Dimenticare Napoli, dove io personalmente tutti questi aspetti positivi non li ho visti; onestamente però la gara dei bianchi(neri) al San Paolo assomiglia molto a quella della stellare Juventus nel Camp Nou, al netto (ovviamente) di un potenziale e di una classe sostanzialmente imparagonabili.

Barricata: ordinata, diligente barricata fatta saltare dalla prima verticalizzazione di Mertens, uno col cognome di un musicista minimale che mi ha segnato la vita, i natali in una città a me altrettanto cara e l’esiziale capacità di metterla in rete con percentuali bulgare.

Domani si cambia: l’Udinese farà la partita contro un Cagliari double face, che al Sant’Elia (si chiama ancora così?) vince a raffica ma in trasferta ha raccolto, sinora, solo undici punti. Non mi permetto di criticare gli ospiti di domani, per evitare le invettive di qualche tifoso isolano che all’epoca mi consigliò di sciacquarmi la bocca ed informarmi prima di parlare dei suoi idoli. Dimentico, o forse ignaro, il buon sardo che a me del Casteddu interessa praticamente zero. E che tutto sommato mi pentii di aver chiamato “bucaniere ottuagenario” il suo trentaseienne centrale portoghese: ma se ad oggi la difesa rossoblu ha subìto 62 reti (solo Palermo e Pescara peggio dei ragazzi di Rastelli) un fenomeno non sembra esser più.

All’andata la furlania in trasferta mi fece innervosire, e di molto: il rigore di Farias interrompeva una sterile superiorità biancanera; Fofana prima cercava il suicidio lanciando l’avversario a rete, poi pareggiava con una delle sue solite perle dal limite ma i nostri riuscivano a subìre il raddoppio con un lancio di Barella per Isla, da questi al limite della linea di fondo in mezzo all’area dove Sau, osservato da lontano e con curiosità dai centrali friulani, si ricoordinarva segnando di tacco. Palo di Théréau e finish.

Fu, assieme a Empoli e Sassuolo, la recita peggiore offerta dalla banda Delneri, quasi a livello dell’accoppiata stramaccioniana Cesena-Empoli e di una qualsiasi delle gare offerte dall’Udinese di Colantuono (a proposito: l’anziate rischia grosso dopo l’ennesima sconfitta che allontana la Bari dalla zona playoff; umanamente gli auguro di riprendersi). Eccezioni, appunto, in un campionato tutto sommato accettabile senza però aver mai valicato quel limite di aurea mediocritas che da troppo ci tocca, e di cui troppo abbiamo dovuto parlare.

Abbiamo detto: dai ragazzi, facciamo ‘sti dieci punti e tocchiamo quota cinquanta. Un livello che porterebbe il campionato dal sei al “sei più”, soprattutto incoraggerebbe l’avvio del prossimo in cui il condottiero non dovrebbe cambiare.

Il Casteddu ha un attacco temibile: Borriello, Sau, Joao Pedro sono buoni giocatori di categoria. In mezzo e dietro però se i prospetti sono giocatori come Isla e Padoin, ottimi professionisti che però (a causa del tempo che passa o di infortuni terribili) hanno valicato l’apice della propria carriera ad alti livelli, e in difesa come detto non paiono impenetrabili, sarà mestiere per i nostri punteros quantomeno segnarne uno più dei cagliaritani.

Ha ragione, tutto sommato, Delneri quando osserva che all’andata la squadra si era presentata “col ciuccio in bocca” a Cagliari; soprattutto sottolineerei che da allora alcuni giocatori (Jankto, DePaul, Zapata) sono cresciuti in maniera netta. E poi in un mondo normale l’Udinese domani vince, e non se ne parla più. chiedo troppo?

Non so nemmeno chi arbitri: non mi interessa. Questa è una stagione in cui le nefandezze arbitrali si sono propagate in latitudine e longitudine per tutta Europa, per cui chi ha crocifisso solo otto giorni fa il bravo Orsato solo perché a lui chi ci mette novanta secondi ad alzarsi piace poco, ha sbagliato indirizzo. Dopodiché purtroppo sappiamo tutti che Inter-Udinese 2-1 con cinque di recupero finisce al 95’ e non se ne parli più. Umano, forse troppo umano: arbitrale, direi.

Sezione: Primo Piano / Data: Dom 23 aprile 2017 alle 09:00
Autore: Franco Canciani
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