Gazzetta, favola Alibegovic: un emozione che va di padre in figlio
Nel maggio del 2000 capitan Teo Alibegovic guidava la sua Udine alla conquista della massima serie; venticinque anni dopo, c'è sempre un Alibegovic a portare Udine nuovamente in serie A, Mirza. Una favola, un emozione che passa di padre in figlio. Aveva solo otto anni l'attuale capitano dell' Apu quando il papà ha compiuto l'impresa; ora, il suo momento da protagonista.
Mirza Alibegovic si è raccontato a Gazzetta.it, ripercorrendo la promozione appena conquistata, la stagione vissuta, il suo passato ed uno sguardo anche al futuro.
La prima domanda riguarda chiaramente la promozione, le emozioni provate e soprattutto quella tripla proprio del capitano che ha portato l'Apu a +9 a soli trenta secondi dal suono finale della sirena.
"Quando ho messo la tripla del +9 il PalaCarnera è esploso, io piangevo. Quello che è successo è una favola" ha ammesso Mirza. "Subito dopo il canestro c'è stato un timeout, ma io ero già in lacrime. Vedevo i compagni che festeggiavano, altri che piangevano come me. In quel momento ci siamo detti:'È fatta, siamo in serie A'. Mettere la tripla del +9 a 30 secondi dalla fine è stato incredibile. Il PalaCarnera era una bolgia, si sentiva un'energia pazzesca".
Alibegovic non è nuovo alle promozioni: quella con Udine, infatti, è la quarta che conquista. Ma ha anche un sapore diverso dalle altre:"Sono affezionato a tutte le promozioni che ho vissuto: quella con Mantova in Serie A2, poi quelle con Brescia e Cremona. Ma questa è sicuramente speciale. Nell'estate del 2023 sono tornato a Udine dopo 13 anni, lo scorso anno siamo arrivati in semifinale playoff e poi sono stato nominato capitano. Un anno dopo siamo in Serie A. È stato fantastico".
Una promozione, questa, che ricorda un po' quella conquistata appunto da papà Teo. Quasi come se il nome Alibegovic fosse destinato a rimanere impresso per grandi imprese nella storia di Udine sia nel passato che in tempi recenti; aveva appena otto anni Mirza quando papà Teo portava i friulani in massima serie. I ricordi si sono un po' sbiaditi col tempo, ma l'emozione alla base di tutto è sempre la stessa:"Ho qualche immagine sbiadita di quel giorno, ma percepivo che la città aspettava tanto una festa come quella. Dopo 25 anni è successa la stessa cosa: è davvero una favola. Papà domenica non era al Carnera perché è il vicepresidente della Fortitudo Bologna, ma sono certo che seguisse tutto dal cellulare".
Il ritorno a Udine è frutto di un progetto ambizioso, a cui Alibegovic sapeva di dover dire si, ma anche dell'amore:"Appena ho saputo che c'era la possibilità di tornare, l'ho detto subito a mia mamma e a mia nonna, che vivono ancora qui. Conoscevo l'ambizione del progetto. Quest'anno è arrivata la vittoria, ma già in passato la squadra aveva centrato due semifinali e due finali. Il merito più grande va al presidente Pedone: non ha mai mollato, anche dopo finali e semifinali perse che spesso possono portare le società a mollare un po' la presa. È la persona che più di tutti merita questa festa".
Il gruppo è stata la chiave principale per questo grande successo:"Il segreto del gruppo è sempre il gruppo. Il ds Andrea Gracis e coach Vertemati hanno costruito una squadra con giocatori che questo campionato lo avevano già vinto. E si è visto. Con alcuni avevo già ottenuto successi in passato: sono rimasti affamati, concentrati, determinati. Anche i nostri americani, Hickey e Johnson, sono stati fondamentali: sempre al servizio della squadra".
Il momento preciso in cui Alibegovic e compagni hanno capito di potercela fare? A suo dire, la sfida contro l'Urania Milano del 20 ottobre:"Avevamo appena perso il derby con Cividale, loro erano senza Gentile e dopo cinque minuti si è fatto male anche Leggio. Era una partita chiave. A 30 secondi dalla fine eravamo sotto di sei, eppure l'abbiamo vinta di un punto. Lì abbiamo capito che poteva essere l'anno giusto. Servono talento, sacrificio, unione...e un po' di fortuna".
Poi sui favoriti nei playoff per salire assieme a Udine ammette sia un terno al lotto:"Rimini la vedo bene: ha superato il momento di difficoltà ed è cresciuta tanto. Se la Fortitudo recupera gli infortunati, al PalaDozza sarà durissima per chiunque. Cantù ha avuto qualche inciampo ma a livello di singoli resta la più forte. Me la gioco tra queste tre".
La pallacanestro è una questione di famiglia in casa Alibegovic. Mirza potrebbe trovarsi a 32 anni a giocare la Serie A e li potrebbe trovare come avversario una persona a lui cara: il fratello Amar, impegnato in campo con Trapani: "Quello che sta facendo Trapani è incredibile. Complimenti al presidente Antonini per aver riacceso la passione in città, e a coach Repesa, che è un grande allenatore. Mio fratello sta facendo una stagione pazzesca. Gli auguro il meglio, sono certo che meriti di fare il salto in Eurolega. Ma ora deve pensare solo ai playoff: anche lì può succedere di tutto".