto trascinare dal temperamento in una disputa senza via d’uscita contro parte del pubblico, rovinandosi la gara: ma Tricky è così, lo amiamo per questo. Piccolo inciso: vedere persone di una certa età sporgersi a gridare improperi ad arbitri e soprattutto agli avversari, mostrando dita indici e sputazzando insulti (su una delle ultime rimesse, Microwave Pinton ha chiesto ad un sessantenne in maglioncino grigio se poteva sporgersi un po’ di meno mentre gli illustrava le doti nascoste di mamma Pinton), non rende onore ad un impianto bellissimo (la carogna-Carnera sale prepotente sulle spalle) e moderno. Pazienza: sarà più bello vincere il ritorno.

Mi è poi parsa inenarrabile l’incapacità dei tre signori in livrea grigia a cogliere le infrazioni: i falli sono opinabili, ma se la palla viene recuperata da Paulin nella propria metà campo dopo averla superata, è infrazione; se Rotondo sverna sotto canestro, è infrazione di tre secondi; se Crockett molla il piede perno, o se Blackshear pattina col deretano, palla in mano, sul parquet è infrazione di passi. Qualcosa non l’hanno vista anche a parti invertite, per cui nessuna mala idea di premeditazione.

Udine è più forte di Forlì perché in assenza di BigZac (turnover), il duo SuperGino - Manuel, assieme ad Okoye, ha messo in mezzo Rotondo mostrandone gli infiniti limiti; Ferri ha fatto match pari con un SonnyBoy Traini non in versione superlusso; il tanto decantato Vico non ha affatto giocato meglio di Castelli, finalmente in rampa di lancio.

Chiamiamole sconfitte di crescita: Udine deve imparare ad essere più mortale quando l’inerzia passa nelle sue mani, non permettendo agli avversari di rientrare in partita. Oggi sul +5 Nobile ha scelto di penetrare, commettendo un fallo evidente, quando avrebbe potuto giocare col cronometro attendendo l’arrivo dei compagni. Fossimo andati +7, anche psicologicamente Garelli l’avrebbe persa, lo conosciamo bene. Invece da lì la GSA ha dato ai casalinghi quel filo d’ossigeno che ha ribaltato la gara.

Migliore in campo? Dico Crockett, per la voglia e l’intensità messa in campo nei momenti decisivi, più ancora del positivo apporto al tiro di Blackshear (che oggi l’ha fatta vedere poco ai difendenti bianchineri); in casa udinese, senza dubbio CapitanManu, capace di tenere a galla i suoi nel finale e autore dei sette punti di fila che avevano capovolto l’inerzia.

Stanotte me ne volo in America, dove onorerò le case di MJ, del Prescelto, ed infine atterrerò a pochi metri dal “dome” che oggi ospita la squadra che fu di Drazen, di cui abbiamo parlato ieri (happy 52, DP!). Tornerò in tempo per assistere alla gara di Roseto. La classifica, nessuno a punteggio pieno, è apertissima: dobbiamo sbancare il palazzetto abruzzese.

 


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